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kelly70

16/08/2007 01:02
Di Roberto Renzetti


Vi sono varie scuole di pensiero che datano in modo diverso quello che è comunemente conosciuto come Rinascimento italiano. Non credo si facciano particolari violenze alla storia se per tale periodo si intende, in accordo con Kristeller, quello che va dal XIII al XVI secolo. Naturalmente ciò è riferito alla struttura centrale di quanto discuterò, fatto che non esclude puntate indietro o rincorse ad autori che hanno operato in epoca posteriore, almeno per tutto il XVII secolo.
È difficile iniziare un tale discorso poiché le correnti di pensiero che si intersecano sono numerosissime e non chiaramente distinguibili e catalogabili in schemi ben definiti. In linea del tutto generale si può dire che almeno tre sono i filoni principali dentro i quali tentare di ritrovare pensieri, elaborazioni teoriche, negazioni di credenze che si possono in prima analisi individuare:

- la tradizione cristiana mescolata in vario modo con altre tradizioni e credenze (gnostici, neoplatonici - Plotino (205-270) e Porfirio (232-303) - e neopitagorici); Plotino, in particolare, aveva preso spunto dall'Iperuranio di Platone per costruire una filosofia mistica in cui il mondo materiale era il livello più volgare dell'essere. Vi doveva essere una sola Unità da cui dovevano discendere tute le cose (influenze orientali) e particolarmente: Vita, Mente, Anima e, solo alla fine, Materia. Lo spirito era prigioniero della materia (per gli aristotelici invece lo spirito forniva di forma la materia);

- l'eredità pagana che spesso si intersecava con quella cristiana;

- il momento razionale che tenta di uscire dalla metafisica con poveri strumenti di osservazione ed empirici (in questo filone si possono ritrovare sovrapposizioni con la tradizione empirista di Aristotele, Galeno e Tolomeo e certamente in esso si situano, dopo Ockham, Buridano, Oresme ed Harvey - la scoperta della 'circolazione' del sangue è certamente di rilievo ma il cuore non è inteso come una pompa, ma piuttosto come una reggia, una sacra dimora per il sangue che, lì, si rigenera: tutto in un ambito aristotelico di generazione e corruzione dove anche la stessa 'circolazione' richiama analoghe circolazioni di pianeti intorno alla Terra ma qui, contrariamente a lì, con una fine); una sorta di osservazione "ingenua" della realtà tesa più a risolvere problemi particolari che non a generalizzare attraverso processi di astrazione che abbarcassero un'intera classe di fenomeni (strada aperta da Galileo) ed in tal senso diventassero operazioni sperimentali, operazioni teoriche guidate dal "pregiudizio".

Altra osservazione è relativa al fatto che per certi versi gli studiosi medievali, privi del senso della storia, riuscirono a mescolare tranquillamente le varie culture non distinguendo tra quella greca, egiziana, cristiana ed ebrea. Nel far questo accettarono come buone opere che, alla fine, risultarono essere dei veri e propri falsi e, in ogni caso, certamente sfasate nel tempo e situate cronologicamente in epoche del tutto diverse dalla loro elaborazione.

Ancora in termini del tutto generali, si può affermare che un ruolo fondamentale fu svolto dalla riscoperta e successiva traduzione delle opere dei massimi pensatori greci. Tale riscoperta aggiunse elementi dal cui sviluppo maturarono posizioni di pensiero che poi si fortificarono in età barocca (ad esempio: Archimede che in qualche modo ispirò il meccanicismo a cominciare dalle opere di Tartaglia, Commandino e Guidobaldo dal Monte fino a Galileo, Hooke e Huygens) e posizioni culturali, atmosfere che fecero da sottofondo a tutto il '500 ed in gran parte del '600. Queste ultime ripresero temi neoplatonici (che vennero alla ribalta con testi riscoperti a partire dal 1453, con la caduta di Costantinopoli) e dettero vita a movimenti magici e mistici che in vario modo ritroviamo in moltissimi autori che pure oggi usiamo studiare come scienziati, portatori di razionalità in contrasto con un mondo irrazionale. È una semplificazione gigantesca che si è operata utilizzando quel filone storiografico che vuole una linearità nello sviluppo delle conoscenze e che non prevede errori, marce indietro, ispirazioni o pregiudizi irrazionali e mistici.

Ma anche queste differenziazioni si fanno più che altro per nostra comodità. In realtà i temi erano, come già detto, fortemente intrecciati e solo in pochissimi pensatori emergeva una qualche posizione chiara, netta che si poneva come antagonista rispetto alle tradizioni che con relativa tranquillità erano andate ad occupare una posizione dominante soprattutto all'interno delle università (e qui non vi è dubbio che l'aristotelismo e la scolastica furono per lungo tempo la cultura dominante con o contro la quale occorreva confrontarsi).

Ultimo aspetto, che concerne in definitiva l'interesse verso questioni teoriche e problemi filosofici, riguarda il raggiungimento di un relativo stato di benessere materiale sufficiente almeno a permettere ad un certo numero di persone di vivere mediante il proprio lavoro intellettuale.

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kelly70

16/08/2007 12:32
Due parole per concludere


La scienza moderna è nata nell'epoca che abbiamo discusso. Essa è nata per lo sforzo ed il duro lavoro degli studiosi ai quali ho accennato (e di molti altri). Queste erano persone del loro tempo ed il loro lavoro, letto con gli occhi di oggi, non può essere che esaltato per l'enorme sforzo che ciascuno nel suo ambito e nel suo contesto ha portato avanti per affrancarsi da quel groviglio di conoscenze che oggi, senza dubbio, possiamo bollare come irrazionali. Ma quel groviglio era la base culturale di quell'epoca. Volerne ricostruire la storia, attraverso l'opera dei contributi "razionali" dei singoli scienziati è un vero falso. Lo è stato per molti anni: sotto influenze illuministe e positiviste, gli storici hanno scavato nel passato con gli occhi del presente ed hanno ricercato ciò che loro faceva più comodo per ricostruire un mondo in cui il "progresso" avviene per cumulo successivo di conoscenze. Non sono ammesse deviazioni.

Se si legge con attenzione quanto ho scritto e, soprattutto, si studia un poco della bibliografia che riporto, ci si accorge che le cose non stanno così.

BIBLIOGRAFIA

1) R. Kieckhefer - Magic in the Middle Ages - Cambridge University Press, 1989.

2) J. C. Schmitt - Les "Superstitions" - Editions du Seuil, Paris 1988.

3) P. O. Kristeller - Renaissance Thought and its Sources - Columbia University Press, New York 1979.

4) B. Vickers (Ed.) - Occult and Scientific Mentalities in the Renaissance - Cambridge University Press, 1984.

5) F. A. Yates - Giordano Bruno and the Hermetic Tradition - Routledge and Kegan, London 1964.

6) F. Cardini - Magia, stregoneria, superstizioni nell'Occidente medievale - La Nuova Italia, Firenze 1979.

7) A.G. Debus - Man and Nature in the Renaissance - Cambridge University Press, 1978.

8) H. Kearney - Origini della scienza moderna - Il Saggiatore, Milano 1966.

9) V. Ferrone, P. Rossi - Lo scienziato nell'età moderna - Laterza, Bari 1994.

10) E. Garin - La cultura filosofica nel Rinascimento italiano - Sansoni, Firenze 1992.

11) E. Zolla - I mistici dell'Occidente - Rizzoli, Milano 1976.

12) P.O. Kristeller - Eight Philosophers of the Italian Renaissance - Stanford University Press, 1964.

13) A. Koyré - Misticos, Espirituales y Alquimistas del siglo XVI aleman - Akal, Madrid 1981.

14) E. Garin - Lo zodiaco della vita. La polemica sull'astrologia dal Trecento al Cinquecento - Laterza, Bari 1980.

