00 25/06/2010 18:12
“Nulla è più pericoloso per l'anima che occuparsi continuamente della propria insoddisfazione e debolezza”.
(Hermann Hesse)

“Spezzate, spezzate, ve ne prego, le tavole degli eterni malcontenti!”.
(Friedrich Nietzsche)

“La responsabilità del poeta e dello scrittore è quella di aiutare gli umani a tener duro elevando il loro cuore, ricordando loro il coraggio e l’onore e la speranza e l’orgoglio e la compassione... la sua voce non può soltanto registrare, ma deve essere uno dei sostegni, dei pilastri per aiutarli a tener duro e a prevalere”.
(William Faulkner, premio Nobel per la letteratura.)

Ecco, tanto Hesse quanto Nietzsche che Faulkner ci dicono inequivocabilmente che una cultura non può limitarsi alla critica e all’indignazione, non può soltanto mostrare le disfunzioni, i problemi, le mancanze, le sgradevolezze intorno. Se un filosofo o uno scrittore non sente di dover in qualche modo creare un ponte fra gli esseri umani (o almeno qualche essere umano) e quelle forze che spingono la vita ed evolvere, allora quel filosofo o scrittore può essere profondo e intelligente finché volete, ma non è all’altezza del suo compito. C’è in ogni evoluzione un lato oscuro: ma vedere il lato oscuro senza vedere l’evoluzione non è intelligente, è patologico.

Tanti -soprattutto qui da noi- ancora oggi identificano l’intelligenza con il pensiero critico, tanti ritengono che si appare più intelligenti se si dice che intorno tutto è volgare e insensato. A me questa intelligenza appare -mi sforzo di essere educato- limitata e sterile. E’ chiaro che ogni innovazione presenta prezzi da pagare, spiacevoli effetti collaterali, dolorose perdite: ma è così che tutto funziona, è così che tutto avanza. Nemmeno l’evoluzione più impetuosa e radicale debellerà mai interamente cattivi modi di pensare, malvagità, volgarità, soprusi, superstizioni, mancanza di carattere. Ma se uno guarda il grandioso mutamento che stiamo vivendo dalla parte della critica, è perché è scollegato dalla vita che crea, che avanza, che evolve.

In questo senso anche l’opposizione, la resistenza, la denuncia indignata, sono comprensibili e spesso giustificate, ma alla fine non ci portano da nessuna parte. Ci sono sistemi, poteri, governi, che fanno di tutto per farsi detestare: ma se ci limitiamo a ripetere quanto sono cattivi, finiamo per esserne eternamente prigionieri e speculari. In un certo momento storico è stato fondamentale costruire una comune piattaforma per tutta la sofferenza e il disagio: ora –senza affatto dimenticarci la sofferenza e il disagio- è il momento storico di costruire una piattaforma delle energie inventive e innovative, della nostra possibilità di servirci del mutamento per proporre nuove, più avanzate soluzioni. Soltanto così possiamo essere all’altezza di Hesse, di Nietzsche, di Faulkner, e innanzitutto di noi stessi.

(Franco Bolelli - 25 giugno 2010)