Riporto un vecchio e interessantissimo post da
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by Andrea
Chiunque creda di detenere la Verità assoluta non può esimersi dall'imporla agli altri, questo è il problema dell'assolutismo.
Riporto a tal proposito una riflessione a mio avviso molto interessante del filosofo contemporaneo Severino che rispondea d una domanda di una studentessa. Benchè io non accetti la sua visione del mondo in merito all'"essere" questo pensiero sulla fede e sulla ragione mi trova pinemente concorde. Tale riflessione è precisamente pertinente al dibattito in corso sui Pacs i Dico che dir si voglia. In un sistema dove si equipara fede e ragione e dove la fede è derivata da una rivelazione divina, si finisce inevitabilmente per trasformare la società in teocrazia della peggior specie:
Non ci può essere opposizione tra ragione e fede, dice Tommaso, e sono abbastanza d'accordo con Fabrosulla sua vicinanza a Kierkegaard. Il motivo è che entrambe le cose provengono da Dio. La ragione proviene da Dio, le verità di ragione provengono da Dio, e il kerigma, cioè la rivelazione, proviene da Dio. Quindi due verità che hanno la stessa fonte non possono essere in contraddizione tra di loro. La domanda che ho sempre fatto alla cultura cattolica, ed alla quale a mio avviso questa cultura non ha ancora risposto, è questa: questa tesi dell'armonia di ragione e fede è una affermazione della ragione o della fede? Se il dire che c'è armonia tra ragione e fede è un atteggiamento di fede esso stesso, allora non si può escludere che, da un momento all'altro, emerga l'incompatibilità tra ragione e fede. Perché la fede non è un'evidenza, non garantisce. Paolo dice: la fede è "argumentum non apparentium", è l'argomento che la volontà umana dà alle cose che non appaiono, e quindi che non sono evidenti. Se invece la tesi dell'armonia di ragione e fede è una verità di ragione, allora la fede perde quel carattere soprannaturale che essa intende avere, e cioè il messaggio di Cristo diventa filosofia. Se la tesi dell'armonia di ragione e fede, ripeto, è una verità di ragione, allora il cristianesimo si tramuta nella superfilosofia, nella super-razionalità, smentendo quell'intenzione di soprannaturalità della quale parlavamo prima. Ecco, questo sarebbe il nucleo da discutere.
Se continuiamo a parlare dal punto di vista della dottrina cattolica, questi limiti sono posti dalla fede, che è la protagonista che dice alla ragione: tu sei libera, però non puoi andare contro di me. Allora succede proprio quello che stavamo dicendo prima: una ragione che è libera, ma che non può oltrepassare i limiti stabiliti dalla fede, non è una ragione libera. Quindi alla fine ciò che decide è la fede. E in campo politico - è questo il risvolto, a mio avviso, particolarmente interessante -, se la ragione autentica non può andare contro la fede, lo Stato autentico non può andare contro la fede. Detto in parole povere: perché la Chiesa condanna divorzio, aborto, eutanasia, contraccezione? Perché il concetto è questo: ciò che va contro la fede, non è semplicemente contro la fede, ma è contro la ragione umana. Se noi sviluppiamo questo punto, arriviamo a questa conclusione, con la quale credo che il nostro mondo sociale dovrà fare i conti, che uno Stato razionale, uno Stato di ragione, un vero Stato, non può essere uno Stato che oltrepassa i limiti della fede, e quindi deve essere uno Stato conforme alla fede, cioè uno Stato cristiano. Ma uno Stato cristiano è uno Stato solo se ha un sistema di leggi, la cui violazione implica la sanzione. Ma allora chi viola le leggi dello Stato deve essere perseguito socialmente e penalmente. Viene fuori lo Stato teocratico. Se lo Stato deve seguire la verità e se la verità è la verità di fede, allora chi pratica l'aborto, la contraccezione, eccetera, viola non semplicemente la fede, ma viola le leggi dello Stato, ed è perseguibile penalmente secondo queste leggi.