15) A. Koyré - La rivoluzione astronomica - Feltrinelli, Milano 1966.

16) C Webster - Magia e scienza da Paracelso a Newton - il Mulino, Bologna 1984.

17) M. Boas - Il Rinascimento Scientifico 1450 - 1630 - Feltrinelli, Milano 1973.

18) H. Butterfield - Le origini della scienza moderna - il Mulino, Bologna 1962.

19) G. Preti - Storia del pensiero scientifico - Mondadori, Milano 1975.

20) P. Rossi (Dir.) - Storia della scienza Vol. I - UTET, Torino, 1988.

21) P. Rossi - La nascita della scienza moderna in Europa - Laterza, Bari 1997.

22) P. Rossi - La rivoluzione scientifica - Loescher, Torino 1979.

23) A. Koyré - Dal mondo chiuso all'universo infinito - Feltrinelli, Milano 1970.

24) T. S. Kuhn - La rivoluzione copernicana - Einaudi, Torino 1972.

25) Hermes Trismegisto - Corpus Hermeticum - EDAF, Madrid 1998.

26) I. B. Cohen - La nascita di una nuova fisica - Il Saggiatore, Milano 1974.

27) G. R. Quaife - Godly Zeal and Furious Rage the Witch in Early Modern Europe - Croom Helm Ltd, Beckenham (Kent) 1987.

28) Hilary Gatti - Giordano Bruno e la scienza del Rinascimento - R. Cortina, Milano 2001.

29) J. Vernet - Astrologia y astronomia en el Renacimiento - Ariel, Barcelona, 1974. 30) Paracelso - Paragrano - Laterza, Bari 1973

31) Descartes - Il mondo. L'uomo - Laterza, Bari 1969.

32) Paracelso - Contro i falsi medici - Laterza, Bari 1995.

33) H. C. Agrippa - Filosofia oculta. Magia natural - Alianza, Madrid 1992.

34) Tommaso d'Aquino - Trattato della pietra filosofale - Brancato, Catania 1991.

35) S. Shapin - The Scientific Revolution - University of Chicago Press, 1984.

36) R. Pitoni - Storia della fisica - STEN, Torino 1913.

37) D. Papp, J. Babini - La ciencia del Renacimiento (VI) - Espasa Calpe, Buenos Aires 1952.

38) Copernico, Digges, Galileo - Opúscolos sobre el movimiento de la Tierra - Alianza, Madrid 1983.

39) Galileo, Kepler - El Mensaje y el Mensajero sideral - Alianza, Madrid 1984.

40) J. Kepler - El secreto del universo - Alianza, Madrid 1992.

41) N. Copernico - Sobre las revolutiones de los orbes celestes - EN, Madrid 1982.

42) A. Rioja, J. Ordóñez - Teorías del universo - Sintesis, Madrid 1999.

43) M. Kaspar - Kepler - Dover, New York 1993.

44) A. Bertin - Copernico - Accademia, Milano 1973.

45) G. A. Franco Rubio - Cultura i Mentalidad en la Edad Moderna - Mergablum, Sevilla 1999.

46) A. Koestler - The Sleepwalkers - Hutchinson, London 1959.

47) AA. VV. - Cusano e Galileo - CEDAM, Padova 1964.

48) R.K. Merton - Ciencia, tecnología y sociedad en la Inglaterra del siglo XVII - Alianza, Madrid 1984.

49) P. Mesnard - Cartesio - Accademia, Milano 1972.

50) D. M. Clarke - La filosofía de la ciencia de Descartes - Alianza, Madrid 1986.

51) W. R. Shea - La magia de los números y el movimiento - Alianza, Madrid 1993.

52) S. Gaukroger - Descartes - Clarendon Press, Oxford 1995.

53) A. Koyré - Studi newtoniani - Einaudi, Torino, 1972.

54) A. Pala - Isaac Newton - Einaudi, Torino 1969.

55) M. Mamiani - Introduzione a Newton - Laterza, Bari 1990.

56) I. Newton - Trattato sull'Apocalisse - Bollati Boringhieri, Torino 1994.

57) M. White - Newton. L'ultimo mago - Rizzoli, Milano 2001.

58) AA. VV. - La science au seizième siècle - Hermann, Paris 1957.

59) A. Koyré - Etudes d'histoire de la pensée scientifique - Gallimard, Paris 1973.

60) R. Lenoble - Le origini del pensiero scientifico moderno - Laterza, Bari 1976.

61) E. Garin - Scienza e vita civile nel Rinascimento italiano - Laterza, Bari 1965.

62) G. de Ruggiero - Rinascimento, Riforma e Controriforma - Laterza, Bari 1977.

63) G. de Ruggiero - L'età cartesiana - Laterza, Bari 1972.

64) F. Tönnies - Hobbes - Alianza, Madrid 1988.

65) D. McKie - Some Notes on Newton's Chemical Philosophy... - Philosophical Magazine, Vol 33, 227, 1942.

66) B. J. T. Dobbs - Newton's Alchemy and His Theory of Matter - ISIS, 73 (269) 1982.

67) M. Tamny - Newton, Creation, and Perception - ISIS, 70 (251) 1979.

68) P. Farinella - Newton, Mago o Scienziato ? - Scuola e Didattica, XII, nº 8, 1995.

69) AA. VV. - Numero monografico su Newton - Giornale di Fisica, 31, nº 1-2, 1990.

70) AA. VV. - Numero monografico su Newton - Giornale di Fisica, 30, nº 1-2, 1989.

71) A. Roob - Alchimia e Mistica - Taschen, 1997 (questo testo è fondamentale perché riporta una gran mole di riproduzioni di illustrazioni di vari testi magici, mistici ed ermetici).


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kelly70

16/08/2007 12:31
Newton


Con Newton (1642 - 1727) possiamo concludere la breve rassegna dei personaggi più noti che, pur immersi a vari livelli in una cultura misticheggiante, riuscirono poco a poco ad affrancare l'osservazione scientifica dai piombi metafisici, per portarla alla laicità che acquistò a partire dal secolo XVIII.

È straordinario che si debba parlare di Newton. Tanto straordinario che la recente uscita in Italia di uno studio di M. White ("Newton: l'ultimo mago", Rizzoli 2001), ha fatto solo menzionare il lavoro nelle recensioni di "Le Scienze", come se si trattasse di una qualche denigrazione. Nessuno in nessuna delle cose dette vuole togliere meriti ormai universalmente riconosciuti a tutti. Il tentativo è proprio quello di far intendere le difficoltà che si sono dovute superare per affermare la razionalità scientifica. E ciò attraverso cammini tortuosi, mai lineari e sempre infarciti della cultura del tempo. In questo senso, davvero, l'opera di Galileo risulta particolarmente straordinaria.

Ma torniamo al Newton meno noto, al mago, secondo la definizione di White.

Egli, all'inizio della sua produzione scientifica, si mostrò influenzato dal meccanicismo di Descartes e del suo connazionale Hooke. Nel 1666 mostrava che la luce è scomponibile nei vari colori ed in tal modo distruggeva quell'immagine che ad essa era associata, di manifestazione divina. Ma il clima intellettuale dell'Inghilterra stava mutando proprio in quegli anni. Il meccanicismo inglese, l'opera di Hobbes, avevano provocato profonde crisi di rigetto e, particolarmente, il bisogno di riconquistare un qualche rapporto con la divinità. Newton fu partecipe di tale cambiamento di clima come mostra, appunto, il complesso della sua opera nota e meno nota.

