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Eluana Englaro, sì del giudice "Interrompere l'alimentazione"

Ultimo Aggiornamento: 08/01/2009 12:13
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24/07/2008 22:28
 
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Rainboy, 24/07/2008 22.16:

Innegabile, direi...



Guardare...udire....sospirare....mangiare....bere....palpitare...pensare....accarezzare....amare.....dove sono le cose della vita?????

omega [SM=g27812]





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24/07/2008 23:12
 
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Stato vegetativo persistente


Uno stato vegetativo persistente, in inglese Persistent Vegetative State (PVS), noto anche come sindrome apallica oppure coma vigile, è una condizione dei pazienti con danno cerebrale severo nei quali il coma è progredito ad uno stato di veglia non corrispondente allo stato di consapevolezza o coscienza. Esistono molte controversie sia da un punto di vista medico che legale sul fatto che questa condizione sia irreversibile o meno.

La sindrome venne descritta nel 1940 da Ernst Kretschmer e per questo motivo è stata denominata sindrome di Kretschmer. (Das apallische Syndrom, in Neurol.Psychiatrie, 169,576-579 (1940).

Il termine venne coniato nel 1972 dal neurochirurgo scozzese Bryan Jennett e dal neurologo americano Fred Plum per descrivere una nuova sindrome che sembrava comparire grazie alle possibilità della medicina moderna di mantenere in vita i corpi dei pazienti.[1]

Noto anche come "morte corticale" o "coma vigile"
Lo stato vegetativo persistente è anche noto come morte corticale, ma non è l'equivalente del coma o della morte cerebrale.

I pazienti in uno stato vegetativo persistente sono ritenuti in genere come in stato di incoscienza e non consapevoli. Non rispondono agli stimoli esterni, eccetto, eventualmente, agli stimoli dolorosi. A differenza del coma, dove si osserva che gli occhi del paziente rimangono chiusi, questi pazienti nello stato vegetativo spesso aprono gli occhi. Possono seguire cicli sonno-veglia, oppure restare in uno stato di veglia cronico. Possono mostrare alcuni comportamenti che possono essere il prodotto di un parziale stato di coscienza, come il digrignamento dei denti, ingoiare, singhiozzare, sorridere, lacrimare e piangere, fare moine, farfugliare, sbuffare, oppure urlare senza alcuno stimolo esterno apparente.

Molti pazienti emergono da uno stato vegetativo in poche settimane, ma per quelli che non si riprendono entro 30 giorni si parla di stato vegetativo persistente. Le possibilità di recupero dipendono dall'entità della lesione al cervello e dall'età del paziente, con le migliori possibilità di recupero per i giovani rispetto agli anziani. Generalmente gli adulti hanno il 50% ed i bambini il 60% di chance di recuperare la coscienza da uno stato PVS nei primi 6 mesi.

Dopo un anno, le possibilità che un paziente in stato vegetativo persistente riguadagni la coscienza sono molto basse e la maggior parte dei pazienti che recuperano la coscienza sperimentano disabilità significative. Mentre quanto più a lungo un paziente si trova nel PVS, tanto maggiori saranno le disabilità risultanti. La riabilitazione può contribuire al recupero, ma molti pazienti non progrediscono mai al punto di essere capaci di prendersi cura di se stessi. Si registrano pochi casi di persone che si sono riprese da un lungo stato di coma vigile.

Alcune fonti autorevoli sostengono che il coma apallico sia, in effetti, irreversibile, e che i pochi pazienti di cui viene riportato il recupero non stavano soffrendo del vero PVS. Questa conclusione è oggetto di disputa, comunque, dal momento che ci sono stati casi come quello di un uomo in Australia che venne seguito attentamente per anni prima del suo improvviso 'risveglio'. Negli Stati Uniti, si è stimato che vi siano tra 15.000 e 40.000 pazienti in uno stato vegetativo persistente, ma dal momento che i registri di assistenza infermieristica domiciliare sono tenuti in modo impreciso, il numero esatto è difficile da determinare.

Nonostante tutto, rimangono ancora dispute sull'affidabilità della diagnosi di stato vegetativo persistente, in particolare quando questa diagnosi viene emessa da un numero limitato di fisiologi (oppure medici senza esperienza nell'area del PVS). Uno studio su 40 pazienti nel Regno Unito riteneva che il 43% di quelle diagnosi di stato di PVS fossero errate ed un altro 33% di questi pazienti riuscì a riprendersi mentre lo studio era in corso.[2]


Definizione medica
La terminologia in questa area é alquanto confusa. Mentre il termine 'stato vegetativo persistente' é il più frequentemente utilizzato dai media e negli articoli di legge, il suo uso viene scoraggiato dai neurologi, che preferiscono la tipologia proposta dal Royal College of Physicians (RCP) del 1996 che distingue tra stato vegetativo, lo stato vegetativo continuo, e lo stato vegetativo permanente. Questa tipologia distingue vari stadi della condizione piuttosto che utilizzare un termine generico per tutti. Nel suo libro più recente The Vegetative State, lo stesso autore Jennett adotta questa denominazione, sulle basi che la componente del termine "'persistente'...possa sembrare di voler suggerire irreversibilità". Il comitato australiano 'National Health and Medical Research Council ha suggerito come alternativa il termine non responsitività dopo il coma ("post coma unresponsiveness").


