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Religione, magia e scienza nel rinascimento italiano

Ultimo Aggiornamento: 16/08/2007 12:32
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Galileo


In quanto siamo andati dicendo, la Chiesa non interveniva praticamente mai. Non vi erano messe in discussione del Dio. La stessa Trinità veniva addirittura localizzata nel mondo, il lavoro dei filosofi della natura che abbiamo incontrato sembravano addirittura di fare esercizio religioso nelle loro elaborazioni. Lo scienziato era pertanto in sé un cristiano in quanto esaltava il Signore e la sua opera.

Con Galileo (1564 - 1642) iniziamo ad intravedere uno sforzo possente di laicizzazione dello studio della natura. Galileo spoglia ogni suo argomento da misticismo, alchimia, ermetismo, astrologia. Non poteva togliere di mezzo la Chiesa ma, certamente non vi sono richiami ad essa nella sua opera scientifica. Credo che solo dopo aver fatto la rassegna precedente, si possa capire molto meglio che cosa è significata l'opera di Galileo.

Galileo risente molto, nei suoi lavori, di una vita fatta a contatto con il mondo degli artigiani e degli architetti. La sua non è una formazione di tipo esclusivamente accademico. Le sue numerose lettere testimoniano rapporti con fontanieri, architetti, costruttori di acquedotti, di fortificazioni. La sua formazione è principalmente meccanicistica, proviene essenzialmente dal filone di Archimede. Nel dir questo non affermo che egli sia immune dalle suggestioni e dalla cultura dell'epoca. Vi sono dei passi, molto pochi per la verità, in cui si può ritrovare un certo platonismo con l'esaltazione della matematica, fatto, quest'ultimo, che giocherà un ruolo fondamentale proprio nel momento in cui questa matematica si salderà con la parte osservativa e descrittiva della tradizione aristotelica.

Intanto Galileo è un avversario durissimo dell'astrologia, nonostante insistenze di vari principi ed addirittura dell'Ambasciatore del Re di Francia che gli chiedeva oroscopi per Sua Maestà, egli seppe sempre dire di no. Nessuno storico e nessun testo originale porta traccia di un qualche oroscopo di Galileo. Ho trovato solo un cenno, ma non corredato da alcuna indicazione bibliografica, in M. Boas ("Persino Galileo fece oroscopi per il suo mecenate, il granduca di Toscana" e questo brano è ripreso letteralmente da Paolo Rossi). Egli subisce però il fascino del Sole e della luce che si può ritrovare nella lettera a monsignor Pietro Dini del 23 marzo 1615. Ma il tentativo qui e altrove è manifestamente un modo per convincere un prelato del primato del Sole sulla Terra. In questa lettera si richiamano passi di cristiani che hanno parlato del Sole come del dispensatore di luce e calore fecondo. Questa volta il riferimento è al Salmo 73 dal quale trae elementi per esaltare il potere della luce ed al Beato Dionisio Areopagita del quale cita un passo di esaltazione del Sole. E lo stesso Galileo aggiunge che si può affermare che questo spirito fecondante e questa luce diffusa per tutto il mondo hanno concorso per unirsi e fortificarsi nel corpo del Sole, per questo motivo collocato nel centro dell'universo, e perché poi, ritornato più splendente e vigoroso, ritornasse a diffondersi. La lettera prosegue con il fatto che in questo Sole egli ha trovato delle macchie (materie tenebrose) e questo solo fatto di per sé esclude le premesse di Sole inteso come lo facevano Copernico e Kepler. E la conclusione ne mostra gli intenti: il Sole merita di essere considerato al centro del mondo. Ma d'altra parte sullo stesso argomento andrà avanti con la lettera a Cristina di Lorena. Questa volta l'ispiratore sarà Sant'Agostino, proprio quello che, nell'ambito della Chiesa, più si era opposto alle pratiche magiche ed all'ermetismo. Il richiamo a Sant'Agostino è di nuovo strumentale. Serve a Galileo un cuneo per scalfire quel qualcosa che per la prima volta esclude Dio dai meccanismi dell'universo, esclusione che marginalizza l'intera Chiesa. E Galileo è molto esplicito: tutto ciò che concerne la natura ed è trattato dalla Bibbia può e deve essere sottoposto ad indagine sperimentale. Non vi sono più tabù. Non è più la Chiesa l'intermediario per comprendere il mondo e, di più, addirittura la Bibbia.

Del resto, più volte Galileo mostrò fastidio per le cose che scriveva Kepler (e consimili). È stato addebitato a Galileo il non aver compreso l'importanza delle leggi di Kepler. In realtà non le aveva capite nessuno e basta affacciarsi alle prose dei due autori per capire le abissali differenze che li dividevano. Galileo più volte ebbe a dire che quanto sostenuto da Kepler fosse "piuttosto a diminutione della dottrina del Copernico che a stabilimento". In altri passi sostenne:

"Io non posso sottoscrivere l'idea degli astri, né dei calori temperati, né l'azione predominante delle qualità occulte, né altre vane immaginazioni come quelle che sono tanto lontane dall'essere, o dal poter essere, cause delle maree, poiché, al contrario, è la marea causa di esse" (citato da Kearney).

"Quello che avrei desiderato nel Gilberti, è che fusse stato un poco maggior matematico ed in particolare ben fondato nella geometria, la pratica della quale lo avrebbe reso men risoluto nell'accettare per concludenti dimostrazioni quelle ragioni ch'ei produce per vere cause delle vere conclusioni da sé osservate" (Dialogo).

Ma è Dio nell'interesse di Galileo. Egli lo descrive come artigiano, architetto e matematico:

"Il ricorso al gran libro della natura, che è l'oggetto proprio della filosofia ... nel cui libro... essendo opera di Dio onnipotente ... questo ricorso è più decisivo e nobile lì dove si rivela tutta la sua grandezza ed abilità"

"Supponiamo che tra i piani dell' Architetto Divino..."

"Io dico che la saggezza umana capisce alcune proposizioni in modo perfetto ed è assolutamente certa di esse come della stessa natura; e queste sono le scienze matematiche pure, cioè: la geometria e l'aritmetica. Di esse la Sapienza Divina conosce infinitamente più proposizioni, perché le conosce tutte".

A ciò occorre aggiungere la profonda critica che Galileo portò al finalismo insito nel mondo di Aristotele, critica che passò attraverso le osservazioni dello sciocco Simplicio.

Non c'è altro da aggiungere su Galileo. Certamente egli non usò mai spiegazioni metafisiche a fatti fisici. Se si toglie il Dio ora citato dalla sua opera ella resta intatta. Il riferimento ad esso è quasi canonico in qualunque opera del suo tempo. Egli lo cita ma ne fa a meno sempre. Fatti naturali vengono fatti discendere solo da cause naturali e Galileo tenterà teorie solo là dove è in grado di sperimentare. Dovunque egli non ha argomenti tralascia ipotesi e rimanda ad esperimenti futuri con la frase: "Non mi par tempo ora ...".

Si tratta di una svolta radicale che però non avrà seguitori tra gli scienziati che oggi riconosciamo come più noti tra i contemporanei e gli immediati successori dello stesso Galileo. Un esempio di reintroduzione della metafisica nella filosofia della natura avverrà proprio con Descartes.


www.fisicamente.net/index-76.htm



La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Apocalisse Laica
Le religioni dividono. L'ateismo unisce


Il sonno della ragione genera mostri (Goya)


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