Due storici britannici, Rattansi e Mc Guire (1966), hanno ritrovato una bozza dello scolio alla Proposizione VIII dei "Principia" in cui Newton sosteneva quelle che erano le sue credenze religiose. Egli in pratica affermava di aderire alla filosofia pitagorica, alle proporzioni perfette ed alle armonie. Queste proporzioni dovevano anche riguardare i cieli, i 'pesi' dei pianeti e le distanze reciproche. Descrivendo un esperimento, attribuito a Pitagora, secondo cui dei 'pesi' legati a delle viscere penzolanti da animali le allungavano in maniera inversamente proporzionale alla loro distanza dal 'centro' dell'animale, attribuiva a Pitagora la scoperta della legge dell'inverso del quadrato che egli stesso aveva fornito. Nel successivo scolio, quello alla Proposizione IX, Newton sosterrà esplicitamente:

"A qualcuna di queste leggi sembra abbiano fatto cenno i filosofi antichi quando chiamarono Dio 'Armonia' e rappresentavano il suo potere dinamico con l'immagine musicale del Dio Pan suonando il flauto e attribuivano musica alle sfere rendendo armoniche le distanze ed i movimenti dei corpi celesti e rappresentando i pianeti con le sette corde dell'arpa di Apollo".

Inoltre, nel suo "Sistema del Mondo", Newton fa risalire la teoria copernicana agli antichi maestri, ma non a quelli noti come Aristarco, ma a Platone ed all'antica sapienza degli egiziani "che rappresentavano con riti sacri e geroglifici, dei misteri che andavano al di là della comprensione popolare".

Si è anche osservato che la matematica di Newton indulge troppo alla geometria quando ormai i tempi erano maturi per gli infinitesimi di cui Leibniz sarà portatore.

Ed ecco che il Dio Architetto e Ingegnere di Galileo diventa altra cosa, allo stesso modo del Dio Meccanico di Descartes: Dio entra ora nel mondo per regolarlo da dentro, la stessa natura è Dio. È una sorta di mediazione quella che fa Newton, tra il Dio Artista ed il Dio Ingegnere. Questo Dio, come Newton afferma nello scolio generale dei Principia, interviene anche a rifornire di "energia" qualche pianeta che ne avesse persa un poco nel suo moto (occorre però notare che lo Scolio generale fu introdotto da Newton nella seconda edizione dell'opera, poiché la prima edizione, senza la presenza costante di Dio, aveva sollevato moltissime critiche). Questo è il significato che occorre assegnare alle proprietà che Newton fornisce allo spazio ed al tempo; particolarmente lo spazio è il "sensorium Dei". Ed a questo proposito è utile entrare su una controversia che si ebbe con Leibniz relativamente alle "forze" attrattive che Newton pone alla base della sua gravitazione universale. Certamente Newton prese le mosse dalla tre leggi di Kepler e dalla caduta dei gravi studiata da Galileo. Tutto ciò parrebbe una sorta di deduzione teorica da fatti sperimentalmente accertati. In realtà resta (ancora oggi) il problema delle forze. Di cosa si tratta ? Lo stesso Newton ne fornisce una definizione circolare poiché nella stessa formulazione dal secondo principio introduce simultaneamente due grandezze non definite la forza e la massa (egli lo sa e tenta di rifugiarsi dietro una finta definizione di massa attraverso la densità). Cosa sono le forze ? Come illustri fisici ed epistemologi hanno iniziato a sostenere da fine Ottocento (Kirchhoff, Hertz, Mach, Perrin,...), noi conosciamo solo gli effetti delle forze: le stesse pretese forze non le conosciamo. Esse, così come sono proposte da Newton, dovendo agire "a distanza", senza intermediari (e quindi occulte), sono rifiutate sia dagli aristotelici che dai cartesiani. Trenta anni dopo, Leibniz parlerà dei Principia come di un ritorno ai "racconti di fate". Afferma Kearney che "i cartesiani rifiutarono Newton per la stessa ragione che Galileo e Descartes rifiutarono Kepler". Uno dei critici più duri di Newton fu proprio Huygens, l'unico vero seguace di Galileo, che sostenne essere il principio newtoniano dell'attrazione "impossibile da spiegare in nessun modo meccanico". E tra Leibniz e Huygens intercorse una corrispondenza dopo la pubblicazione dei Principia.. Newton era considerato alla stregua di un aristotelico che credeva a simpatie ed antipatie assimilando queste ad attrazioni e repulsioni. Fu solo con le "Lettere Inglesi" di Voltaire (prima metà del XVIII secolo), che Newton assurse a simbolo del meccanicismo anche se, tale definizione vide sempre fermi oppositori tra i meccanicisti medesimi.

E fin qui ogni commento è relativo al Newton noto, il fondatore della Meccanica. Il fatto è che vi è anche un Newton meno noto ma ugualmente attivo in campi come l'Alchimia e la Teologia. Qui il discorso sarebbe lungo e voglio fornire solo alcuni dati oltre ad una vasta bibliografia. Il fatto è che Newton scrisse un "Trattato sull'Apocalisse" in cui emergono molti dei temi mistici che abbiamo incontrato nella cultura rinascimentale: occorre conoscere le profezie per salvarsi; vi sono regole per interpretare e metodizzare parole e linguaggio delle Scritture; esiste una corrispondenza tra il mondo e le Scritture. Serve un nuovo ritorno di Cristo poiché la Bestia con dieci corna (il mondo pagano) ha vinto sulla Chiesa; la Bestia con due corna (la grande apostasia) si è impossessata della Chiesa; la Bestia si presenta a noi come grande Meretrice o come falso Profeta ma queste due immagini non sono altro che facce diverse del Dragone (Satana); il mistero che si trova scritto sulla fronte della Meretrice è quello della Trinità (Newton rifiutava questa 'complicazione'); Cristo non era venuto per fondare una nuova religione ma per riportarla all'antica purezza (qui è echeggiato espressamente un tema ermetico ripreso anche da Giordano Bruno - ma addirittura da Ario -, anche nello stesso linguaggio della Bestia che in Bruno, con l'aggettivo di Trionfante è la Chiesa, mentre il Papa è la "sua santa asinità").

Vi è da ultimo da dire due parole sul Newton alchimista. Egli scrisse migliaia di pagine in proposito. Non ne pubblicò nessuna ed in questo era concorde con quanti ritenessero questa una pratica per iniziati e quindi segreta. Non è esagerato dire che egli passò metà del suo tempo in studi alchemici e religiosi sintetizzando in sé appunto l'"ultimo mago" di White o l' "anfibio" di Kearney.


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kelly70

16/08/2007 12:30
Descartes


Descartes (1596 - 1650) è uno dei pensatori che più ha affidato alla metafisica le sue affermazioni sulla scienza della natura. Nonostante gli sforzi di Koyré, l'immagine dello scienziato francese è fortemente legata alla metafisica proprio perché con essa va a spiegare fatti naturali. Anche qui farò alcuni esempi per capire il senso dello stravolgimento del lavoro di Galileo che viene operato, stravolgimento che sarà anche di altri ed al quale il solo Huygens si sottrarrà, risultando quest'ultimo l'unico scienziato dell'età barocca che si muove nella tradizione galileiana. Leggiamo qualche brano di Descartes:

"...fisserò qui due o tre delle principali regole secondo le quali è da ritenere che Dio faccia agire la natura del nuovo mondo, sufficienti, credo, per farvi conoscere tutte le altre.

La prima è: che ogni parte della materia in particolare persiste nel medesimo stato finché l'urto delle altre non la costringe a mutarlo....

Suppongo come seconda regola che, quando un corpo ne spinge un altro, non possa comunicargli alcun movimento senza perderne contemporaneamente altrettanto del proprio; né sottrarglielo senza aumentare il proprio nella stessa misura....