Definizione legale
In opposizione alla morte cerebrale, lo Stato Vegetativo Persistente (PVS) non viene riconosciuto come morte in nessun sistema legale. Questa area grigia legale ha portato ad alcuni processi riguardanti persone nello stato di coma vigile, con accesi dibattiti tra quelli che credono che vi debba essere il diritto a morire, e quelli che sono ugualmente determinati nella convinzione, che se esiste una seppur minima possibilità di recupero, le terapie debbano continuare.
Casi ben noti includono Paul Brophy, Sunny von Bülow e Tony Bland, che crearono un precedente nel Regno Unito. Il caso altamente pubblicizzato di Terri Schiavo negli Stati Uniti coinvolgeva dispute sulla diagnosi di SPV emanata da vari medici incaricati dalla corte. Gli appelli proposti alla corte furono respinti ed il sondino nasogastrico di alimentazione di Terri Schiavo venne rimosso, portando alla conseguente morte per fame e sete (defedazione).


Fonti
(EN) Hirsch, Joy. (May 2, 2005). "Raising consciousness". The Journal of Clinical Investigation. American Society for Clinical Investigation. 115(5): 1102.
(EN) Traumatic Brain Injury - NINDS

Note [modifica]
^ assets.cambridge.org/052144/1587/sample/0521441587ws.pdf
^ bmj.bmjjournals.com/cgi/content/full/313/7048/13

it.wikipedia.org/wiki/Stato_vegetativo_persistente




La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
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01/08/2008 15:16
 
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a proposito di questo argomento

Per evitare situazioni di queso tipo, forse sarebbe il caso di fare un testamento biologico. Puo essere utile questo facsimile

link







01/08/2008 15:30
 
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da www.lucacoscioni.it/eluana_il_parlamento_strappa_la_toga_al_giudice_per_indossarla_in_nome_dello_sta...

Eluana. Il Parlamento strappa la toga al giudice per indossarla in nome dello Stato etico


Intervento della Senatrice Donatella Poretti, parlamentare Radicale-Partito Democratico

Hanno strappato la toga alla Procura di Milano e l'hanno indossata loro, tra i banchi del Parlamento! Questo è quanto ha fatto la maggioranza con l'accusa rivolta ai giudici che hanno sentenziato sulla vicenda di Eluana Englaro, di sostituirsi al legislatore, mistificando la reale invasione di campo che contemporaneamente sono riusciti in maniera cinica a realizzare. Dal deposito della mozione Cossiga-Quagliariello al voto di oggi e' avvenuto esattamente questo: il Parlamento e' divenuto il giudice e ieri sera, esattamente dopo il primo voto del Parlamento, quello della Camera, la Procura di Milano ha presentato appello!
Il procuratore aveva atto sapere che si sarebbe preso l'intero tempo che aveva a disposizione per studiare il ricorso. Il Parlamento si e' sostituito al magistrato, ha lavorato, ha trovato cavilli, ha suggerito motivazioni, ha portato carte sulla scrivania del Procuratore che alla fine non ha potuto far altro che ricorrere in appello! Alla faccia della separazione dei poteri e del rispetto per la Costituzione e per lo Stato di Diritto!
Il principio cattolico apostolico romano dell'indisponibilita' della vita lo vogliono vedere trasformato in principio della Costituzione repubblicana, attraverso uno stravolgimento del diritto alla vita in obbligo alla vita artificiale. Hanno i numeri per farlo, lo faranno, ma non utilizzino sotterfugi per trasformare uno Stato laico in uno confessionale e con un'etica di Stato senza passare da una riforma della Costituzione. Devono avere il coraggio, i senatori del Popolo delle liberta', di modificare la Costituzione e sopprimere la Liberta' dell'individuo.
Non stiamo parlando di questioni eticamente sensibili, stiamo parlando di diritti civili. Noi radicali siamo a difendere la loro praticabilita' e il loro esercizio. Altri a sentenziare su cio' che e' bene e cio' che e' male e ad imporlo anche a chi la pensa diversamente!


..Anna.., 01/08/2008 15.16:


Per evitare situazioni di queso tipo, forse sarebbe il caso di fare un testamento biologico. Puo essere utile questo facsimile

link






Uno volendo potrebbe anche iscriversi all'associazione Luca Coscioni e farsi preparare da loro un testamento biologico per il quale l'associazione garantisce il rispetto con azioni civili e legali.
[Modificato da pcerini 01/08/2008 15:32]
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02/08/2008 11:54
 
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Caso Eluana. La Procura ricorre contro la Corte d'Appello. La soddisfazione di mons. Fisichella

La Procura Generale di Milano ha deciso di ricorrere contro il decreto con il quale la Corte d'Appello Civile aveva concesso al padre di Eluana Englaro, la giovane in stato vegetativo da 16 anni, di chiedere la sospensione delle cure. Contemporaneamente sempre la Procura Generale ha chiesto alla Corte d'Appello di sospendere il decreto emesso che, altrimenti, sarebbe esecutivo in qualsiasi momento. Oggi, intanto, è atteso il voto del Senato che dovrebbe decidere di seguire la strada della Camera, ovvero sollevare il conflitto di attribuzione presso la Consulta. La motivazione con cui la Procura generale milanese ha fatto ricorso è che non è stata accertata con sufficiente oggettività l’irreversibilità dello stato vegetativo di Eluana Englaro. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Roberto Piperno direttore di Medicina riabilitativa all'Ospedale Maggiore di Bologna e direttore della Casa dei Risvegli Luca De Nigris:

R. – Ci sono due zone di ambiguità: quando noi diciamo “stato vegetativo”, stiamo sempre più scoprendo che ne sappiamo veramente molto poco e stiamo scoprendo sempre più che dietro questa etichetta – basata sua una diagnosi di assenza, di consapevolezza, di relazioni con gli altri - ci sono in realtà molte situazioni diverse, alcune delle quali hanno anche delle attività di tipo cognitivo importanti, come la comprensione del linguaggio o il riconoscimento di volti. Nel concetto stesso di reversibilità, c’è poi un’altra zona di ambiguità e questo perchè la grande maggioranza dei casi diagnosticati in stato vegetativo nel corso degli anni mostrano cambiamenti. Bisogna, quindi, capire che valore si dà a questi cambiamenti: per alcuni sono importanti e determinanti, mentre per altri non sono sufficienti. E’ sempre un elemento che lascia incertezza. Se si intende tornare alla vita normale, esattamente come era prima, credo che si possa allora parlare di irreversibilità. Ma non credo che sia questo che si intende quando si parla di irreversibilità. Dovremmo allora parlare anche di cambiamenti possibili e di cambiamenti possibili ce ne sono sempre. Quando usiamo la parola “irreversibilità” dovremmo sempre essere estremamente prudenti, perchè è una condanna definitiva e chiude la porta su qualcosa di cui in realtà abbiamo ancora molte poche conoscenze.

