00 16/12/2010 19:13
di Giampaolo Barra

Documenti storici 1

24. In ogni caso, pur sfrondando il testo di tutti i toni elogiativi ed apologetici, resta il fatto che Flavio Giuseppe ha sentito parlare di Gesù, dei cristiani e, da storico, ne scrive senza mettere in dubbio la sua esi­stenza.

25. Ma qualche anno fa, uno studioso ebreo è riuscito a scoprire la probabile versione originale del Testimoniurn Flavianum. Ce ne dà notizia Vittorio Messori: "Nel 1971, una scoperta forse decisiva è venuta dal prof. Shlomo Pinès dell'Università Ebraica di Gerusalemme. Come titolò il suo articolo il 14 febbraio del 1972 il quotidiano International Herald Tribune «Gli ebrei portano le prove dell'esistenza di Gesù». Il prof. Pinès, infatti, notò per primo che del testo su Cristo nelle antichità si possedeva un'altra versione, diversa da quella giudicata inquinata delle edizioni classiche. Quella versione è contenuta in un'opera araba del X secolo, la Storia Uni­versale di Agapio, vescovo di Hierapolis in Siria. Agapio riporta il Testimo­nium Flavianum senza quelle espressioni di fede che lo facevano rifiutare dagli studiosi. Ora, osserva tra l'altro Pinès, sembra incredibile che un vescovo cristiano abbia minimizzato il testo di Flavio Giuseppe, togliendogli (se c'erano) i termini lusinghieri su Gesù. Inoltre, varie testimonianze di autori antichi (Origene, Girolamo, Michele il Siriano) sembrano confer­mare che il professore ebreo contemporaneo avrebbe davvero scoperto la ver­sione originale della testimonianza di Flavio. Se è così, dice Pinès, "abbiamo qui la più antica testimonianza scritta, di origine non cristiana, che riguardi Gesù". (...)

Ecco il brano di Flavio Giuseppe, così com'è riportato da Agapio, nella versione dell'Università Ebraica di Gerusalemme: "A quell'epoca viveva un saggio di nome Gesù. La sua condotta era buona, ed era stimato per la sua virtù. Numerosi furono quelli che, tra i Giudei e le altre nazioni, divennero suoi discepoli. Pilato lo condannò ad essere crocifisso e a morire. Ma coloro che erano divenuti suoi discepoli non smisero di seguire il suo insegnamento. Essi raccontarono che era apparso loro tre giorni dopo la sua crocifissione e che era vivo. Forse era il Messia di cui i profeti hanno raccontato tante meraviglie" (VITTORIO MESSORI, Ipotesi su Gesù, XV edizione, SEI, Torino 1977, pp. 238­239).

26. Anche in questa versione, purificata dalle interpolazioni dell'i­gnota mano cristiana, risulta evidente che Flavio Giuseppe non poneva in discussione l'esistenza reale di Gesù. Il dato è di fondamentale impor­tanza, perché ci è offerto da uno storico non cristiano e proviene da un ambiente che, se è certo dell'esistenza di Cristo, non ne accoglie il mes­saggio: è quindi un ambiente non interessato.

27. Questa testimonianza segna un punto a favore della reale esi­stenza storica di Cristo. Ve ne sono altre.

28. Due decenni dopo, verso il 112 d.C., il governatore Plinio il Giovane scrive una lettera all'imperatore Traiano. In essa non si parla di Gesù, ma si accenna ai cristiani i quali, in Bitinia (Turchia), regione posta sotto il suo comando, erano "abituati a radunarsi prima del levare del sole, per cantare un carme a Cristo come a un Dio" (Epist., X, 96).

29. Plinio chiede lumi all'imperatore riguardo l'atteggiamento da tenere nei confronti dei cristiani. Sa che, in base alla legge, vanno con­dannati con l'accusa di empietà, perché rifiutano di credere nella reli­gione ufficiale dell'impero e mancano di rispetto verso l'imperatore. Denuncia, inoltre, che i Cristiani sono in gran numero nelle città e nelle campagne, ma reputa innocue le loro riunioni e sa che con giuramento si obbligano a non commettere furti, a non commettere adulterio, a resti­tuire i prestiti e a non tradire la Fede.

30. La lettera di Plinio all'imperatore Traiano "è la più antica testi­monianza pagana sulle assemblee liturgiche dei Cristiani primitivi e sul­l'Eucaristia" (MARTA SORDI, I cristiani e l'impero romano, Jaka Book, Milano 1984, p. 67).

31. La risposta di Traiano non si fa attendere. Noi la conosciamo ed abbiamo così fra le mani il "più antico documento ufficiale sui rapporti fra il Cristianesimo e lo stato romano" (MARTA SORDI, op cit., p 67). L'imperatore dispone che i Cristiani non devono essere ricercati, ma pos­sono essere perseguitati solo se denunciati da qualcuno purché non ano­nimo, salvo che, sacrificando agli dei dell'impero, non rinneghino la loro Fede.
il primo tratta della morte onorevole di Giovanni Battista (Antichità giudaiche, XVIII, 116-119);

- il secondo informa della morte di Giacomo, che Flavio Giuseppe quali­fica come "fratello di Gesù chiamato il Cristo" (ivi, XX, 200);

- il terzo, il più noto, è conosciuto come "Testimonium Flavianum".

21. Riportiamo il Testimonium Flavianum perché è sommamente importante ai fini del nostro discorso: "Ora, ci fu verso questo tempo Gesù, un uomo sapiente, seppure bisogna chiamarlo uomo: era infatti facitore di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità. E attirò a sé molti Giudei, e anche molti dei Greci. Costui era il Cristo. E avendo Pilato, per denuncia degli uomini principali fra noi, punito lui di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti comparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già detto i divini profeti queste e migliaia d'altre cose mirabili riguardo a lui. E ancora adesso non è venuta meno la tribù di quelli che, da costui, sono chiamati i Cristiani" (Antichità giudaiche, XVIII, 63-64).

22. Come emerge da questa testimonianza, Flavio Giuseppe, alla fine del primo secolo, sarebbe stato a conoscenza non solo dell'esistenza di Cristo, ma anche dei suoi poteri, della sua funzione messianica e di quello straordinario avvenimento che va sotto il nome di risurrezione dai morti.

23. Tutto questo, in realtà, è apparso eccessivo a molti studiosi, cui non è piaciuto anche il tono elogiativo nei confronti di Gesù; tono che difficilmente un giudeo non cristiano avrebbe usato nei confronti del Nazareno. Ecco perché alcuni storici ritengono che questo passo sia stato interpolato da una ignota mano cristiana prima di giungere a Eusebio di Cesarea, il grande storico della Chiesa del IV secolo, che lo riporta nella sua celeberrima Historia Ecclesiastica (I, II).



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Discendiamo all'inferno fin che siamo vivi (cioè riflettendo su questa terribile realtà) - diceva Sant'Agostino - per non precipitarvi dopo la morte".
nell'aldilà