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Religione, magia e scienza nel rinascimento italiano

Ultimo Aggiornamento: 16/08/2007 12:32
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Galileo


In quanto siamo andati dicendo, la Chiesa non interveniva praticamente mai. Non vi erano messe in discussione del Dio. La stessa Trinità veniva addirittura localizzata nel mondo, il lavoro dei filosofi della natura che abbiamo incontrato sembravano addirittura di fare esercizio religioso nelle loro elaborazioni. Lo scienziato era pertanto in sé un cristiano in quanto esaltava il Signore e la sua opera.

Con Galileo (1564 - 1642) iniziamo ad intravedere uno sforzo possente di laicizzazione dello studio della natura. Galileo spoglia ogni suo argomento da misticismo, alchimia, ermetismo, astrologia. Non poteva togliere di mezzo la Chiesa ma, certamente non vi sono richiami ad essa nella sua opera scientifica. Credo che solo dopo aver fatto la rassegna precedente, si possa capire molto meglio che cosa è significata l'opera di Galileo.

Galileo risente molto, nei suoi lavori, di una vita fatta a contatto con il mondo degli artigiani e degli architetti. La sua non è una formazione di tipo esclusivamente accademico. Le sue numerose lettere testimoniano rapporti con fontanieri, architetti, costruttori di acquedotti, di fortificazioni. La sua formazione è principalmente meccanicistica, proviene essenzialmente dal filone di Archimede. Nel dir questo non affermo che egli sia immune dalle suggestioni e dalla cultura dell'epoca. Vi sono dei passi, molto pochi per la verità, in cui si può ritrovare un certo platonismo con l'esaltazione della matematica, fatto, quest'ultimo, che giocherà un ruolo fondamentale proprio nel momento in cui questa matematica si salderà con la parte osservativa e descrittiva della tradizione aristotelica.

Intanto Galileo è un avversario durissimo dell'astrologia, nonostante insistenze di vari principi ed addirittura dell'Ambasciatore del Re di Francia che gli chiedeva oroscopi per Sua Maestà, egli seppe sempre dire di no. Nessuno storico e nessun testo originale porta traccia di un qualche oroscopo di Galileo. Ho trovato solo un cenno, ma non corredato da alcuna indicazione bibliografica, in M. Boas ("Persino Galileo fece oroscopi per il suo mecenate, il granduca di Toscana" e questo brano è ripreso letteralmente da Paolo Rossi). Egli subisce però il fascino del Sole e della luce che si può ritrovare nella lettera a monsignor Pietro Dini del 23 marzo 1615. Ma il tentativo qui e altrove è manifestamente un modo per convincere un prelato del primato del Sole sulla Terra. In questa lettera si richiamano passi di cristiani che hanno parlato del Sole come del dispensatore di luce e calore fecondo. Questa volta il riferimento è al Salmo 73 dal quale trae elementi per esaltare il potere della luce ed al Beato Dionisio Areopagita del quale cita un passo di esaltazione del Sole. E lo stesso Galileo aggiunge che si può affermare che questo spirito fecondante e questa luce diffusa per tutto il mondo hanno concorso per unirsi e fortificarsi nel corpo del Sole, per questo motivo collocato nel centro dell'universo, e perché poi, ritornato più splendente e vigoroso, ritornasse a diffondersi. La lettera prosegue con il fatto che in questo Sole egli ha trovato delle macchie (materie tenebrose) e questo solo fatto di per sé esclude le premesse di Sole inteso come lo facevano Copernico e Kepler. E la conclusione ne mostra gli intenti: il Sole merita di essere considerato al centro del mondo. Ma d'altra parte sullo stesso argomento andrà avanti con la lettera a Cristina di Lorena. Questa volta l'ispiratore sarà Sant'Agostino, proprio quello che, nell'ambito della Chiesa, più si era opposto alle pratiche magiche ed all'ermetismo. Il richiamo a Sant'Agostino è di nuovo strumentale. Serve a Galileo un cuneo per scalfire quel qualcosa che per la prima volta esclude Dio dai meccanismi dell'universo, esclusione che marginalizza l'intera Chiesa. E Galileo è molto esplicito: tutto ciò che concerne la natura ed è trattato dalla Bibbia può e deve essere sottoposto ad indagine sperimentale. Non vi sono più tabù. Non è più la Chiesa l'intermediario per comprendere il mondo e, di più, addirittura la Bibbia.