D. – Quali sono gli strumenti che ha la medicina per arrivare ad accertare l’irreversibilità oggettiva?

R. – Io ho il dubbio se ci si arriverà mai a determinare una irreversibilità oggettiva. In questo momento, le tecnologie scientifiche ci mettono sempre più in condizione di intuire, e di intravedere delle attività cognitive che all’osservazione, alla semplice osservazione clinica non si vedono. Il fatto poi di definire una condizione di irreversibilità, ripeto, il problema sta nel dare un senso alla parola irreversibile.

D. – Ci può essere un conflitto in questo ambito tra diritto e medicina?

R. – Gli elementi di conflitto nascono quando ci sono delle ambiguità non risolte, anche nell’uso di metafore: quando si parla di stati vegetativi o di coma, si parla come di un qualcosa da cui ci si deve risvegliare, ma non è così; quando si parla di queste condizioni come di morte interrotte, ma non è così, perchè in realtà sono vite che hanno preso una strada diversa. Ma ci sono delle ambiguità anche nell’uso di parole e delle metafore che usiamo che creano, poi, veramente un problema a loro volta.

D. – La letteratura medica del passato e la casistica ci possono aiutare nel dirimere la questione?

R. – Sappiamo dalla statistica che la probabilità di evoluzione significativa dopo un anno di stato vegetativo è molto, molto, molto bassa. Esistono, però, lo stesso dei casi che si sono evoluti anche dopo questo limite. Questo non ci dà, quindi, delle certezze, ma ci dice “attenzione” e attenzione perchè ancora non sappiamo tutto.

D. – Questo è anche il suo parere?

R. – Certamente è il mio parere, poi sono delle famiglie che continuano a chiederci di andare avanti in qualche modo in questa strada, di cercare di capire sempre di più.

La vita è sempre un bene inviolabile: così in sintesi mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, a commento della decisione di ricorso della Procura generale di Milano. Lo ascoltiamo al microfono di Federico Piana:

R. – Fin dalle mie primissime dichiarazioni avevo sempre sostenuto che la sentenza della Corte d’Appello faceva acqua da tutte le parti e quindi sarebbe stata giusta una impugnazione da parte della Procura, cosa che è avvenuta. Siamo dinanzi ancora una volta a dover toccare con mano un duplice sentimento: il primo, è quello che rimette di nuovo in primo piano il valore della vita. Eluana è una ragazza che vive, non è attaccata a nessun apparecchio e non si tratta di staccare nessuna spina. Sarebbe significato soltanto non darle più da mangiare e da bere e questo sarebbe stato un crimine in ogni caso, un crimine immenso. Dall’altra parte, tocchiamo con mano che il ricorso riporta in primo piano anche il dubbio che la scienza non può dirimere, vale a dire fino a dove può intervenire la scienza, con quali certezze la scienza può dire che c’è irreversibilità di uno stato come quello che sta vivendo la ragazza, e ci riporta ancora al grande tema della inviolabilità della vita sempre, dovunque, nonostante tutto.

D. – Molti giuristi avevano paura che questa sentenza potesse creare dei pericolosi precedenti. Lei è d’accordo su questo?

R. – Questo è vero, perché una sentenza crea una giurisprudenza e quindi questo avrebbe portato a emettere, con molta probabilità, anche altre sentenze di questo genere. Questo ci riporta ancora una volta, a mio avviso, ad avere una forte attenzione su tante persone nel nostro Paese che vivono la stessa situazione. Io credo che noi dobbiamo fare il grande sforzo di essere vicini a queste persone, molto vicini ai familiari e chiedere anche con grande forza che nessuno abbia ad abbandonarli in questa condizione.

D. – Perché c’è questo accanimento contro la vita, anche se debole, anche se fragile?

R. – Io credo che ogni singolo caso porti con sé un dramma e quindi credo che nessuno di noi si possa sostituire né nel giudizio, né nelle scelte, a quella che è la condizione particolare che i familiari di questi casi vivono. Però, mi sembra che ci sia una forte pressione ideologica, una pressione che pensa che quando siamo dinanzi ad un altro concetto di vita, questa vita non meriti più di essere vissuta. C’è una visione ideologica che vuole porre come primato di tutto la libertà, ma la libertà esiste nella misura in cui c’è vita e nella misura in cui si valorizza la vita! E in ogni caso, davanti al richiamo assoluto della libertà, io penso che noi dovremmo aiutare a riflettere sul rapporto con la verità. Gli antichi dicevano, con una bella espressione: “Amicus Plato, sed magis amica Veritas” – Platone è amico, ma molto di più amica è la Verità. Io credo che la verità è condizione necessaria perché ci sia piena libertà nelle persone.

Radio Vaticana
02/08/2008 13:52
 
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Re:
MauriF, 02/08/2008 11.54:

Caso Eluana. La Procura ricorre contro la Corte d'Appello. La soddisfazione di mons. Fisichella

E te pareva,il solito pallone gonfiato (a me me sta tanto sulle palle sto Fisichella..)


