Video-intervista. Insignita dall’Uaar del Premio Brian alla 64° Mostra del Cinema di Venezia per il migliore film “laico”, l’attrice e regista de Le ragioni dell’aragosta racconta la sua Resistenza Laica: “Non si può fare la guerra al fondamentalismo islamico con il fondamentalismo cattolico”
L’aragosta ha un buon sapore. Mescola i generi, gli stili, gioca con e sugli attori, sfidando di andata e di ritorno i labili confini che separano la realtà dalla finzione. L’aragosta fa ridere, che già non è poco. E fa riflettere, che è ben altra cosa. E resta davvero difficile scorgere nella sua autrice la stessa persona che con rabbia ed esagerazione ideologica aveva dato i natali al documentario Viva Zapatero.
L’aragosta è un simbolo. Sono i pescatori di aragoste, i pescatori sardi, il casus belli di questo finto documentario di Sabina Guzzanti che richiama in causa tutto o quasi il vecchio gruppo del glorioso Avanzi, ben 15 anni dopo. Tra finzione e realtà (anche se l’autrice ci spiega come sia tutto, in fondo, una finzione) ci racconta gli alti e i bassi della vita dell’attore comico, del mondo della satira, tra relazioni personali, crisi politico-esistenziali, ansie da prestazione e fatiche manageriali. Lei lo nega, ma appare a tutti gli effetti un film nostalgico. Perché i bei vecchi tempi, quei bei vecchi tempi, si sa, non torneranno più. Ma è anche un film sull’amicizia, sul lavoro e la disillusione dell’essere politici a tutti i costi. Sulle scelte che vale la pena fare, e sull’impegno che queste scelte chiedono come tributo.
Resta da capire come e perché questa aragosta sia anche un film laico. L’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti ha infatti insignito Le ragioni dell’aragosta del Premio Brian. Un riconoscimento - all’interno della 64° Mostra del Cinema di Venezia, intitolato a Brian di Nazareth, celebre commedia dei Monty Python.
Ma perché?
A parte l’ovvia motivazione in negativo, ovvero che non c’era alcun film a tema laico quest’anno alla mostra, e che comunque a qualcuno quel premio lo dovevi pur dare, l’unica spiegazione plausibile (che poi è anche quella ufficiale della giuria) è che si sia voluto premiare la satira in quanto tale. Perché la satira, oggi, è forse l’ultimo baluardo rimasto - in tv - della battaglia laica.
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