Del resto, più volte Galileo mostrò fastidio per le cose che scriveva Kepler (e consimili). È stato addebitato a Galileo il non aver compreso l'importanza delle leggi di Kepler. In realtà non le aveva capite nessuno e basta affacciarsi alle prose dei due autori per capire le abissali differenze che li dividevano. Galileo più volte ebbe a dire che quanto sostenuto da Kepler fosse "piuttosto a diminutione della dottrina del Copernico che a stabilimento". In altri passi sostenne:

"Io non posso sottoscrivere l'idea degli astri, né dei calori temperati, né l'azione predominante delle qualità occulte, né altre vane immaginazioni come quelle che sono tanto lontane dall'essere, o dal poter essere, cause delle maree, poiché, al contrario, è la marea causa di esse" (citato da Kearney).

"Quello che avrei desiderato nel Gilberti, è che fusse stato un poco maggior matematico ed in particolare ben fondato nella geometria, la pratica della quale lo avrebbe reso men risoluto nell'accettare per concludenti dimostrazioni quelle ragioni ch'ei produce per vere cause delle vere conclusioni da sé osservate" (Dialogo).

Ma è Dio nell'interesse di Galileo. Egli lo descrive come artigiano, architetto e matematico:

"Il ricorso al gran libro della natura, che è l'oggetto proprio della filosofia ... nel cui libro... essendo opera di Dio onnipotente ... questo ricorso è più decisivo e nobile lì dove si rivela tutta la sua grandezza ed abilità"

"Supponiamo che tra i piani dell' Architetto Divino..."

"Io dico che la saggezza umana capisce alcune proposizioni in modo perfetto ed è assolutamente certa di esse come della stessa natura; e queste sono le scienze matematiche pure, cioè: la geometria e l'aritmetica. Di esse la Sapienza Divina conosce infinitamente più proposizioni, perché le conosce tutte".

A ciò occorre aggiungere la profonda critica che Galileo portò al finalismo insito nel mondo di Aristotele, critica che passò attraverso le osservazioni dello sciocco Simplicio.

Non c'è altro da aggiungere su Galileo. Certamente egli non usò mai spiegazioni metafisiche a fatti fisici. Se si toglie il Dio ora citato dalla sua opera ella resta intatta. Il riferimento ad esso è quasi canonico in qualunque opera del suo tempo. Egli lo cita ma ne fa a meno sempre. Fatti naturali vengono fatti discendere solo da cause naturali e Galileo tenterà teorie solo là dove è in grado di sperimentare. Dovunque egli non ha argomenti tralascia ipotesi e rimanda ad esperimenti futuri con la frase: "Non mi par tempo ora ...".

Si tratta di una svolta radicale che però non avrà seguitori tra gli scienziati che oggi riconosciamo come più noti tra i contemporanei e gli immediati successori dello stesso Galileo. Un esempio di reintroduzione della metafisica nella filosofia della natura avverrà proprio con Descartes.


www.fisicamente.net/index-76.htm



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Descartes


Descartes (1596 - 1650) è uno dei pensatori che più ha affidato alla metafisica le sue affermazioni sulla scienza della natura. Nonostante gli sforzi di Koyré, l'immagine dello scienziato francese è fortemente legata alla metafisica proprio perché con essa va a spiegare fatti naturali. Anche qui farò alcuni esempi per capire il senso dello stravolgimento del lavoro di Galileo che viene operato, stravolgimento che sarà anche di altri ed al quale il solo Huygens si sottrarrà, risultando quest'ultimo l'unico scienziato dell'età barocca che si muove nella tradizione galileiana. Leggiamo qualche brano di Descartes:

"...fisserò qui due o tre delle principali regole secondo le quali è da ritenere che Dio faccia agire la natura del nuovo mondo, sufficienti, credo, per farvi conoscere tutte le altre.

La prima è: che ogni parte della materia in particolare persiste nel medesimo stato finché l'urto delle altre non la costringe a mutarlo....

Suppongo come seconda regola che, quando un corpo ne spinge un altro, non possa comunicargli alcun movimento senza perderne contemporaneamente altrettanto del proprio; né sottrarglielo senza aumentare il proprio nella stessa misura....