La Procura Generale di Milano ha deciso di ricorrere contro il decreto con il quale la Corte d'Appello Civile aveva concesso al padre di Eluana Englaro, la giovane in stato vegetativo da 16 anni, di chiedere la sospensione delle cure. Contemporaneamente sempre la Procura Generale ha chiesto alla Corte d'Appello di sospendere il decreto emesso che, altrimenti, sarebbe esecutivo in qualsiasi momento. Oggi, intanto, è atteso il voto del Senato che dovrebbe decidere di seguire la strada della Camera, ovvero sollevare il conflitto di attribuzione presso la Consulta. La motivazione con cui la Procura generale milanese ha fatto ricorso è che non è stata accertata con sufficiente oggettività l’irreversibilità dello stato vegetativo di Eluana Englaro. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Roberto Piperno direttore di Medicina riabilitativa all'Ospedale Maggiore di Bologna e direttore della Casa dei Risvegli Luca De Nigris:

Roperto Piperno e' neurologo e fisiatra,cosa che l'articolo non specifica.

R. – Ci sono due zone di ambiguità: quando noi diciamo “stato vegetativo”, stiamo sempre più scoprendo che ne sappiamo veramente molto poco e stiamo scoprendo sempre più che dietro questa etichetta – basata sua una diagnosi di assenza, di consapevolezza, di relazioni con gli altri - ci sono in realtà molte situazioni diverse, alcune delle quali hanno anche delle attività di tipo cognitivo importanti, come la comprensione del linguaggio o il riconoscimento di volti. Nel concetto stesso di reversibilità, c’è poi un’altra zona di ambiguità e questo perchè la grande maggioranza dei casi diagnosticati in stato vegetativo nel corso degli anni mostrano cambiamenti. Bisogna, quindi, capire che valore si dà a questi cambiamenti: per alcuni sono importanti e determinanti, mentre per altri non sono sufficienti. E’ sempre un elemento che lascia incertezza. Se si intende tornare alla vita normale, esattamente come era prima, credo che si possa allora parlare di irreversibilità. Ma non credo che sia questo che si intende quando si parla di irreversibilità. Dovremmo allora parlare anche di cambiamenti possibili e di cambiamenti possibili ce ne sono sempre. Quando usiamo la parola “irreversibilità” dovremmo sempre essere estremamente prudenti, perchè è una condanna definitiva e chiude la porta su qualcosa di cui in realtà abbiamo ancora molte poche conoscenze.

D. – Quali sono gli strumenti che ha la medicina per arrivare ad accertare l’irreversibilità oggettiva?

R. – Io ho il dubbio se ci si arriverà mai a determinare una irreversibilità oggettiva. In questo momento, le tecnologie scientifiche ci mettono sempre più in condizione di intuire, e di intravedere delle attività cognitive che all’osservazione, alla semplice osservazione clinica non si vedono. Il fatto poi di definire una condizione di irreversibilità, ripeto, il problema sta nel dare un senso alla parola irreversibile.

Da un'articolo sul corriere della sera,Piperno ne parlava in modo piu' specifico,in relazione allo stato di "minima coscienza",e riguardo gli strumenti scientifici,in questo articolo http://archiviostorico.corriere.it/2007/settembre/23/affermava: «Sottoponiamo a risonanza magnetica funzionale pazienti in stato vegetativo mentre un familiare racconta loro un episodio significativo della vita passata per verificare se le aree cerebrali associate a quelle esperienze danno segni di vita. Su tredici malati, in due casi l' esame ha dato un esito interessante».

D. – Ci può essere un conflitto in questo ambito tra diritto e medicina?

R. – Gli elementi di conflitto nascono quando ci sono delle ambiguità non risolte, anche nell’uso di metafore: quando si parla di stati vegetativi o di coma, si parla come di un qualcosa da cui ci si deve risvegliare, ma non è così; quando si parla di queste condizioni come di morte interrotte, ma non è così, perchè in realtà sono vite che hanno preso una strada diversa. Ma ci sono delle ambiguità anche nell’uso di parole e delle metafore che usiamo che creano, poi, veramente un problema a loro volta.

Piperno dice che "non e' cosi'",se affemrma che ci sono delle ambiguita',che certezze ha lui nell'asserire che certi stati irreversibili "sono vite che hanno preso una strada diversa"? Lui per caso ha delle certificazioni sicure? Credo che anche le sue affermazioni siano "ambigue".

D. – La letteratura medica del passato e la casistica ci possono aiutare nel dirimere la questione?

R. – Sappiamo dalla statistica che la probabilità di evoluzione significativa dopo un anno di stato vegetativo è molto, molto, molto bassa. Esistono, però, lo stesso dei casi che si sono evoluti anche dopo questo limite. Questo non ci dà, quindi, delle certezze, ma ci dice “attenzione” e attenzione perchè ancora non sappiamo tutto.

I casi di risveglio nei casi di coma da "molti anni" sono pochi,questo Piperno non lo dice.

D. – Questo è anche il suo parere?

R. – Certamente è il mio parere, poi sono delle famiglie che continuano a chiederci di andare avanti in qualche modo in questa strada, di cercare di capire sempre di più.

La vita è sempre un bene inviolabile: così in sintesi mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, a commento della decisione di ricorso della Procura generale di Milano. Lo ascoltiamo al microfono di Federico Piana:

R. – Fin dalle mie primissime dichiarazioni avevo sempre sostenuto che la sentenza della Corte d’Appello faceva acqua da tutte le parti e quindi sarebbe stata giusta una impugnazione da parte della Procura, cosa che è avvenuta.