Oggi, l'attenzione è richiamata soprattutto sulla fede cristiana, e quindi, come sempre accade, c'è una enfatizzazione a proposito della fede cristiana, che non è giusta. Perché quello che diciamo della fede cristiana lo dovremmo dire di tutte le altri fedi. Anzi la fede cristiana ha questo pregio rispetto a tante altre fedi, di sapere molto bene in che cosa consista la propria struttura. Quando Paolo dice che la fede è "argumentum non apparentium", dà da pensare parecchio. Ora noi siamo arrivati ad un tipo di mondo, in cui tutto è fede. Quei due protagonisti del primo brano di Bergmann, sembrano l'uno il sostenitore della ragione e l'altro il sostenitore della fede. Ma propriamente sono i sostenitori di due fedi. Il primo non è il rappresentante della modernità, perché oggi il concetto di ragione non è quello che Bergmann sembra ammettere, una razionalità rigorosa senza cedimenti. Oggi la scienza di sé dice: "non sono una verità voluta, sono un sapere ipotetico". Quindi l'urto tra ragione e fede, oggi che esiste un tipo di scienza di questo genere, è molto meno traumatico di quello che poteva essere, per esempio, l'urto di una filosofia di Spinoza o di un aristotelico non credente, cioè una filosofia in senso duro, in senso di verità incontrovertibile. Oggi questo scontro non è più così drammatico, perché si tratta dello scontro tra due fedi. Ma sono fedi anche la democrazia, anche capitalismo. Einaudi diceva: "Ma la democrazia è un mito, però è un mito che serve, ha questo vantaggio di far contare le teste, invece che tagliarle. Ma contare le teste e dire: " la verità è data dalla maggioranza", è una convenzione, un mito. Quindi è un mito il cristianesimo, ed è un mito la democrazia. Si sta rendendo conto, anche il capitalismo, di essere un mito. Oggi il capitalismo non è più il patrio capitalismo delle leggi bronzee, oggi il capitalismo sa di essere una procedura economica aperta alla crisi, quindi sa di essere fede. Sa di essere fede perfino la scienza. E allora nasce lo scontro tra le fedi. L'individuo non può avere la forza intellettuale di avere un suo modo di pensare indipendentemente dalle grandi convinzioni religiose, dalle grandi convinzioni culturali che ci sono in circolazione. L'individuo è plongé, è immerso in queste convinzioni. Quindi l'individuo di cui parla lei è un individuo tirato da tutte le parti dalle grandi fedi che si scontrano. E come decidono il loro scontro? Ormai in base al criterio della forza. Se la situazione è questa, se stiamo alla communis opinio, allora l'individuo andrà là dove esisterà la fede che riesce a catturarlo con più forza delle altre fedi. Ma non si dovrà parlare di razionalità della fede vincente. Una fede è vincente non perché ha più ragione delle altre, ma perché ha più forza delle altre, perché riesce a convincere di più, dove la forza non è semplicemente la forza bruta, ma è anche la capacità di convinzione.
STUDENTE: Se lo Stato si fonda su una ragione prettamente laica, e la religione invece su una ragione vincolata alla fede, come trova giustificazione la teocrazia?
Dal punto di vista della democrazia moderna, della concezione moderna dello Stato, non ha nessuna giustificazione. Prima accennavo alle conseguenze inevitabilmente teocratiche della teoria apparentemente innocente dell'armonia di ragione e fede. Quindi, dal punto di vista della cultura moderna, la cultura teocratica è una forma di assolutismo razionale e politico. Chi crede di avere la verità assoluta, vuole imporla anche agli altri.
STUDENTE: Lei non pensa che uno Stato laico debba essere completamente svincolato da questioni di fede, da problemi religiosi?
In America è successo questo. Il presidente Jefferson ha detto: signori miei, le vostre convinzioni religiose tenetevele in casa, lo Stato deve procedere indipendentemente dalle convinzioni religiose. Oggi c'è anche un filosofo americano Richard Rorty, che dice: "Ma anche la filosofia è pericolosa, teniamocela tra le mura domestiche. Facciamo politica indipendentemente dalle convinzioni filosofiche". Quindi niente religione, niente filosofia in uno Stato laico. Questa è la tendenza che va prendendo piede. Quando prima accennavo le conseguenze pratiche della dottrina cattolica, non accennavo a qualche cosa che è destinato a prevalere su altre posizioni, ma a qualche cosa che è destinata a entrare in conflitto con le concezioni laiche dello Stato. Sono profondamente persuaso che la laicità oggi è trionfante.
STUDENTE: Ma non è impossibile per un fedele che il campo della ragione di fede non invada quello della ragione di Stato?
Certo. Questo è anche il consiglio che l'attuale Pontefice ha dato. Ha detto: l'uomo è uno. E' insieme cittadino e fedele. E' proprio il discorso che facevamo prima: in quanto fedele non può comportarsi da cittadino, contrariamente alla propria fede. Pensa al problema della scuola privata. La scuola privata, che dovrebbe essere la vera scuola di Stato dal punto di vista della chiesa, è una scuola che non può impartire insegnamenti contrari alla verità cristiana. Ecco, non penso che questa sia la direzione vincente, anche se oggi il cristianesimo, e soprattutto il cattolicesimo, crede di essere in rimonta. E' una fase transitoria della rimonta, di questo pur grande atteggiamento culturale, che è il cristianesimo.
[Modificato da pcerini 01/09/2008 11:54]