Una chiesa matrigna o venduta?

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kelly70
00venerdì 25 gennaio 2008 00:02
In margine alla Spe salvi di Ratzinger


Certo la speranza, ultima dea, non deve essere mai abbandonata. E’ una impagabile risorsa che ha salvato l’uomo mille volte dal baratro della disperazione. Se non potessimo sperare in un futuro migliore, smetteremmo di riprodurci, se non sperassimo di poter guarire da tremende malattie, probabilmente ci gettermmo sotto al treno. Ma continuare a nutrire con la sola speranza, i poveri della terra, i diseredati, gli umiliati, gli schiavi di una politica globale intesa solo a privilegiare gli interessi dei grandi gruppi capitalistici, è prendere per il culo la gente.

Troppo spesso la chiesa si è trovata collusa e complice con regimi dittatoriali che hanno ridotto l’uomo a semplice ingranaggio di un meccanismo diabolico con cui dominare ed arricchirsi. Troppo spesso i poveri della terra sono stati abbandonati a se stessi e coloro che si erano fatti carico della loro redenzione, lasciati soli alla mercè dei loro assassini. Pensate a Monsignor Romero che voleva un intervento ufficiale di wojtyla sui massacri del Salvador. Fu pregato di non rompere troppo i coglioni e rispedito in patria dove fu accoppato dai sicari dei latifondisti, mentre recitava messa.

Penstae agli oppressi del regime dei militari argentini, alle migliaia di desaparecidos buttati in mare dagli elicotteri mentre il nunzio apostolico Pio Laghi giocava a tennis col dittatore che aveva ordinato le stragi, fingendo di ignorare la cosa. Che andiamo a dire a questa gente? Di sperare? Si anch’io ho una speranza… e lotto ogni giorno perchè si realizzi!

Un bell’articolo di Galarico (Enrico Galavotti) a commento dell’enciclica di ratzinge, Spe salvi



Una chiesa matrigna o venduta? In margine alla Spe salvi di Ratzinger

“Il cristianesimo non aveva portato un messaggio sociale-rivoluzionario come quello con cui Spartaco, in lotte cruente, aveva fallito. Gesù non era Spartaco, non era un combattente per una liberazione politica, come Barabba o Bar-Kochba”.

Lo dice testualmente papa Ratzinger nell’enciclica Spe salvi. Fare le rivoluzioni è peggio d’una condanna, una sorta di maledizione divina, proprio perché falliscono tutte!

Per fortuna Cristo non ha mai chiesto questo ai suoi discepoli, alla sua chiesa. “Ciò che Gesù, Egli stesso morto in croce, aveva portato era qualcosa di totalmente diverso: l’incontro col Signore di tutti i signori, l’incontro con il Dio vivente e così l’incontro con una speranza che era più forte delle sofferenze della schiavitù e che per questo trasformava dal di dentro la vita e il mondo”.

Miracolo! L’uomo schiavo fuori poteva diventare libero dentro! San Paolo capì subito la portata “rivoluzionaria” di questa novità storica della predicazione del Cristo, tant’è che nella Lettera a Filemone scrisse: “Gli uomini che, secondo il loro stato civile, si rapportano tra loro come padroni e schiavi, in quanto membri dell’unica Chiesa sono diventati tra loro fratelli e sorelle…”. Non è proprio lui che lo scrive, ma fa lo stesso: Ratzinger, quale sommo esegeta, lo interpreta a dovere.

Padroni e schiavi come fratelli e sorelle in Cristo! Oh quale svolta epocale! “Anche se le strutture esterne rimanevano le stesse, questo cambiava la società dal di dentro”. Un vero e proprio inno alla coscienza, oltre che alla carità! Schiavo e schiavista entrambi cristiani hanno consapevolezza di appartenere “a una società nuova, verso la quale si trovano in cammino e che, nel loro pellegrinaggio, viene anticipata”.

