Fare delle battute di spirito su una persona disperata che è ricorsa al suicidio è sempre disdicevole.
Non conosciamo i problemi di costui ed anche se li conoscessimo, non li capiremmo comunque perchè una cosa è "capire" altra cosa è viverli.
La fede non la si giudica dai "santini" e dai "rosari" che, tutto sommato, sono dei simulacri di una superstizione popolare, più che dei segni d'una fede che faccia riferimento a qualcosa di serio.
Di fronte ad un suicidio io resto sempre ammutolito, che sia stato un ateo o un credente, non importa, per me significa solo che i problemi della vita lo hanno soverchiato o, almeno, lui così sentiva. La Bibbia parla di diversi condottieri e profeti di Dio che ad un certo punto si sono arresi e cercavano la morte. La fede non ci libera dai problemi di questa vita, al massimo ci aiuta a sopportarli, ma non tutti hanno la forza di sostenerli per molto tempo: è nella nostra natura.
Un altro aspetto è quello dell'intervento di Dio.
Da nessuna parte, nella Bibbia, è scritto che Dio libererà i credenti dalla loro "croce", al contrario i credenti sono spronati da Gesù Cristo a seguirlo
con la loro "croce", non a chiedergli di liberarsene.
Una volta, la chiesa cattolica condannava i suicidi e non dava loro nemmeno una sepoltura "regolare". Oggi la psicanalisi ci aiuta a comprendere che la disperazione, il dolore, la malattia e tant'altro ancora arriva ad annebbiare la mente umana al punto da non vedere vie d'uscita, spesso anzi non vi sono vie d'uscita, e questo può portare allo sconvolgimento totale chiunque. Per questo non è possibile giudicare un suicida su una base teologica soltanto. La teologia può solo dire che è sbagliato togliersi la vita, ma né la teologia né altra cosa può essere usata per giudicare una persona che ha superato il proprio limite di sopportazione di umana sofferenza.
[Modificato da Agabo 16/10/2012 19:35]
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