Ora le due regole derivano evidentemente solo da questo: che Dio è immutabile e che, con l'agire sempre alla stessa maniera, produce sempre lo stesso effetto. Infatti, supponendo che nell'atto stesso di crearla, Dio abbia posto in tutta la materia in generale una certa quantità di movimenti, a meno di negare che egli agisca sempre allo stesso modo, bisogna ammettere che ne conservi sempre la stessa quantità. Supponendo pure che da quel primo istante le diverse parti della materia in cui i movimenti si sono trovati variamente distribuiti abbiano cominciato a conservarli o a trasmetterli dall'una all'altra, a seconda della loro forza, bisogna necessariamente concludere che Dio le fa continuare sempre allo stesso modo. Le due regole vogliono dire questo.

Ne aggiungerò una terza: che quando un corpo si muove ...le sue parti, singolarmente prese, tendono sempre a continuare il loro [movimento] in linea retta....

Questa regola poggia sullo stesso fondamento delle altre due e dipende solo dal fatto che Dio conserva ogni cosa mediante un'azione continua..."

A parte questi brani esplicativi di quanto sostenevo non occorre dimenticare che questo scienziato, passato alla storia come razionalista, si dilettava con armonie dell'universo, con la sua unità e con tutte le suggestioni magiche del suo tempo, anteponendo immaginazione a ragione.

Non c'è dubbio che Descartes fu il primo a sostituire un intero sistema del mondo, come realizzato da Aristotele e cristianizzato da San Tommaso, con un altro completamente differente che si muoveva sulla strada del completo rinnovamento. L'elemento principe resta la comunicazione di tutto ciò che si conosceva. Sulla tradizione aperta da Galileo, non vi erano più pratiche segrete o questioni per iniziati. Per altri versi Descartes tenta l'integrazione delle novità scientifiche con la metafisica, con la religione. Anche in Descartes, come del resto già visto, Dio è non solo artefice ma perennemente presente nel mondo. È egli, sulla linea Archimedea, un Ingegnere, un Architetto del creato. Ma ogni cosa è in gran parte sostenuta da ragionamenti deduttivi che lo legano pienamente alla tradizione aristotelica. Anche se pensò ad un mondo di un continuo di particelle che, spinta la prima, originano un moto a vortici alla base di tutto l'universo, rifiutò le estreme conseguenze della filosofia atomistica (in accordo con il disprezzo che ad essa riservava Aristotele) come ad esempio l'esistenza del vuoto ( e qui neppure riuscì ad usare delle cose che Marsenne, suo maestro, veniva a spiare in Italia e particolarmente nella bottega di Torricelli). Allo stesso modo non si espresse mai con chiarezza a favore dell'eliocentrismo.

Vi è un altro aspetto da sottolineare. Descartes era certamente un gigante della matematica ma costruisce la sua teoria del mondo a vortici senza che in essa intervenga minimamente, tutto l'argomentare è parto di una logica deduttiva alla Aristotele. La matematica vive in un comparto separato della filosofia della natura.

Come già accennato il suo Metodo è però l'uscita definitiva dal mistero, dalle cose criptate. Spariscono le armonie delle sfere, spariscono le cause finali. Si apre alla possibilità di un universo laico:

"Non tenteremo di cercare le ragioni dei fatti naturali nel fine che Dio o la natura si proposero al crearli (le cause finali), perché non dobbiamo presumere di essere partecipi dei piani divini, ma solo considerare la causa efficiente di ogni cosa" (Principia Philosophiae).

In ogni caso, per Descartes, la fisica deve discendere da una metafisica.. È l'esistenza di Dio che rende possibile la conoscenza scientifica e ciò in quanto questa ultima è basata su dei fatti certi. E la cosa si chiude su se stessa in quanto la prova dell'immortalità dell'anima si può rintracciare proprio nella fisica. In definitiva la conclusione è quella da cui partivo più su: la certezza di tutti gli enunciati della conoscenza dipende dalla nostra certezza dell'esistenza di Dio. Dice Descartes:

"In effetti, poiché Dio è la vera causa di tutto ciò che è o potrebbe essere, è evidente che il miglior modo di fare filosofia che possiamo adottare, potrebbe essere di tentare dedurre la spiegazione delle cose create da Dio a partire dalla nostra conoscenza di Dio stesso, e così conquistare la scienza più perfetta, che è la conoscenza degli effetti attraverso le loro cause" (citato da Clarke).