Che strano,i costituzionalisti non la pensano cosi',altrimenti avremmo assistito all'impugnazione di incostituzionalita' della decisione della Corte D'Appello.Le motivazioni che sono alla base del ricordo della Procura sono di altro genere.Qui Fisichella percio' appoggia motivazioni che esulano dalla incostituzionalita'.

Siamo dinanzi ancora una volta a dover toccare con mano un duplice sentimento: il primo, è quello che rimette di nuovo in primo piano il valore della vita. Eluana è una ragazza che vive, non è attaccata a nessun apparecchio e non si tratta di staccare nessuna spina.


E che prove scientifiche ha costui? La mancanza di prove certe della morte cerebrale non costituisce prova di presenza di coscienza e quant'altro,percio' e' solo una questione di prudenza (principio etico) o di fede che lo porta ad asserire quelle cose.

Sarebbe significato soltanto non darle più da mangiare e da bere e questo sarebbe stato un crimine in ogni caso, un crimine immenso.

Forse Fisichella farebbe bene a leggere qualche testo di medicina in merito alle problematiche relative all fisiologia e anche a quelle relative allo stato di "minima coscienza".

Dall’altra parte, tocchiamo con mano che il ricorso riporta in primo piano anche il dubbio che la scienza non può dirimere, vale a dire fino a dove può intervenire la scienza, con quali certezze la scienza può dire che c’è irreversibilità di uno stato come quello che sta vivendo la ragazza, e ci riporta ancora al grande tema della inviolabilità della vita sempre, dovunque, nonostante tutto.


D'accordo,e' piu' che legittimo battere il tasto dell'assenza di prove certe,ma non ci sono prove certe nemmeno di quello che lui sostiene.

D. – Molti giuristi avevano paura che questa sentenza potesse creare dei pericolosi precedenti. Lei è d’accordo su questo?

R. – Questo è vero, perché una sentenza crea una giurisprudenza e quindi questo avrebbe portato a emettere, con molta probabilità, anche altre sentenze di questo genere. Questo ci riporta ancora una volta, a mio avviso, ad avere una forte attenzione su tante persone nel nostro Paese che vivono la stessa situazione. Io credo che noi dobbiamo fare il grande sforzo di essere vicini a queste persone, molto vicini ai familiari e chiedere anche con grande forza che nessuno abbia ad abbandonarli in questa condizione.


Fisichella,prima o poi una legge sul testamento biologico verra' fatta,rassegnati,e' inutile fare del puro moralismo se nessuno ha prove certe.

D. – Perché c’è questo accanimento contro la vita, anche se debole, anche se fragile?

Questa domanda e' faziosa e contorta,mi domando se l'intervistatrice sia di parte o no.

R. – Io credo che ogni singolo caso porti con sé un dramma e quindi credo che nessuno di noi si possa sostituire né nel giudizio, né nelle scelte, a quella che è la condizione particolare che i familiari di questi casi vivono. Però, mi sembra che ci sia una forte pressione ideologica, una pressione che pensa che quando siamo dinanzi ad un altro concetto di vita, questa vita non meriti più di essere vissuta. C’è una visione ideologica che vuole porre come primato di tutto la libertà, ma la libertà esiste nella misura in cui c’è vita e nella misura in cui si valorizza la vita! E in ogni caso, davanti al richiamo assoluto della libertà, io penso che noi dovremmo aiutare a riflettere sul rapporto con la verità. Gli antichi dicevano, con una bella espressione: “Amicus Plato, sed magis amica Veritas” – Platone è amico, ma molto di più amica è la Verità. Io credo che la verità è condizione necessaria perché ci sia piena libertà nelle persone.


Quale pressione ideologica? Fisichella,portami una sola prova certa che smentisca gli assunti medici della morte cerebrale e allora si' che ne riparleremo.I dibattiti si fanno sul campo scientifico,se nessuno delle parti porta prove indonfutabili delle proprie ragioni (ed e' su cio' che lei,caro Fisichella, punta maggiormente), allora sono due le cose: o lo stato impone le cure a forza (ed e' quello che sta facendo con il ricorso della Procura) in virtu' del principio etico di prudenza,oppure lascia campo aperto al principio costituzionale della liberta' di scelta,non sono certo le sue idee da cattotalebano a decidere la questione,caro Fisichella.

Radio Vaticana




[Modificato da kelly70 03/08/2008 11:58]
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02/08/2008 20:11
 
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E te pareva,il solito pallone gonfiato (a me me sta tanto sulle palle sto Fisichella..)




Per forza...ve ne suona così tante! hehe..
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Eluana, le ragioni di un ricorso

Due esperti analizzano le argomentazioni di carattere giuridico e medico che hanno indotto i magistrati della Procura di Milano a chiedere alla Corte di Cassazione un pronunciamento sul caso Englaro. E che ridanno vigore alle speranze di far restare in vita la donna





il giurista

Massimo Vari

«In quelle pagine si riaffermano i valori della Costituzione»

DI VIVIANA DALOISO

Un ricorso che, nello spa­zio breve e lucido di po­che pagine, ripristina il valore che è alla base dell’inte­ro impianto costituzionale: quello della vita e della sua in­disponibilità. Massimo Vari, vi­cepresidente emerito della Cor­te Costituzionale, legge nel do­cumento redatto dalla Procura generale di Milano e deposita­to nel pomeriggio di giovedì in Cassazione un atto dovuto di ci­viltà giuridica, oltre che un pun­to di svolta fondamentale nel dibattito sul fine vita in corso nel nostro Paese.

Come ha accolto la notizia del ricorso presentato dalla Pro­cura di Milano in Cassazione sul caso di Eluana?

L’ho accolta con soddisfazione e speranza.