A che pro dunque ribellarsi se il padrone è buono?
Voi direte: ma se è buono, perché tenere sotto di sé degli schiavi?
Risposta: e chi l’ha detto che sono schiavi? Se quello che conta è solo la fede, si è schiavi o padroni solo esteriormente. Il cristianesimo è una religione per tutti: “ceti sociali bassi” e “ceti aristocratici e colti”. Si può discutere insieme sulla speranza di un aldilà.

Controreplica: ma perché desiderare un aldilà se siamo tutti felici, schiavi e schiavisti, di stare nell’aldiquà? Perché desiderare qualcosa di diverso quando ci si vuol far credere che il paradiso è possibile nella dimensione della coscienza terrena? Perché dobbiamo essere “cristiani” e non p.es. “buddhisti”? Per quale ragione lo schiavo cristiano deve relegare il desiderio di libertà nel suo preconscio e tenersi un pezzettino di desiderio nei meandri più remoti del suo inconscio? Non sarebbe meglio non-desiderare affatto e annullarsi definitivamente nel nirvana? Non costerebbe forse meno fatica, meno interiori lacerazioni?

Non rischia di diventare un po’ necrofilo questo cristianesimo, allorquando il suo sommo pastore scrive che “al cospetto della morte la questione circa il significato della vita si rende inevitabile”? Non si pretende forse un po’ troppo da uno schiavo cristiano, che già vive un’esistenza precaria al 100% e che deve affidarsi completamente alla volontà altrui per ottenere qualche beneficio? Soffrire tutti i giorni e credere nella morte come liberazione dalla sofferenza: ma siamo davvero sicuri che Gesù Cristo predicasse una filosofia del genere (”l’arte di vivere e di morire”) e che avesse così tanti seguaci?

E soprattutto siamo davvero sicuri che una frase così anti-sindacale: “l’affidabilità del reddito materiale si relativizza”, possa essere detta da uno schiavo cristiano a un altro schiavo cristiano e non piuttosto da un padrone a uno schiavo, oppure da uno schiavo pagato dal padrone?

Che parte svolge la chiesa romana? Quella di uno schiavista che vuole approfittare della buona fede dei propri sottoposti? o quella di uno schiavo privilegiato che parla a nome di schiavisti molto più potenti di lei? E’ chiesa matrigna o venduta?

Sono davvero esempi convincenti a restare schiavi quelli che propone il pontefice quando parla di “rinnovare il mondo col martirio”, di “dare tutte le proprie sostanze ai poveri” o di “farsi monaco”?

Oppure sono esempi che possono andar bene per i ceti altolocati che vorrebbero far qualcosa di diverso per sentirsi “cristianamente importanti”? Ma esistono ancora persone del genere? Esistono ancora cristiani che “non sanno cosa in fondo desiderano”? Dove sono i moderni Francesco d’Assisi che rinunciano ai loro beni per vivere un’esistenza di povertà e sacrificio? In che mondo vive Ratzinger? Non ha qualche scrupolo di coscienza quando propina ai moderni schiavi una soluzione di vita che al massimo potrebbe andar bene per gli sfaccendati del jet set in vena di crisi mistica?


Ma il paragrafo meno riuscito è il 21, quello sul socialismo: dopo averlo letto ci si chiede se non sarebbe meglio che la chiesa romana si limitasse a parlare di teologia e la smettesse di darsi una veste politica in contrasto con la propria identità religiosa. Infatti se è così scettica sulla possibilità di realizzare una liberazione terrena degli schiavi, perché è così tanto preoccupata di conservare politicamente lo status quo che li tiene sottomessi?