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Newton


Con Newton (1642 - 1727) possiamo concludere la breve rassegna dei personaggi più noti che, pur immersi a vari livelli in una cultura misticheggiante, riuscirono poco a poco ad affrancare l'osservazione scientifica dai piombi metafisici, per portarla alla laicità che acquistò a partire dal secolo XVIII.

È straordinario che si debba parlare di Newton. Tanto straordinario che la recente uscita in Italia di uno studio di M. White ("Newton: l'ultimo mago", Rizzoli 2001), ha fatto solo menzionare il lavoro nelle recensioni di "Le Scienze", come se si trattasse di una qualche denigrazione. Nessuno in nessuna delle cose dette vuole togliere meriti ormai universalmente riconosciuti a tutti. Il tentativo è proprio quello di far intendere le difficoltà che si sono dovute superare per affermare la razionalità scientifica. E ciò attraverso cammini tortuosi, mai lineari e sempre infarciti della cultura del tempo. In questo senso, davvero, l'opera di Galileo risulta particolarmente straordinaria.

Ma torniamo al Newton meno noto, al mago, secondo la definizione di White.

Egli, all'inizio della sua produzione scientifica, si mostrò influenzato dal meccanicismo di Descartes e del suo connazionale Hooke. Nel 1666 mostrava che la luce è scomponibile nei vari colori ed in tal modo distruggeva quell'immagine che ad essa era associata, di manifestazione divina. Ma il clima intellettuale dell'Inghilterra stava mutando proprio in quegli anni. Il meccanicismo inglese, l'opera di Hobbes, avevano provocato profonde crisi di rigetto e, particolarmente, il bisogno di riconquistare un qualche rapporto con la divinità. Newton fu partecipe di tale cambiamento di clima come mostra, appunto, il complesso della sua opera nota e meno nota.

Due storici britannici, Rattansi e Mc Guire (1966), hanno ritrovato una bozza dello scolio alla Proposizione VIII dei "Principia" in cui Newton sosteneva quelle che erano le sue credenze religiose. Egli in pratica affermava di aderire alla filosofia pitagorica, alle proporzioni perfette ed alle armonie. Queste proporzioni dovevano anche riguardare i cieli, i 'pesi' dei pianeti e le distanze reciproche. Descrivendo un esperimento, attribuito a Pitagora, secondo cui dei 'pesi' legati a delle viscere penzolanti da animali le allungavano in maniera inversamente proporzionale alla loro distanza dal 'centro' dell'animale, attribuiva a Pitagora la scoperta della legge dell'inverso del quadrato che egli stesso aveva fornito. Nel successivo scolio, quello alla Proposizione IX, Newton sosterrà esplicitamente:

"A qualcuna di queste leggi sembra abbiano fatto cenno i filosofi antichi quando chiamarono Dio 'Armonia' e rappresentavano il suo potere dinamico con l'immagine musicale del Dio Pan suonando il flauto e attribuivano musica alle sfere rendendo armoniche le distanze ed i movimenti dei corpi celesti e rappresentando i pianeti con le sette corde dell'arpa di Apollo".

Inoltre, nel suo "Sistema del Mondo", Newton fa risalire la teoria copernicana agli antichi maestri, ma non a quelli noti come Aristarco, ma a Platone ed all'antica sapienza degli egiziani "che rappresentavano con riti sacri e geroglifici, dei misteri che andavano al di là della comprensione popolare".

Si è anche osservato che la matematica di Newton indulge troppo alla geometria quando ormai i tempi erano maturi per gli infinitesimi di cui Leibniz sarà portatore.