Ora le due regole derivano evidentemente solo da questo: che Dio è immutabile e che, con l'agire sempre alla stessa maniera, produce sempre lo stesso effetto. Infatti, supponendo che nell'atto stesso di crearla, Dio abbia posto in tutta la materia in generale una certa quantità di movimenti, a meno di negare che egli agisca sempre allo stesso modo, bisogna ammettere che ne conservi sempre la stessa quantità. Supponendo pure che da quel primo istante le diverse parti della materia in cui i movimenti si sono trovati variamente distribuiti abbiano cominciato a conservarli o a trasmetterli dall'una all'altra, a seconda della loro forza, bisogna necessariamente concludere che Dio le fa continuare sempre allo stesso modo. Le due regole vogliono dire questo.

Ne aggiungerò una terza: che quando un corpo si muove ...le sue parti, singolarmente prese, tendono sempre a continuare il loro [movimento] in linea retta....

Questa regola poggia sullo stesso fondamento delle altre due e dipende solo dal fatto che Dio conserva ogni cosa mediante un'azione continua..."

A parte questi brani esplicativi di quanto sostenevo non occorre dimenticare che questo scienziato, passato alla storia come razionalista, si dilettava con armonie dell'universo, con la sua unità e con tutte le suggestioni magiche del suo tempo, anteponendo immaginazione a ragione.

Non c'è dubbio che Descartes fu il primo a sostituire un intero sistema del mondo, come realizzato da Aristotele e cristianizzato da San Tommaso, con un altro completamente differente che si muoveva sulla strada del completo rinnovamento. L'elemento principe resta la comunicazione di tutto ciò che si conosceva. Sulla tradizione aperta da Galileo, non vi erano più pratiche segrete o questioni per iniziati. Per altri versi Descartes tenta l'integrazione delle novità scientifiche con la metafisica, con la religione. Anche in Descartes, come del resto già visto, Dio è non solo artefice ma perennemente presente nel mondo. È egli, sulla linea Archimedea, un Ingegnere, un Architetto del creato. Ma ogni cosa è in gran parte sostenuta da ragionamenti deduttivi che lo legano pienamente alla tradizione aristotelica. Anche se pensò ad un mondo di un continuo di particelle che, spinta la prima, originano un moto a vortici alla base di tutto l'universo, rifiutò le estreme conseguenze della filosofia atomistica (in accordo con il disprezzo che ad essa riservava Aristotele) come ad esempio l'esistenza del vuoto ( e qui neppure riuscì ad usare delle cose che Marsenne, suo maestro, veniva a spiare in Italia e particolarmente nella bottega di Torricelli). Allo stesso modo non si espresse mai con chiarezza a favore dell'eliocentrismo.

Vi è un altro aspetto da sottolineare. Descartes era certamente un gigante della matematica ma costruisce la sua teoria del mondo a vortici senza che in essa intervenga minimamente, tutto l'argomentare è parto di una logica deduttiva alla Aristotele. La matematica vive in un comparto separato della filosofia della natura.

Come già accennato il suo Metodo è però l'uscita definitiva dal mistero, dalle cose criptate. Spariscono le armonie delle sfere, spariscono le cause finali. Si apre alla possibilità di un universo laico:

"Non tenteremo di cercare le ragioni dei fatti naturali nel fine che Dio o la natura si proposero al crearli (le cause finali), perché non dobbiamo presumere di essere partecipi dei piani divini, ma solo considerare la causa efficiente di ogni cosa" (Principia Philosophiae).

In ogni caso, per Descartes, la fisica deve discendere da una metafisica.. È l'esistenza di Dio che rende possibile la conoscenza scientifica e ciò in quanto questa ultima è basata su dei fatti certi. E la cosa si chiude su se stessa in quanto la prova dell'immortalità dell'anima si può rintracciare proprio nella fisica. In definitiva la conclusione è quella da cui partivo più su: la certezza di tutti gli enunciati della conoscenza dipende dalla nostra certezza dell'esistenza di Dio. Dice Descartes:

"In effetti, poiché Dio è la vera causa di tutto ciò che è o potrebbe essere, è evidente che il miglior modo di fare filosofia che possiamo adottare, potrebbe essere di tentare dedurre la spiegazione delle cose create da Dio a partire dalla nostra conoscenza di Dio stesso, e così conquistare la scienza più perfetta, che è la conoscenza degli effetti attraverso le loro cause" (citato da Clarke).



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kelly70

16/08/2007 12:29
Galileo


In quanto siamo andati dicendo, la Chiesa non interveniva praticamente mai. Non vi erano messe in discussione del Dio. La stessa Trinità veniva addirittura localizzata nel mondo, il lavoro dei filosofi della natura che abbiamo incontrato sembravano addirittura di fare esercizio religioso nelle loro elaborazioni. Lo scienziato era pertanto in sé un cristiano in quanto esaltava il Signore e la sua opera.

Con Galileo (1564 - 1642) iniziamo ad intravedere uno sforzo possente di laicizzazione dello studio della natura. Galileo spoglia ogni suo argomento da misticismo, alchimia, ermetismo, astrologia. Non poteva togliere di mezzo la Chiesa ma, certamente non vi sono richiami ad essa nella sua opera scientifica. Credo che solo dopo aver fatto la rassegna precedente, si possa capire molto meglio che cosa è significata l'opera di Galileo.

Galileo risente molto, nei suoi lavori, di una vita fatta a contatto con il mondo degli artigiani e degli architetti. La sua non è una formazione di tipo esclusivamente accademico. Le sue numerose lettere testimoniano rapporti con fontanieri, architetti, costruttori di acquedotti, di fortificazioni. La sua formazione è principalmente meccanicistica, proviene essenzialmente dal filone di Archimede. Nel dir questo non affermo che egli sia immune dalle suggestioni e dalla cultura dell'epoca. Vi sono dei passi, molto pochi per la verità, in cui si può ritrovare un certo platonismo con l'esaltazione della matematica, fatto, quest'ultimo, che giocherà un ruolo fondamentale proprio nel momento in cui questa matematica si salderà con la parte osservativa e descrittiva della tradizione aristotelica.

Intanto Galileo è un avversario durissimo dell'astrologia, nonostante insistenze di vari principi ed addirittura dell'Ambasciatore del Re di Francia che gli chiedeva oroscopi per Sua Maestà, egli seppe sempre dire di no. Nessuno storico e nessun testo originale porta traccia di un qualche oroscopo di Galileo. Ho trovato solo un cenno, ma non corredato da alcuna indicazione bibliografica, in M. Boas ("Persino Galileo fece oroscopi per il suo mecenate, il granduca di Toscana" e questo brano è ripreso letteralmente da Paolo Rossi). Egli subisce però il fascino del Sole e della luce che si può ritrovare nella lettera a monsignor Pietro Dini del 23 marzo 1615. Ma il tentativo qui e altrove è manifestamente un modo per convincere un prelato del primato del Sole sulla Terra. In questa lettera si richiamano passi di cristiani che hanno parlato del Sole come del dispensatore di luce e calore fecondo. Questa volta il riferimento è al Salmo 73 dal quale trae elementi per esaltare il potere della luce ed al Beato Dionisio Areopagita del quale cita un passo di esaltazione del Sole. E lo stesso Galileo aggiunge che si può affermare che questo spirito fecondante e questa luce diffusa per tutto il mondo hanno concorso per unirsi e fortificarsi nel corpo del Sole, per questo motivo collocato nel centro dell'universo, e perché poi, ritornato più splendente e vigoroso, ritornasse a diffondersi. La lettera prosegue con il fatto che in questo Sole egli ha trovato delle macchie (materie tenebrose) e questo solo fatto di per sé esclude le premesse di Sole inteso come lo facevano Copernico e Kepler. E la conclusione ne mostra gli intenti: il Sole merita di essere considerato al centro del mondo. Ma d'altra parte sullo stesso argomento andrà avanti con la lettera a Cristina di Lorena. Questa volta l'ispiratore sarà Sant'Agostino, proprio quello che, nell'ambito della Chiesa, più si era opposto alle pratiche magiche ed all'ermetismo. Il richiamo a Sant'Agostino è di nuovo strumentale. Serve a Galileo un cuneo per scalfire quel qualcosa che per la prima volta esclude Dio dai meccanismi dell'universo, esclusione che marginalizza l'intera Chiesa. E Galileo è molto esplicito: tutto ciò che concerne la natura ed è trattato dalla Bibbia può e deve essere sottoposto ad indagine sperimentale. Non vi sono più tabù. Non è più la Chiesa l'intermediario per comprendere il mondo e, di più, addirittura la Bibbia.