Per quali motivi?

Come uomo di legge posso af­fermare che il contenuto del ri­corso indica chiaramente qua­li sono i punti fondamentali da mettere a fuoco nella vicenda Englaro. Lo scorso 16 ottobre la Corte di Cassazione aveva ri­messo la causa alla Corte d’Ap­pello di Milano perché arrivas­se a una decisione sull’autoriz­zazione o meno a sospendere l’alimentazione e l’idratazione della ragazza sulla base di un ac­certamento in particolare: che la condizione di stato vegetati­vo fosse irreversibile in base a un rigoroso apprezzamento cli­nico e che non vi fosse alcun fondamento medico secondo gli standard scientifici ricono­sciuti a livello internazionale che potesse far supporre la ben­ché minima possibilità di un qualche – sia pur flebile – recu­pero della coscienza e di ritor­no a una percezione del mondo esterno. Ove tale presupposto non sussistesse, il giudice do­veva negare l’autorizzazione.

Che cosa è successo?

Semplicemente, che con 63 pa­gine di motivazione – una mo­le che già di per sé esprime la fragilità dell’argomentazione – i giudici della Corte d’Appello di Milano hanno deciso in manie­ra univoca su un nodo che in campo medico-scientifico è tut­tora oggetto di dibattito: dove, in presenza di uno stato vege­tativo, non esista nessuna pos­sibilità di ripresa e quindi si pos­sa porre la parola fine a una vi­ta. Una scoperta che, fosse sta­ta premio Nobel!

E invece...

E invece ha portato decisioni che entrano due volte, per così dire, in conflitto con altre com­petenze: con l’attività del Parla­mento – come è stato stabilito proprio in queste ore dalla Ca­mera e dal Senato – e con i com­piti propri della scienza e della ricerca medica. Oggi, infatti, di fronte ai progressi della scienza è difficilissimo dire quali siano i confini tra la vita e la morte e non tutti gli scienziati sono d’ac­cordo sul fatto che un stato ve­getativo permanente non pos­sa avere una regressione. Pro­prio per questo motivo se c’è un dubbio, in campo scientifico, vi­ge il principio di precauzione.

C’è, poi, la questione delle vo­lontà, o meglio – come le defi­nisce il ricorso – delle 'presun­te volontà' di Eluana...

Su questo punto il ricorso è più che mai fondato, a mio avviso per due ragioni. Primo: non si vede come il principio di auto­determinazione invocato dalla stessa Cassazione nella senten­za di ottobre possa, a un certo punto, essere delegato a terzi. Secondo: la legge garantisce sul piano civile la possibilità di ri­vedere e cambiare – per esem­pio in materia testamentaria – le volontà espresse in prece­denza.
Se Eluana lo avesse fat­to sulla propria vita?

Tecnicamente, è possibile dire quali saranno gli effetti di que­sto ricorso e della richiesta di sospendere l’esecutività del de­creto della Corte d’Appello di Milano?

Questa iniziativa cambia senz’altro il quadro della vicen­da dal punto di vista dei tempi e dei modi di attuazione. Spero che il ricorso, nella sua innega­bile fondatezza, induca la Cas­sazione a riesaminare con cura tutti gli aspetti della vicenda. Ma il significato del ricorso della Procura generale di Milano è ben più ampio.

In che senso?

Si tratta di un atto che dovreb­be indurre tutte le persone che credono nei valori, in primis quello della vita, a valutare il ri­schio dell’effetto dirompente insito in una vicenda di questo tipo. In tal senso possiamo co­gliere nel ricorso anche un ap­pello alla prudenza: se si com­pisse un atto così irreparabile quale quello di porre fine a un’e­sistenza, domani tutti ce ne pentiremmo. Vorrei aggiungere ancora che si tratta di un inter­vento che riafferma valori fon­danti della Costituzione.

A quale valori si riferisce?

A quelli dell’indisponibilità e i­nalienabilità della vita. Tutti noi, giudici compresi, non dovrem­mo mai dimenticare che la Co­stituzione mette al centro la vi­ta umana e la tutela della per­sona dalla nascita alla morte, come si ricava da vari articoli, tra i quali principalmente il 2 e il 3.

Avvenire, 2 agosto 2008

CHI È

Massimo Vari è vicepresidente emerito della Corte costituzionale, della quale ha fatto parte fino al luglio del 2002. È stato anche Presidente di sezione della Corte dei conti italiana, della quale è Presidente onorario. Ha svolto attività di insegnamento presso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, l’Università degli Studi di Roma ' Tor Vergata' , la Libera Università Internazionale degli Studi Sociali ( Luiss), ove ha tenuto corsi sulla Corte dei conti europea e sulle finanze comunitarie.
Insegna attualmente Giustizia costituzionale presso l’Università Maria SS. Assunta ( Lumsa) di Roma. Relatore in numerosi convegni internazionali ( negli Stati Uniti, in Cile, in Brasile, in Colombia, in Uruguay, in Spagna, in Egitto), è autore di saggi sui diritti umani; sull’ordinamento delle autonomie locali, sulla disciplina dei controlli sulla pubblica amministrazione, con particolare riguardo alle funzioni della Corte dei conti.