Ed ecco che il Dio Architetto e Ingegnere di Galileo diventa altra cosa, allo stesso modo del Dio Meccanico di Descartes: Dio entra ora nel mondo per regolarlo da dentro, la stessa natura è Dio. È una sorta di mediazione quella che fa Newton, tra il Dio Artista ed il Dio Ingegnere. Questo Dio, come Newton afferma nello scolio generale dei Principia, interviene anche a rifornire di "energia" qualche pianeta che ne avesse persa un poco nel suo moto (occorre però notare che lo Scolio generale fu introdotto da Newton nella seconda edizione dell'opera, poiché la prima edizione, senza la presenza costante di Dio, aveva sollevato moltissime critiche). Questo è il significato che occorre assegnare alle proprietà che Newton fornisce allo spazio ed al tempo; particolarmente lo spazio è il "sensorium Dei". Ed a questo proposito è utile entrare su una controversia che si ebbe con Leibniz relativamente alle "forze" attrattive che Newton pone alla base della sua gravitazione universale. Certamente Newton prese le mosse dalla tre leggi di Kepler e dalla caduta dei gravi studiata da Galileo. Tutto ciò parrebbe una sorta di deduzione teorica da fatti sperimentalmente accertati. In realtà resta (ancora oggi) il problema delle forze. Di cosa si tratta ? Lo stesso Newton ne fornisce una definizione circolare poiché nella stessa formulazione dal secondo principio introduce simultaneamente due grandezze non definite la forza e la massa (egli lo sa e tenta di rifugiarsi dietro una finta definizione di massa attraverso la densità). Cosa sono le forze ? Come illustri fisici ed epistemologi hanno iniziato a sostenere da fine Ottocento (Kirchhoff, Hertz, Mach, Perrin,...), noi conosciamo solo gli effetti delle forze: le stesse pretese forze non le conosciamo. Esse, così come sono proposte da Newton, dovendo agire "a distanza", senza intermediari (e quindi occulte), sono rifiutate sia dagli aristotelici che dai cartesiani. Trenta anni dopo, Leibniz parlerà dei Principia come di un ritorno ai "racconti di fate". Afferma Kearney che "i cartesiani rifiutarono Newton per la stessa ragione che Galileo e Descartes rifiutarono Kepler". Uno dei critici più duri di Newton fu proprio Huygens, l'unico vero seguace di Galileo, che sostenne essere il principio newtoniano dell'attrazione "impossibile da spiegare in nessun modo meccanico". E tra Leibniz e Huygens intercorse una corrispondenza dopo la pubblicazione dei Principia.. Newton era considerato alla stregua di un aristotelico che credeva a simpatie ed antipatie assimilando queste ad attrazioni e repulsioni. Fu solo con le "Lettere Inglesi" di Voltaire (prima metà del XVIII secolo), che Newton assurse a simbolo del meccanicismo anche se, tale definizione vide sempre fermi oppositori tra i meccanicisti medesimi.

E fin qui ogni commento è relativo al Newton noto, il fondatore della Meccanica. Il fatto è che vi è anche un Newton meno noto ma ugualmente attivo in campi come l'Alchimia e la Teologia. Qui il discorso sarebbe lungo e voglio fornire solo alcuni dati oltre ad una vasta bibliografia. Il fatto è che Newton scrisse un "Trattato sull'Apocalisse" in cui emergono molti dei temi mistici che abbiamo incontrato nella cultura rinascimentale: occorre conoscere le profezie per salvarsi; vi sono regole per interpretare e metodizzare parole e linguaggio delle Scritture; esiste una corrispondenza tra il mondo e le Scritture. Serve un nuovo ritorno di Cristo poiché la Bestia con dieci corna (il mondo pagano) ha vinto sulla Chiesa; la Bestia con due corna (la grande apostasia) si è impossessata della Chiesa; la Bestia si presenta a noi come grande Meretrice o come falso Profeta ma queste due immagini non sono altro che facce diverse del Dragone (Satana); il mistero che si trova scritto sulla fronte della Meretrice è quello della Trinità (Newton rifiutava questa 'complicazione'); Cristo non era venuto per fondare una nuova religione ma per riportarla all'antica purezza (qui è echeggiato espressamente un tema ermetico ripreso anche da Giordano Bruno - ma addirittura da Ario -, anche nello stesso linguaggio della Bestia che in Bruno, con l'aggettivo di Trionfante è la Chiesa, mentre il Papa è la "sua santa asinità").

Vi è da ultimo da dire due parole sul Newton alchimista. Egli scrisse migliaia di pagine in proposito. Non ne pubblicò nessuna ed in questo era concorde con quanti ritenessero questa una pratica per iniziati e quindi segreta. Non è esagerato dire che egli passò metà del suo tempo in studi alchemici e religiosi sintetizzando in sé appunto l'"ultimo mago" di White o l' "anfibio" di Kearney.