Del resto, più volte Galileo mostrò fastidio per le cose che scriveva Kepler (e consimili). È stato addebitato a Galileo il non aver compreso l'importanza delle leggi di Kepler. In realtà non le aveva capite nessuno e basta affacciarsi alle prose dei due autori per capire le abissali differenze che li dividevano. Galileo più volte ebbe a dire che quanto sostenuto da Kepler fosse "piuttosto a diminutione della dottrina del Copernico che a stabilimento". In altri passi sostenne:

"Io non posso sottoscrivere l'idea degli astri, né dei calori temperati, né l'azione predominante delle qualità occulte, né altre vane immaginazioni come quelle che sono tanto lontane dall'essere, o dal poter essere, cause delle maree, poiché, al contrario, è la marea causa di esse" (citato da Kearney).

"Quello che avrei desiderato nel Gilberti, è che fusse stato un poco maggior matematico ed in particolare ben fondato nella geometria, la pratica della quale lo avrebbe reso men risoluto nell'accettare per concludenti dimostrazioni quelle ragioni ch'ei produce per vere cause delle vere conclusioni da sé osservate" (Dialogo).

Ma è Dio nell'interesse di Galileo. Egli lo descrive come artigiano, architetto e matematico:

"Il ricorso al gran libro della natura, che è l'oggetto proprio della filosofia ... nel cui libro... essendo opera di Dio onnipotente ... questo ricorso è più decisivo e nobile lì dove si rivela tutta la sua grandezza ed abilità"

"Supponiamo che tra i piani dell' Architetto Divino..."

"Io dico che la saggezza umana capisce alcune proposizioni in modo perfetto ed è assolutamente certa di esse come della stessa natura; e queste sono le scienze matematiche pure, cioè: la geometria e l'aritmetica. Di esse la Sapienza Divina conosce infinitamente più proposizioni, perché le conosce tutte".

A ciò occorre aggiungere la profonda critica che Galileo portò al finalismo insito nel mondo di Aristotele, critica che passò attraverso le osservazioni dello sciocco Simplicio.

Non c'è altro da aggiungere su Galileo. Certamente egli non usò mai spiegazioni metafisiche a fatti fisici. Se si toglie il Dio ora citato dalla sua opera ella resta intatta. Il riferimento ad esso è quasi canonico in qualunque opera del suo tempo. Egli lo cita ma ne fa a meno sempre. Fatti naturali vengono fatti discendere solo da cause naturali e Galileo tenterà teorie solo là dove è in grado di sperimentare. Dovunque egli non ha argomenti tralascia ipotesi e rimanda ad esperimenti futuri con la frase: "Non mi par tempo ora ...".

Si tratta di una svolta radicale che però non avrà seguitori tra gli scienziati che oggi riconosciamo come più noti tra i contemporanei e gli immediati successori dello stesso Galileo. Un esempio di reintroduzione della metafisica nella filosofia della natura avverrà proprio con Descartes.


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kelly70

16/08/2007 12:28
Harvey


Anche la medicina ebbe il suo Lutero e Copernico. Naturalmente non si può pretendere un distacco completo dalle concezioni antiche che fanno capo da un lato ad Aristotele e dall'altro a Galeno (138 -201). Riferiamoci a quest'ultimo per avere un riferimento affidato alla sperimentazione ed alla dissezione di animali ritenuti più simili all'uomo (scimmie ?). Non intraprese mai (che si sappia) dissezioni umane e quindi la sua medicina è costruita in gran parte per analogia con quella degli organi interni degli animali. Galeno è un aristotelico che assegna funzioni teleologiche agli organi. Ma non accetta Aristotele quando questi assegna al cuore una parte importante nella fisiologia umana. Galeno sposta nel fegato il suo centro d'interesse, fegato che produrrebbe il sangue e lo purificherebbe. Il sangue ha una sorta di circolazione che lo porta al cuore, dove si riscalda e quindi ai polmoni che invece tendono a raffreddarlo. L'uomo è dotato di tre spiriti: quello animale che partendo dal cervello raggiunge i vari organi attraverso i nervi; quello vitale che si dirama dal cuore attraverso le arterie; quello naturale che parte dal fegato ed è propagato dalle vene. Ognuno dei tre spiriti è separato dall'altro. Tutto questo (succintissimamente raccontato) era basato su le suddette osservazioni sperimentali di Galeno. Ma dal II secolo fino al XV, la sua opera, quando fu riscoperta, tradotta e commentata divenne argomento di dispute aristoteliche basate sul sillogismo (questo era generalmente il modo di procedere nelle Università). Il ritorno alla "sperimentazione", questa volta con certe dissezioni su cadaveri di uomini, fu innanzitutto opera degli "artisti-artigiani" a partire dal Trecento (che spesso lavoravano per il sistema giudiziario). Durante il Rinascimento (1531) si dispose dell'intero corpo delle opere di Galeno tradotto e ciò accese un vivo interesse intorno al corpo ed alla funzione dei suoi organi. Ma già Leonardo aveva lavorato su questioni anatomiche ed a lui seguì l'opera più nota del Rinascimento, la "Fabrica" (1543) di Vesalio (1514-1574), il padre dell'anatomia moderna. Uno tra i problemi che Vesalio sollevò, fuori dalla tradizione galenica, era il capire il passaggio del sangue dal sistema arterioso al venoso, attraverso il cuore. Egli sezionò vari cuori ma non trovò i pori di cui parlava Galeno. Tuttavia il passaggio da un sistema all'altro avveniva.. Altra questione sollevata da Vesalio fu sullo spirito animale che si irradiava dal cervello. Molte traduzioni dal greco riportavano "anima" introducendo elementi metafisici nel corpo. Vesalio ebbe il coraggio di sbarazzarsi di tale cosa evitando ogni controversia teologica. Nella cattedra di Padova si successero a Vesalio prima Fallopio (1523 - 1563), quindi Fabrizi d'Acquapendente (1537 - 1619) e fu proprio allievo di quest'ultimo William Harvey (1578 - 1657).

Harvey (1628) prende le mosse dal pregiudizio aristotelico del cuore come centro dell'organismo e dalla visione platonica del movimento in circolo. Riuscì, attraverso osservazioni in autopsie, a scoprire la circolazione del sangue riuscendo a ridare al cuore ("il sole del microcosmo" come egli lo chiama) quella dignità che gli era stata tolta da Galeno: è il battito del cuore che permette la circolazione del sangue ! La cosa la suffragò con variate esperienze che lo convinsero che il cuore può operare non certo come pompa (questo lo avrebbe messo nel novero dei meccanicisti) ma come sovrano del corpo e come luogo dove il sangue recupera le sue qualità. Falsificò poi la teoria del sangue prodotto dal fegato con un semplice conto che confrontò quanto sangue passava dal cuore con quanto ne avrebbe dovuto produrre il fegato: quest'ultima quantità risultava enorme per un organo così piccolo. Insomma, a parte alcuni dettagli (relazione tra vene ed arterie che avrebbero avuto bisogno dei lavori con il microscopio di Malpighi - 1628/1694 - per stabilire l'esistenza di capillari), si erano gettate le basi della rivoluzione harveyana. (che però, per il disinteresse dello stesso Harvey nel farla conoscere, dovette aspettare ancora circa 100 anni prima che fosse conosciuta dal gran pubblico. La pratica medica, anche la sua, seguì con i salassi anche se si cominciò a comprendere il meccanismo dell'avvelenamento: seguì anche con strane cure, di derivazione paracelsiana, che prevedevano l'imposizione della mano di un morto per una malattia cronica su di un malato di tumore).