Avvenire, 2 agosto 2008




il neurologo

Giuliano Dolce

«La scienza non può escludere che vi siano miglioramenti»

DI PAOLO LAMBRUSCHI

Lo stato vegetativo non può mai essere definito «per­manente » perché la scien­za non può escludere migliora­menti nel paziente. Quindi non è irreversibile. Questa «forte rac­comandazione » alla classe me­dica di tutto il pianeta risale al 1996 e arrivò in conclusione di un importante simposio medi­co, la Conferenza di Londra su­gli stati vegetativi. Era evidente­mente stata dimenticata, alme­no in Italia, nel caso Englaro. L’ha ripescata Giuliano Dolce, il neu­rologo che, dopo una lunga e brillante carriera in Germania e nel nostro Paese, oggi è diretto­re scientifico della casa di cura Sant’Anna di Crotone, punta a­vanzata nella ricerca e cura nel Mezzogiorno. Per Dolce il ricor­so della Procura generale contro la sentenza della Corte d’Appel­lo del 9 luglio scorso, contestan­do l’irreversibilità dello stato ve­getativo, è giustificato da un principio accettato dalla comu­nità scientifica. «Prima del 1996 – afferma Dolce – la neurologia distingueva tra stato vegetativo persistente, quando esso perdura per più di un mese dall’evento, e stato ve­getativo permanente quando le condizioni cliniche rimangono invariate per più di 3 mesi per i casi di origine non traumatica e per più di 12 mesi per quelli di o­rigine traumatica. La novità scientifica, ignorata in Italia, è che tala distinzione viene aboli­ta dalla conferenza di Londra. Clinicamente e umanamente la definizione di 'permanente' è oggi superata».

E quindi, tornando a Eluana?

«Quindi ha ragione la Procura di Milano a presentare ricorso. Non metto in dubbio la buona fede dei giudici della Corte d’Appello, ma hanno utilizzato, nella sentenza che autorizza a sospendere l’ali­mentazione, concetti anteceden­ti alla conferenza londinese. Nes­suno nel 2008 può dire con cer­tezza se uno stato vegetativo è ir­reversibile e permanente.».

Nemmeno nel caso della giova­ne lecchese?

«Senta, ho visitato Eluana En­glaro sette mesi fa e come medi­co non posso affermare che mi­gliorerà, allo stato attuale delle conoscenze mediche. Tuttavia, con altrettanta onestà, non pos­so neppure escludere suoi pas­saggi allo stato superiore di mi­nima coscienza, perché le re­centi scoperte scientifiche la­sciano intravvedere nuovi oriz­zonti. Per esperienza so che ol­tre il 50% degli stati vegetativi do­po alcuni anni passa alla co­scienza minima. Di certo nessu­no si sognerebbe di uccidere u­na persona con coscienza ridot­ta la quale risponde a determi­nate sollecitazioni. Quanti anni passano in genere perché un re­cupero anche modesto avven­ga? Non lo possiamo sapere. Questo è lo spirito di Londra e vale anche per Eluana».


Quali sono i progressi della ri­cerca in questo campo?

«Banalizzo. La corteccia cere­brale ha molti neuroni, ciascuno dei quali termina con un filo che lo collega a un altro neurone. Questi fili si chiamano neuriti, mettono in comunicazione le cellule cerebrali e formano la 'sostanza bianca' sotto la cor­teccia. Lo stato vegetativo è do­vuto alla mancanza di comuni­cazione tra i due emisferi cere­brali con il tronco a causa dei danni alla 'sostanza bianca'. Oggi le nostre conoscenze su questa materia stanno miglio­rando. Sappiamo che si deve in­tervenire proprio lì. Quindi è pre­vedibile che in un tempo non lontano vi siano farmaci che consentano un recupero di mol­te funzioni. Abbiamo insomma prospettive per le gravi cerebro­patie. Medicine che migliorano le condizioni che determinano lo stato vegetativo».

Se la donna non recuperasse an­che minimamente, sarebbe leci­to sospenderle l’alimentazione?

«Assolutamente no. Tutti i pun­ti di vista su Eluana sono rispet­tabili, però la questione dell’ali­mentazione e dell’idratazione è fuori discussione: è un atto do­vuto perché questa è una perso­na disabile allo stato estremo e nessuno può permettersi di ab­bandonarla. Perché sa che mo­rirà e quindi commette un omi­cidio. Questo è il punto».

Ma c’è vita nello stato vegetativo?

«Si, Eluana e i pazienti come lei non sono vegetali. Ci sono al­meno 15 lavori scientifici pub­blicati da riviste importanti ne­gli ultimi 10 anni a dimostrare come in queste condizioni sia­no misurabili fisicamente addi­rittura le emozioni».

Come è stato provato?

«Con la risonanza magnetica e con ricerche neurofisiologiche è stato dimostrato che il cervello di questi pazienti non solo vive, ma lavora in modo abbastanza com­plesso. Riconoscono ad esempio i segnali e il tempo che passa tra un segnale e l’altro. Abbiamo re­gistrato cambi di ritmo cardiaco provocate dall’ascolto della mu­sica o dalla voce di una persona conosciuta. Quindi emozioni. So­no persone isolate dal mondo e­sterno, vivono in un loro mondo interno».

A molti non basta per definirla vita dignitosa...

«Si può pensarla in tanti modi, ma non è certo compito del me­dico stabilire la qualità di una vi­ta o se vale la pena viverla».



Avvenire, 2 agosto 2008

CHI È

Nato a Pola nel 1928 il neurologo Giuliano Dolce, è attualmente direttore scientifico della clinica Sant’Anna di Crotone. Scienziato e docente di fama internazionale, ha diretto reparti ospedalieri in Germania e in Italia nel corso della sua lunga carriera. Autore di numerosi saggi e articoli sulla vita e sul cervello in stato di incoscienza e sulla riabilitazione, tradotti in diverse lingue, è considerato uno dei luminari italiani nella cura degli stati vegetativi. Il Sant’Anna è oggi un polo di riferimento per il Sud per la speciale unità per l’accoglienza prolungata (Suap) dei pazienti in stato vegetativo. Si tratta di un centro d’eccellenza scientifica e medica ideato da Giuliano Dolce sul modello delle strutture francesi. Lì Dolce ha condotto sperimentazioni per dimostrare che queste persone provano emozioni sottoponendoli all’ascolto di brani musicali di Boccherini, Grieg, Tchaikovsky e Moussorgsky o all’ascolto della voce materna e misurandone le reazioni con tecniche sofisticate.
Nel novembre 2006 sono stati pubblicati i risultati di una ricerca che il Sant’Anna ha realizzato in collaborazione con l’Università della Calabria, che dimostra come le persone in stato vegetativo provano emozioni in seguito a sollecitazioni esterne.