Dunque perché meravigliarsi che Marx abbia “indicato con esattezza come realizzare il rovesciamento”, senza dirci - benedetto lui! - “come le cose avrebbero dovuto procedere dopo”? “Egli supponeva semplicemente che con l’espropriazione della classe dominante, con la caduta del potere politico e con la socializzazione dei mezzi di produzione si sarebbe realizzata la Nuova Gerusalemme. Allora, infatti, sarebbero state annullate tutte le contraddizioni, l’uomo e il mondo avrebbero visto finalmente chiaro in se stessi. Allora tutto avrebbe potuto procedere da sé sulla retta via, perché tutto sarebbe appartenuto a tutti e tutti avrebbero voluto il meglio l’uno per l’altro. Così, dopo la rivoluzione riuscita, Lenin dovette accorgersi che negli scritti del maestro non si trovava nessun’indicazione sul come procedere. Sì, egli aveva parlato della fase intermedia della dittatura del proletariato come di una necessità che, però, in un secondo tempo da sé si sarebbe dimostrata caduca. Questa “fase intermedia” la conosciamo benissimo e sappiamo anche come si sia poi sviluppata, non portando alla luce il mondo sano, ma lasciando dietro di sé una distruzione desolante”.

L’errore fondamentale di Marx sta nel fatto che “ha dimenticato che l’uomo rimane sempre uomo. Ha dimenticato l’uomo e ha dimenticato la sua libertà. Ha dimenticato che la libertà rimane sempre libertà, anche per il male. Credeva che, una volta messa a posto l’economia, tutto sarebbe stato a posto. Il suo vero errore è il materialismo: l’uomo, infatti, non è solo il prodotto di condizioni economiche e non è possibile risanarlo solamente dall’esterno creando condizioni economiche favorevoli”.

Che parole illuminanti! E’ davvero strano che uno dei più grandi geni mondiali dell’economia politica non abbia saputo ipotizzare per filo e per segno tutti gli scenari del futuro socialismo democratico e scientifico!

Che astuzia machiavellica caratterizza questo pontefice: infatti se Marx avesse fatto il profeta e gli scenari non si fossero realizzati, qualcuno si sarebbe subito sentito autorizzato a sostenere che tutto quello che aveva detto era o falso o inutile; se invece si vuole affermare che il leninismo è fallito proprio perché Marx non disse niente su come doveva realizzarsi il socialismo, allora si deve per forza negare a Marx qualunque pretesa di infallibilità. L’unica vera persona infallibile, dotata di scienza infusa, è il Vicario di Cristo!

Ma a che sarebbe servito decidere le cose per tutte le generazioni future quando “la libertà rimane sempre libertà, anche per il male”? Il bene può forse essere imposto? Perché meravigliarsi di questa riluttanza dei classici del marxismo a delineare nel dettaglio le forme del futuro socialismo democratico? Che senso ha pensare che una rivoluzione non sia possibile realizzarla in maniera positiva solo perché chi la auspica (per il bene dell’umanità) non è in grado di dettagliarla in tutti i suoi particolari?

Sembra qui di assistere alla discussione tra Gesù e il giovane ricco: “Vendi tutto e poi seguimi”, “Eh no, prima fammi vedere la felicità sulla terra e poi vendo tutto”. O quella sempre tra Gesù e i farisei: “Se vuoi che ti crediamo dacci un segno”, “Io non vi do proprio un bel niente!”.

Non ci vuole molta logica per capire che non ha alcun senso semantico sostenere da un lato che il socialismo è fallito perché Marx non riuscì a ipotizzare concretamente alcuna società socialista, e dall’altro, subito dopo, che se anche l’avesse fatto non sarebbe servito a niente, in quanto la libertà dell’uomo è votata al male.

Questa chiesa è vecchia, non ha più niente da dire agli schiavi moderni, non ha mai avuto nulla da dire di positivo ad alcuno schiavo della storia e forse oggi persino gli schiavi cristiani si stanno rendendo conto di averle obbedito per troppo tempo.

E’ vero, l’esperienza del “socialismo reale” ci ha fatto capire molte cose negative, la prima delle quali è che non ci può essere alcun vero socialismo senza democrazia e senza rispetto dell’ambiente. Ma una cosa resta sempre all’ordine del giorno: come socializzare la proprietà dei principali mezzi di produzione. Una chiesa che parla di “comunione” farebbe bene a impegnarsi anche in questa direzione.

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