Si può certamente dire che i lavori di Harvey prendono le mosse dalle concezioni aristoteliche, concezioni nelle quali il moto circolare assume un valore fondamentale proprio perché è l'intero mondo organizzato in quel modo. La circolazione del sangue rende il microcosmo assimilabile al macrocosmo e la funzione vivificante e rigenerativa del Sole viene nel microcosmo sostituita dal cuore che , come detto, è "il sole del microcosmo" in accordo con le tesi ficiniane. Tra l'altro è nel cuore che troviamo la localizzazione dell'anima

In definitiva, un convinto aristotelico, con le premesse di Aristotele e con strane assonanze ermetiche (per un aristotelico), è uno che inizia una delle più importanti rivoluzioni scientifiche dell'età barocca.


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kelly70

16/08/2007 12:27
Kepler


L'astronomo tedesco Kepler (1571 - 1630) rappresenta un punto in cui i temi magici, il neoplatonismo (in una accezione più platonica e pitagorica), l'ermetismo ed ogni misticismo fanno da base a sue ricerche di modo che risulta veramente complesso il discernere i suoi contributi scientifici da una gran quantità di 'resto'. Detto questo è anche importante dire che Kepler inizia a mettere in discussione alcune concezioni mistiche. Intanto iniziò una forte polemica contro la numerologia, in modo particolare contro Rheticus (1514 - 1576); infatti quest'ultimo, contro la cosmologia copernicana, sosteneva che il numero dei pianeti doveva essere di 6 poiché questo era il numero perfetto dei pitagorici e non 7. A questa obiezione Kepler dette una risposta che suona come una petizione di principio completamente in linea con il tempo infatti, secondo Kepler, Dio viene prima della numerologia che è stata creata dall'uomo e, in nessun caso questa numerologia può essere usata per spiegare la Creazione di Dio. Un'altrettanto dura polemica Kepler portò contro il "mago" Robert Fludd (1574-1637) che rappresentò il culmine del misticismo, dell'esaltazione alchemica e della numerologia pitagorica. Il tutto sempre legato ai rapporti tra macrocosmo e microcosmo attraverso la teoria dei quattro elementi trasformata in una dottrina in cui l'universo è costituito da quanto previsto dal Libro della Genesi e cioè da: Luce, Oscurità ed Acqua. Secondo Fludd la matematica doveva ritornare agli insegnamenti mistici dei pitagorici, ai numeri ed alle loro proporzioni, abbandonando tutte quelle inutili dimostrazioni che si insegnavano nelle Università. Era questo l'unico modo di riconquistare l'armonia del mondo. Inoltre la sua indagine medica si muoveva, sulla scia di Harvey, per tentare di capire come lo spirito vitale dispensato da Dio, attraverso il cielo, dall'aria, entrasse in circolazione nel corpo dando la vita. Il mondo di Fludd è costituito da idee ed immagini di esse, vere e proprie rappresentazioni figurate che innumerevoli appaiono nelle sue opere; queste idee ed immagini vengono successivamente applicate alla spiegazione del mondo circostante. Contro questo metodo si levò la polemica di Kepler per il fatto che il mondo di Fludd era completamente arbitrario e non permetteva nessuna dimostrazione anche perché aveva una immagine della matematica in cui non era pensabile alcuna misura; si trattava, come diceva Kepler, di una matematica ermetica, enigmatica e piena di simbolismi incomprensibili, in cui le figure geometriche venivano usate non con fini matematici ma ermetici e pitagorici. Sta qui un seme importante per i lavori di altri scienziati. Uno può avere una qualunque visione pregiudiziale del mondo, ma se questa non si adatta poi alle misure occorre cambiarla. E quest'ultima era la strada che Kepler percorreva anche se, come dicevo, indulgendo a moltissime delle cose che interessavano Fludd, come ad esempio l'uso che egli fece di quelle immagini che dovrebbero descrivere il mondo, tra le quali la più nota è il disegno del mondo costituita dai poliedri incastonati l'un l'altro (ma, appunto, questa immagine era sostenuta, almeno in gran parte, da misure fatte mediante l'osservazione). Ma cerchiamo di seguire i passi ed i momenti in cui Kepler si muove all'interno della tradizione mistico, magico, ermetico, pitagorica.

Nel suo "Mysterium cosmographicum" (1596) egli scrive:

"Io mi impegno a dimostrare con questa operetta o lettore, che Dio Ottimo Massimo, nella costruzione del mondo e nella disposizione dei cieli, aveva in mente i cinque corpi solidi regolari che tanto sono stati celebrati fino dal tempo di Pitagora e di Platone e che dispose numero, proporzioni e movimenti delle cose celesti secondo le proprietà di quei corpi....La mirabile armonia delle cose immobili - il Sole, la stelle fisse e lo spazio - che corrispondono alla Trinità di Dio Padre, Dio Figlio e Spirito Santo mi incoraggiò in questo tentativo....Le figure geometriche mi sembrava rispondessero alle mie esigenze perché , in quanto esse sono quantità, sono state create prima dei cieli [questa parte sembra in contraddizione con la polemica che Kepler ebbe con la numerologia. n.d.r.]. ...Ritenevo che il mio desiderio sarebbe stato soddisfatto se avessi potuto far corrispondere alla reciproca grandezza dei cieli (che Copernico stabilì essere sei) soltanto cinque figure [e cioè i 5 solidi regolari che Euclide ha dimostrato essere gli unici. In tal modo] l'orbe della Terra è la misura di tutti gli altri orbi. Circoscrivi ad essa un dodecaedro, la sfera che a sua volta lo circoscrive è quella di Marte. Alla sfera di Marte circoscrivi un tetraedro, la sfera che lo contiene è la sfera di Giove. Alla sfera di Giove circoscrivi un cubo, la sfera che lo racchiude sarà quella di Saturno. Nell'orbe della Terra inscrivi un icosaedro, la sfera inscritta in esso è quella di Venere. A venere inscrivi un ottaedro, in esso sarà inscritta la sfera di Mercurio. Qui trovi la ragione del numero dei pianeti" (citato da Koyré).

In queste frasi vi è l'intero modo di concepire il mondo che diventa mistico, platonico ed addirittura supponente. Il mondo stesso è in sé la Trinità. Il Sole per Kepler è il centro dinamico dell'intero sistema (in questo presentando una importante novità rispetto a Copernico) poiché egli ha necessità di un punto da cui iniziare a misurare le distanze (anche se i suoi conti sono molto approssimati ed egli trova ciò che vuole trovare). Il Sole è quindi l'immagine di Dio nel mondo che fa sentire la sua potenza attraverso l'"intermedium" (immagine dello Spirito Santo) in cui si muovono i pianeti compresi dalla sfera delle stelle fisse (immagine di Gesù, tanto che altri - Athanasius Kircher, 1676 - cercheranno costellazioni che disegnino nel cielo il volto di Cristo. Si veda la figura 6, tratta da Iter extaticum di Kircher, 1671) che, come una parete, mantiene moto (assimilato alle forme animali) e sua armonia (assimilata alla razionalità), luce (assimilata ai sensi) e calore (assimilato alla vita) al suo interno che deve essere inteso come perfetto.