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Due parole per concludere


La scienza moderna è nata nell'epoca che abbiamo discusso. Essa è nata per lo sforzo ed il duro lavoro degli studiosi ai quali ho accennato (e di molti altri). Queste erano persone del loro tempo ed il loro lavoro, letto con gli occhi di oggi, non può essere che esaltato per l'enorme sforzo che ciascuno nel suo ambito e nel suo contesto ha portato avanti per affrancarsi da quel groviglio di conoscenze che oggi, senza dubbio, possiamo bollare come irrazionali. Ma quel groviglio era la base culturale di quell'epoca. Volerne ricostruire la storia, attraverso l'opera dei contributi "razionali" dei singoli scienziati è un vero falso. Lo è stato per molti anni: sotto influenze illuministe e positiviste, gli storici hanno scavato nel passato con gli occhi del presente ed hanno ricercato ciò che loro faceva più comodo per ricostruire un mondo in cui il "progresso" avviene per cumulo successivo di conoscenze. Non sono ammesse deviazioni.

Se si legge con attenzione quanto ho scritto e, soprattutto, si studia un poco della bibliografia che riporto, ci si accorge che le cose non stanno così.

BIBLIOGRAFIA

1) R. Kieckhefer - Magic in the Middle Ages - Cambridge University Press, 1989.

2) J. C. Schmitt - Les "Superstitions" - Editions du Seuil, Paris 1988.

3) P. O. Kristeller - Renaissance Thought and its Sources - Columbia University Press, New York 1979.

4) B. Vickers (Ed.) - Occult and Scientific Mentalities in the Renaissance - Cambridge University Press, 1984.

5) F. A. Yates - Giordano Bruno and the Hermetic Tradition - Routledge and Kegan, London 1964.

6) F. Cardini - Magia, stregoneria, superstizioni nell'Occidente medievale - La Nuova Italia, Firenze 1979.

7) A.G. Debus - Man and Nature in the Renaissance - Cambridge University Press, 1978.

8) H. Kearney - Origini della scienza moderna - Il Saggiatore, Milano 1966.

9) V. Ferrone, P. Rossi - Lo scienziato nell'età moderna - Laterza, Bari 1994.

10) E. Garin - La cultura filosofica nel Rinascimento italiano - Sansoni, Firenze 1992.

11) E. Zolla - I mistici dell'Occidente - Rizzoli, Milano 1976.

12) P.O. Kristeller - Eight Philosophers of the Italian Renaissance - Stanford University Press, 1964.

13) A. Koyré - Misticos, Espirituales y Alquimistas del siglo XVI aleman - Akal, Madrid 1981.

14) E. Garin - Lo zodiaco della vita. La polemica sull'astrologia dal Trecento al Cinquecento - Laterza, Bari 1980.

15) A. Koyré - La rivoluzione astronomica - Feltrinelli, Milano 1966.

16) C Webster - Magia e scienza da Paracelso a Newton - il Mulino, Bologna 1984.

17) M. Boas - Il Rinascimento Scientifico 1450 - 1630 - Feltrinelli, Milano 1973.

18) H. Butterfield - Le origini della scienza moderna - il Mulino, Bologna 1962.

19) G. Preti - Storia del pensiero scientifico - Mondadori, Milano 1975.

20) P. Rossi (Dir.) - Storia della scienza Vol. I - UTET, Torino, 1988.

21) P. Rossi - La nascita della scienza moderna in Europa - Laterza, Bari 1997.

22) P. Rossi - La rivoluzione scientifica - Loescher, Torino 1979.

23) A. Koyré - Dal mondo chiuso all'universo infinito - Feltrinelli, Milano 1970.

24) T. S. Kuhn - La rivoluzione copernicana - Einaudi, Torino 1972.

25) Hermes Trismegisto - Corpus Hermeticum - EDAF, Madrid 1998.

26) I. B. Cohen - La nascita di una nuova fisica - Il Saggiatore, Milano 1974.

27) G. R. Quaife - Godly Zeal and Furious Rage the Witch in Early Modern Europe - Croom Helm Ltd, Beckenham (Kent) 1987.

28) Hilary Gatti - Giordano Bruno e la scienza del Rinascimento - R. Cortina, Milano 2001.