Avvenire, 2 agosto 2008
[Modificato da MauriF 02/08/2008 20:20]
02/08/2008 20:27
 
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Re:
MauriF, 02/08/2008 20.11:


E te pareva,il solito pallone gonfiato (a me me sta tanto sulle palle sto Fisichella..)




Per forza...ve ne suona così tante! hehe..





Questo pallone gonfiato che si fa chiamare Fisichella approfitta del fatto che gode di spazi mediatici a cui non possono accedere i professionisti di settore che potrebbero dire la loro,infatti, il giornaletto da 4 soldi (Avvenire) riporta guarda caso sempre le opinioni che concordano con quelle del popetto senza che venga mai pubblicata una opinione contraria.

Del resto,e' stato lo stesso Rainboy ad aver risposto all'opinione di G.Dolce proprio in questo thread,e forse ti e' sfuggito,preso come sei dalla foga clericale si piazzare le opinoni pro-life.

"Nes­suno nel 2008 può dire con cer­tezza se uno stato vegetativo è ir­reversibile e permanente."

Questo parere di Vari e' mal espresso,perche' quello che piu' e' corretto dire e' che se esistono parametri e protocolli in merito alla morte cerebrale,non esistono ancora per lo stato vegetativo irreversibile,e in merito a cio' il presidente degli anestesisti V.Carpino afferma che " È opportuno dunque, e alla luce della decisione della Cassazione si rende addirittura urgente, nominare una Commissione che stabilisca parametri e protocolli, così come si è fatto in passato per la morte cerebrale» (http://www.corriere.it/cronache/07_ottobre_16/anestesisti_stato_vegetativo.shtml)



[Modificato da pcerini 02/08/2008 20:41]
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Il teologo Mancuso: libertà di scelta punto d' incontro tra laici e cattolici


MILANO - Professore, si può trovare un punto d' incontro, sul testamento biologico, tra l' etica cattolica e quella laica?
«Il punto è ragionare laicamente. Qui non si tratta di etica, si tratta di diritto. E la distinzione è decisiva». Oltre che delicata. Ma Vito Mancuso, autore del dibattutissimo L' anima e il suo destino, rappresenta un (raro) caso di teologo che ama parlar chiaro: «Prendiamo coscienza che nella nostra società ormai convivono diverse concezioni del mondo e quindi diverse etiche. Il diritto, d' altra parte, non può che essere unico e valido per tutti».

E allora?
«E allora il punto è semplice: il confine sta tra il deliberare sulla propria vita e sulla vita altrui. È lecito decidere per sé, non per gli altri. Io personalmente sono contrario a che si interrompa l' alimentazione di Eluana, ma la tragedia nella tragedia si dà proprio per l' assenza di un documento giuridicamente valido che ci dica la sua volontà: non sappiamo come la pensi lei. Per questo c' è bisogno del testamento biologico come strumento di libertà».

Da parte cattolica la libertà di scelta non è vista di buon occhio...
«Ma che potrei fare, da credente? Imporre la mia visione a chi non la pensa come me? Magari costringerlo a stare legato a una macchina? Ciò che per me può essere edificante, avere un senso, per un altro magari è una tortura. Da cattolico che ragiona per cercare un punto di accordo non vedo che la volontà di imporre con violenza un' etica. Va bene evangelizzare, un progetto culturale alla Ruini, una battaglia di idee, la lotta delle "cifre" di Jaspers. Ma l' etica, per definizione, non si impone».

E la sacralità della vita?
«La chiave di volta è pensare che la sacralità della vita è la vita libera. Questo è il senso profondo della creazione: Dio ci ha voluto liberi, perché senza libertà non c' è amore. Penso a ciò che disse il cardinale Carlo Maria Martini: la prosecuzione della vita umana fisica non è di per sé il principio primo e assoluto, sopra di esso sta la dignità umana. E dove si dà questo principio di dignità se non nel rispetto delle convinzioni altrui?».

Ma un uomo, per chi crede, può decidere della propria fine?
«Guardi, il discorso qui diverrebbe enorme. Se noi cattolici ragioniamo sul fatto che è Dio a decidere quando finisce la vita, si apre l' immane voragine delle morti insensate e assurde. Un ubriaco in auto uccide due ragazze. Un bimbo di tre anni muore di leucemia. L' ha voluto Dio? Il fine della creazione è imporre un dominio? Io non lo credo. Credo sia l' amore. E che l' onnipotenza divina dispieghi se stessa nel costruire un modo libero».

Il signor Ravasin parla di «accanimento terapeutico», è d' accordo?
«Sì. Del resto trovo artificiosa anche la distinzione tra eutanasia attiva e passiva. Per me è inconcepibile dare la morte. Ma se dopo terapie reiterate la cura è impossibile, il peggioramento progressivo e uno dice: basta...Io sono contrario, ma in base a quale principio lo Stato laico può impedirglielo?».

Vecchi Gian Guido

archiviostorico.corriere.it/2008/luglio/22/teologo_Mancuso_liberta_scelta_punto_co_9_0807220...



La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Apocalisse Laica
Le religioni dividono. L'ateismo unisce


Il sonno della ragione genera mostri (Goya)


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