Fig. 6



Quindi si cantano le lodi del Sole (in questo con Copernico):

"Il Sole è una fontana di luce, ricco di calore fecondo, in sommo grado chiaro, limpido e puro a vedersi, sorgente della visione, pittore di tutti i colori, ..., chiaramente re dei pianeti per il suo moto, cuore del mondo per la sua potenza, occhio del mondo per la sua bellezza e che solo noi giudicheremmo degno di Dio altissimo, qualora egli si compiacesse di avere una dimora materiale e scegliesse un luogo in cui abitare con gli angeli benedetti" (citato da Khun).

Ma Kepler, disegnato il mondo in tal modo, aveva bisogno di mostrare l'abilità matematica di Dio e cerca con puntiglio ogni relazione che faccia allo scopo:

"Da dove si dovrebbe cominciare l'indagine sulla proporzione dei corpi celesti ? Ma dalla Terra, perché essa è 1) domicilio della creatura contemplante, 2) che è anche immagine del Dio creatore. 3) Leggiamo infatti nel divino Mosè, che in principio Dio creò il cielo e la Terra: 4) e perché l'orbe della Terra è medio figurale tra i pianeti ... e medio proporzionale tra i limiti dei pianeti superiori e di quelli inferiori. 5) Infine l'ordine di queste proporzioni proclama altamente che Dio creatore, nel far corrispondere le dimensioni dei corpi e degli intervalli al corpo del Sole, come alla sua prima misura, cominciò dalla Terra"(citato da Koyré).

Con questo programma intraprese una serie di calcoli, che sono nascosti in centinaia di pagine misticheggianti, che lo portarono alla sua "Terza legge", che proprio perché così nascosta, per molti anni non fu conosciuta.

Ed anche le armonie dei moti non sono mere enunciazioni ma provengono da conti che mettono in proporzione le diverse velocità di ogni singolo pianeta con la relativa distanza dal Sole. E queste proporzioni sono riportate a scale e note musicali, cosicché vengono fuori delle note che sono cantate da ogni pianeta nel suo moto perenne intorno al Sole. L'insieme di tali note costituisce l'armonia dell'universo celebrata dai singoli pianeti cantando le lodi del Signore (noi umani non abbiamo orecchie adeguate per udire tali melodie). Per dare un'idea del programma di Kepler, fornisco solo l'indice del suo "Harmonices Mundi" (1619):

" 1. Sulle cinque figure solide regolari.

2. Sulle affinità fra esse ed i rapporti armonici.

3. Compendio della dottrina astronomica necessaria per speculare sulle armonie celesti.

4. In quali cose pertinenti ai moti planetari le semplici consonanze sono state espresse e che tutte quelle consonanze che sono presenti nel canto si trovano nei cieli.

5. Che le chiavi della scala musicale, o gradi del sistema, e i generi delle consonanze, il maggiore ed il minore, sono espressi in certi moti.

6. Che i singoli Toni e Modi musicali sono in qualche modo espressi dai singoli pianeti.

7. Che i contrappunti o armonie universali di tutti i pianeti possono esistere ed essere diversi l'uno dall'altro.

8. Che i quattro tipi di voci sono espressi nei pianeti; soprano, contralto, tenore e basso.

9. Dimostrazione che al fine di garantire questa armonica disposizione, quelle vere eccentricità planetarie che qualunque pianeta ha come proprie, e non altre, devono essere stabilite.

10. Epilogo relativo al Sole, per mezzo di molto fertili congetture."

E, come aneddoto, fornisco solo le note che la Terra canta nel suo orbitare, un mi-fa-mi che Kepler commenta così "da dove si può dedurre che la MI-seria e la FA-mine regnano dovunque in questo mondo" (si veda nella figura 4, tratta da Kircher, come le sfere celesti sono assimilate alle varie muse che collegano con le loro armonie il Sole e la Terra).





Fig. 4



Rispetto all'astronomia Kepler non si distaccò dai suoi contemporanei e particolarmente da Paracelso. Con in più il fatto che, come astronomo assegnava maggior prestigio a tale attività. Inoltre l'astronomia diventava in Kepler sempre più quella giudiziaria, quella che, ricordo, riguardava predizioni relative a singoli personaggi. Ma era tutto l'impianto kepleriano che sosteneva l'astrologia. La presenza vivificatrice del Sole (Dio allo stesso modo di Ra), l'intermedium (Spirito Santo), le stelle fisse (Cristo), tutto autorizzava a che i destini dell'uomo fossero 'naturalmente ' segnati dalla divinità (e da chi altri ?). L'anima che Dio estendeva attraverso il mondo creava facili paralleli tra materia e spirito. Inoltre Dio interveniva nel mondo avvertendo di episodi clamorosi: Egli lo faceva attraverso congiunzioni astrali speciali, eclissi e, soprattutto, comete. Tutti questi non erano semplici fatti meccanici. In accordo con quanto detto prima l'anima di Dio muoveva gli esseri spirituali presenti in tutto il cosmo.

Riguardo a quest'ultimo aspetto, l'astrologia, occorre notare che i copernicani le dettero inizialmente sostegno ma poco a poco, soprattutto nell'età Barocca iniziò un preciso distacco tra scienziati astronomi e medici astrologi. In questo contesto va ricordata una lettera che Bonaventura Cavalieri scrisse ad Evangelista Torricelli nel 1642 (citata da Garin). In essa con molta amarezza ci si lamenta della scarsa attenzione della gente per le scienze fisico - matematiche e del fatto che anche le loro applicazioni pratiche siano trascurate. Ciò che invece interessa quelle persone è l'astrologia. Potrebbe pure nascere un nuovo Archimede e nessuno se ne accorgerebbe, mentre il più ciarlatano degli astrologi ottiene onori, ricchezze e potere.


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kelly70

16/08/2007 12:24
Tycho


Questo maestro dell'osservazione del cielo era ossessionato dalla posizione dei pianeti per trovare nell'astrologia la sua salvezza, il suo avvicinamento a Dio. Le osservazioni astronomiche, sempre più perfezionate, servivano proprio per avere oroscopi sempre più attendibili. Le stelle ed i pianeti erano lo strumento di una sua fede. Egli, allo stesso modo di ogni iniziato a temi magici, tenne rigorosamente occulte le sue importantissime osservazioni che solo casualmente entrarono a sostegno della "rivoluzione scientifica". Il fatto che Kepler abbia potuto farne uso, ed in modo estremamente proficuo, è dovuto alla sola circostanza che riuscì a diventare suo assistente.

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kelly70

16/08/2007 12:23
Copernico


Copernico (1473 - 1543), dopo i primi quattro anni di studio in Polonia (Cracovia), venne a specializzarsi in Italia passando ben 10 anni tra le Università di Bologna e di Padova. In questi luoghi venne a stretto contatto con il neoplatonismo risultandone fortemente influenzato. Intanto una lettera attribuita a Pitagora e nella quale lo stesso Pitagora parla ad un adepto, lo fece riflettere molto e fu probabilmente la causa del ritardo della pubblicazione della sua opera principale. In tale lettera che egli portava sempre con sé e che si preoccupò di tradurre dal greco si sosteneva che: "... non dobbiamo divulgare a tutti e in tutti i luoghi ciò che abbiamo appreso con sforzi tanto grandi, allo stesso modo che non è permesso agli uomini qualunque penetrare nei segreti degli dei elísei ...". E questo per ciò che riguarda il possibile ritardo di circa 15 anni nella pubblicazione del De Revolutionibus Orbium Coelestium (1543). Ma vi sono poi dirette influenze di alcune frasi di Hermes Trismegisto nell'Asclepio in cui si sostiene, in accordo con il culto di Ra (il Sole): "Il Sole illumina le altre stelle ... a causa della sua divinità e santità. ...Egli è il secondo Dio che governa tutte le cose e diffonde la sua luce sopra tutte le creature ...". Ed anche lo stesso Marsilio Ficino aveva sostenuto cose analoghe quando affermava che: " Il Sole può sembrare lo stesso Dio". Ma è lo stesso Copernico che nel De Revolutionibus (Libro I, Cap. X), quando deve sostenere la centralità del Sole, afferma: " In mezzo a tutto sta il Sole seduto sul suo trono. Potremmo noi pensare di sistemare questa fonte di luce in una posizione migliore di questo tempio bellissimo, affinché riesca ad illuminare simultaneamente tutte le cose ? Con ragione lo si chiama Lampada, Intelligenza, Governatore dell'Universo; Hermes Trismegisto lo chiama Dio visibile, e la Elettra di Sofocle lo chiama Ciò che vede tutto. Così, in definitiva, il Sole sta seduto sul suo trono regale e comanda i suoi vassalli, i pianeti, che girano intorno a lui" (nella figura 5, tratta da Philosophia Sacra di Fludd - 1626 -, è riportato il modo in cui Dio entra nel mondo). È