29) J. Vernet - Astrologia y astronomia en el Renacimiento - Ariel, Barcelona, 1974. 30) Paracelso - Paragrano - Laterza, Bari 1973

31) Descartes - Il mondo. L'uomo - Laterza, Bari 1969.

32) Paracelso - Contro i falsi medici - Laterza, Bari 1995.

33) H. C. Agrippa - Filosofia oculta. Magia natural - Alianza, Madrid 1992.

34) Tommaso d'Aquino - Trattato della pietra filosofale - Brancato, Catania 1991.

35) S. Shapin - The Scientific Revolution - University of Chicago Press, 1984.

36) R. Pitoni - Storia della fisica - STEN, Torino 1913.

37) D. Papp, J. Babini - La ciencia del Renacimiento (VI) - Espasa Calpe, Buenos Aires 1952.

38) Copernico, Digges, Galileo - Opúscolos sobre el movimiento de la Tierra - Alianza, Madrid 1983.

39) Galileo, Kepler - El Mensaje y el Mensajero sideral - Alianza, Madrid 1984.

40) J. Kepler - El secreto del universo - Alianza, Madrid 1992.

41) N. Copernico - Sobre las revolutiones de los orbes celestes - EN, Madrid 1982.

42) A. Rioja, J. Ordóñez - Teorías del universo - Sintesis, Madrid 1999.

43) M. Kaspar - Kepler - Dover, New York 1993.

44) A. Bertin - Copernico - Accademia, Milano 1973.

45) G. A. Franco Rubio - Cultura i Mentalidad en la Edad Moderna - Mergablum, Sevilla 1999.

46) A. Koestler - The Sleepwalkers - Hutchinson, London 1959.

47) AA. VV. - Cusano e Galileo - CEDAM, Padova 1964.

48) R.K. Merton - Ciencia, tecnología y sociedad en la Inglaterra del siglo XVII - Alianza, Madrid 1984.

49) P. Mesnard - Cartesio - Accademia, Milano 1972.

50) D. M. Clarke - La filosofía de la ciencia de Descartes - Alianza, Madrid 1986.

51) W. R. Shea - La magia de los números y el movimiento - Alianza, Madrid 1993.

52) S. Gaukroger - Descartes - Clarendon Press, Oxford 1995.

53) A. Koyré - Studi newtoniani - Einaudi, Torino, 1972.

54) A. Pala - Isaac Newton - Einaudi, Torino 1969.

55) M. Mamiani - Introduzione a Newton - Laterza, Bari 1990.

56) I. Newton - Trattato sull'Apocalisse - Bollati Boringhieri, Torino 1994.

57) M. White - Newton. L'ultimo mago - Rizzoli, Milano 2001.

58) AA. VV. - La science au seizième siècle - Hermann, Paris 1957.

59) A. Koyré - Etudes d'histoire de la pensée scientifique - Gallimard, Paris 1973.

60) R. Lenoble - Le origini del pensiero scientifico moderno - Laterza, Bari 1976.

61) E. Garin - Scienza e vita civile nel Rinascimento italiano - Laterza, Bari 1965.

62) G. de Ruggiero - Rinascimento, Riforma e Controriforma - Laterza, Bari 1977.

63) G. de Ruggiero - L'età cartesiana - Laterza, Bari 1972.

64) F. Tönnies - Hobbes - Alianza, Madrid 1988.

65) D. McKie - Some Notes on Newton's Chemical Philosophy... - Philosophical Magazine, Vol 33, 227, 1942.

66) B. J. T. Dobbs - Newton's Alchemy and His Theory of Matter - ISIS, 73 (269) 1982.

67) M. Tamny - Newton, Creation, and Perception - ISIS, 70 (251) 1979.

68) P. Farinella - Newton, Mago o Scienziato ? - Scuola e Didattica, XII, nº 8, 1995.

69) AA. VV. - Numero monografico su Newton - Giornale di Fisica, 31, nº 1-2, 1990.

70) AA. VV. - Numero monografico su Newton - Giornale di Fisica, 30, nº 1-2, 1989.

71) A. Roob - Alchimia e Mistica - Taschen, 1997 (questo testo è fondamentale perché riporta una gran mole di riproduzioni di illustrazioni di vari testi magici, mistici ed ermetici).


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