SASSARI - E' stata una morte "tranquilla" (con l'aiuto solo di alcuni sedativi) e improvvisa quella che poco dopo le 22 di una caldissima e afosa giornata di luglio ha posta la parola fine alle sofferenze di Giovanni Nuvoli, che negli ultimi mesi aveva raccolto il "testimone civile" lasciato da Piergiorgio Welby. Entrambi erano malati di sclereosi laterale amiotrofica, gravissima patologia degenerativa che colpisce un gruppo specifico di cellule del midollo spinale (i motoneuroni) causando una progressiva atrofia muscolare che porta a una paralisi progressiva dei quattro arti e dei muscoli deputati alla deglutizione e alla parola.
Come Welby, anche Giovanni Nuvoli da tempo si batteva per ottenere il rispetto di una sua volontà precisa: "voglio morire senza soffrire, addormentato". Sono le parole che il 24 aprile sono risuonate dal sintetizzatore vocale, l'apparecchio di cui è stata dotato dopo che per lunghi mesi l'unico modo di comunicare con la moglie Maddalena Soro era un battito di ciglia per indicare le lettere dell'alfabeto su una lavagna di plexiglas. Ma questo suo desiderio, al contrario di quanto successo con Welby, non aveva finora trovato qualcuno che lo esaudisse, anche perché i riflettori che da tempo si erano accesi sul suo caso avevano fatto sì che le autorità prestassero una "discreta" ma costante vigilanza per evitare un "bis". Una ripetizione, con conseguente strascico polemico della vicenda di cui è stato protagonista l'anestesista Mario Riccio che interruppe la ventilazione meccanica aiutando Piergiorgio Welby a morire e che, per un vero caso del destino, proprio ieri il Gup di Roma ha prosciolto dall'accusa di "omicidio del consenziente".
Come aveva rivelato nei giorni scorsi Marco Pannella, un tentativo per raccogliere l'appello di Giovanni Nuvoli era stato fatto l'11 luglio, quando un anestesista era pronto a staccare il respiratore, ma era stato bloccato dall'intervento dei carabinieri. Così una vicenda che si trascinava da mesi (14 di ricovero a Sassari e poi dal 6 aprile ritorno e assistenza nella sua casa di Alghero) si è risolta per un fatto "naturale". "Giovanni ha finito di soffrire, si è lasciato morire", ha spiegato la moglie, precisando che al momento del decesso il respiratore era in funzione e che la morte è stata una conseguenza del progressivo peggioramento delle condizioni dell' ex arbitro di calcio di 53 anni che da alcuni giorni aveva ripreso a rifiutare cibo e acqua.
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