Fig. 5



quindi per sua stessa ammissione che riconosciamo ispirazioni magiche in Copernico. Ma la sua opera non sostiene semplicemente la centralità del Sole, ma contiene anche dei calcoli che gli erano suggeriti da quell'altro pezzo di tradizione, quella neoplatonica e pitagorica, che gli fu trasmessa dal suo Maestro a Bologna, Domenico Maria di Novara (1454 - 1504) che, con Proclo (412 - 485), attribuiva un valore superiore, addirittura mistico alle matematiche. Secondo Proclo: " L'anima dell'universo non è in alcun modo comparabile ad una tabula rasa, vuota di ogni conoscenza; essa è una tabula completamente scritta con caratteri costruiti da essa stessa e da tali caratteri si ricava una conoscenza completa se si riescono a comprendere ...Ogni specie matematica, pertanto, ha una sua esistenza primaria in questa anima, di modo che, prima di trovare oggetti sensibili, si troveranno tra i suoi siti più reconditi oggetti con movimento proprio; immagini vive prima che percettibili; proporzioni ideali ed armonie ....[e, nel Timeo, Platone afferma] che l'origine dell'anima è nelle forme matematiche ...". I calcoli che intraprende Copernico sembrano quindi finalizzati a giustificare la presenza del Sole al centro del sistema del mondo, in una tradizione completamente esterna e ad Aristotele e a San Tommaso (anche se poi la fisica che varrà in questo mondo sarà la unica esistente, quella di Aristotele che risulterà comunque talmente distorta e manipolata da rendere necessari immediati interventi).

Proprio per il suo carattere essenzialmente neoplatonico, le opere di Copernico furono osteggiate e trascurate da quasi tutti gli ambienti universitari del '500 (notoriamente aristotelici). Solo qualche neoplatonico, pitagorico o ermetico si interessò ad esse ma al di fuori delle Università, ricavandone conclusioni che andavano però ben al di là delle intenzioni dello stesso Copernico.

Prima di concludere con Copernico occorre accennare alle sue pratiche mediche. Non abbiamo sue opere scritte, ma solo annotazioni e ricette di suo pugno su opere mediche di altri autori. Qui troviamo tutta la tradizione galenica tramandata da Avicenna, un uso della medicina secondo i canoni del corpo inteso nel suo insieme e quindi da trattare con medicine esterne e non interne. Insieme a questo varie ricette i cui componenti sono, tra l'altro, argento, oro, corallo rosso, corno di unicorno, midollo di cuore di cervo, zaffiri, giacinti rossi, smeraldi, perle, carbone, cortecce d'albero di limone, legno di cedro e di sandalo rosso, spugna armena, ...


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kelly70

16/08/2007 12:22
Residui magici, ermetici e mistici nei primi scienziati 'moderni'


I lavori di scienziati come Copernico, Kepler, Harvey, Descartes e Newton sono talmente noti che è inutile andarli a riprendere con la pretesa di aggiungere un qualcosa di nuovo. È invece interessante andare a ricercare i motivi della cultura rinascimentale, dei residui magici, ermetici, cabalistici e mistici presenti nelle loro opere. Questo come testimonianza della grande difficoltà che si ebbe per affrancarsi da quel mondo e per affermare una visione laica della cultura e della vita civile. Una piccola considerazione va comunque fatta: il misticismo, l'ermetismo, l'alchimia e la magia non furono sradicati da una qualche volontà ma solo dal fatto che con il passare del tempo la ricerca razionale portò a risultati che da quella parte non solo non venivano ma neppure erano pensabili.

Possiamo iniziare proprio da Copernico, lo studioso che in quella visione della storia delle idee come un lineare cumulo di conoscenze, viene messo alla base della Rivoluzione Scientifica. Seguiremo poi con tutti gli altri tentando di rintracciare i motivi di ispirazione della loro opera.


kelly70

16/08/2007 12:21
La faticosa nascita della scienza


Il Rinascimento vide il consolidarsi delle attività artigianali e commerciali che dall'Alto Medioevo si erano andate affermando ed avevano arricchito un nuovo ceto, la borghesia, che piano piano si proponeva come imprenditoriale e portatore di nuove istanze culturali. Il latifondo feudale venne sempre più attaccato. Si sentiva il bisogno di rompere con i vincoli statici del vecchio potere feudale, dell'intreccio di potere tra nobiltà e clero. La borghesia pretendeva spazi autonomi di espansione, spazi che riguardavano anche la richiesta e la ricerca di più ampie visioni culturali. Fu questa borghesia che si mostrò più interessata alla riscoperta dei classici, al qualcosa di nuovo di cui si sentiva fortemente il bisogno.

Il forte impulso che ebbe la tecnica, il passaggio da produzioni con fortissimi connotati empirici alla voglia, da più parti avvertita, di tecniche e macchine sempre più affidabili e quindi alla richiesta di progettazioni più accurate, poneva la pressante richiesta di una scienza che si affermasse come supporto culturale alla produzione. La richiesta investiva anche ambiti culturali diversi. La vecchia cultura scolastica risultava chiusa ed opprimente per un ceto che aveva bisogno di espandersi. Le Università non rispondevano più, non si mostravano al passo con quanto nasceva e veniva proposto dal mondo civile.

Fino ad allora uno "scienziato" veniva creato da un corso universitario lavorando su dispute infinite relative a questioni che quasi nulla avevano a che fare con quel mondo produttivo che invece andava crescendo. A partire dalla metà del '500 alle Università si affiancò la formazione che veniva data proprio dalle botteghe artigiane. È l'epoca degli ingegneri, degli architetti, degli idraulici, dei maestri d'opera la cui preparazione nasceva dalla soluzione di problemi pratici molto distanti dai sillogismi e, comunque, da ogni preparazione di tipo universitario (si pensi a Filippo Brunelleschi e a quella Cupola di Santa Maria del Fiore che rappresenta ancora oggi una sfida tecnologica impressionante; a Leon Battista Alberti; a Francesco di Giorgio Martini; allo stesso Leonardo; a Biringuccio; ad Agricola). Questi "artisti", per la prima volta accompagnarono la realizzazione delle loro opere con scritti, con elaborazioni teoriche che sarebbero diventate la base su cui altri avrebbero continuato, iniziando quel processo virtuoso di trasmissione di conoscenze che andava perfezionandosi. Ed è utile notare che questa esplosione di produzione, questa richiesta di nuovi saperi sempre più ancorati alla pratica, nasceva dalla crescente disponibilità di denaro che proveniva essenzialmente dalla Spagna che doveva armare i suoi eserciti con l'oro e l'argento proveniente dalle Americhe. Di queste ricchezze ne beneficiarono essenzialmente l'Italia e l'Olanda.


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