00 29/09/2008 17:33

A Pecetto (TO) la famiglia Bosso è stata scomunicata “ad aeternum” fin dal 1233, epoca di Gregorio IX, “compresi tutti i successori maschi, empi e sacrileghi nativi fra le case di Pecetto”. Anche se il Vaticano afferma che la scomunica in eterno è decaduta, da sempre quella famiglia per aggirare il divieto fa nascere i propri figli fuori dal territorio del comune incriminato, in modo da battezzarli in paese. Il sacerdote locale glissa: dice di non aver letto le antiche documentazione e di aver saputo dai concittadini di questa scomunica, che “non è mai stata revocata - per farlo ci vogliono procedure lunghe ed antiche. Ma ormai siamo tutti figli del Concilio Vaticano II, la Chiesa certe cose le ha superate”.

La storia ha origine nel Medioevo: gli antenati di questa famiglia nel 1232 furono incaricati dal potestà della zona di compiere una rappresaglia contro gli abitanti del comune vicino di Testona che avevano distrutto alcuni vigneti. Questi però esagerarono, saccheggiando Testona, bruciando il campanile e rubando le campane e il contenuto della Chiesa (libri, paramenti, oggetti vari). La Chiesa quindi emanò una scomunica in eterno contro di loro, estesa ai discendenti.

Dal 1571, prima di impartire il battesimo ai nuovi nati della famiglia, i sacerdoti leggevano una supplica voluta dal cardinale Della Rovere. Solo ora i neonati vengono battezzati senza problemi, dato che, spiega il sacerdote: “Il primo pilastro della vita cristiana è l’accoglienza”. Dopo 7 secoli.

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