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Piccoli stralci

Ultimo Aggiornamento: 22/02/2008 18:15
18/02/2008 14:44
 
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Anche se questo piccolissimo stralcio proviene da un pastore valdese,nella bibliografia viene citata un'autore di fama molto apprezzato nel mondo cattolico,Bruce M.Metzger (morto nel 2007).

Concordo con gran parte di questo stralcio,che dice sostanzialmente che nel I sec. D.C. ancora non c'era piena ortodossia della tradizione in quanto nei primissimi anni vi erano anche dei contrasti

(Barbaglio,Bosymard e lo stesso Ehrmanm parlano di una certa pluralita' di "cristianesimi" nei primissimi anni in cui si formarono le comunita' primitive).

E' un'argomento che molti tendono a risolvere nell'unitarieta' della traditio attraverso gli scritti paolini e i canonici.



Questo stralcio parte per l'appunto da un riferimento bibliografico abbastanza noto di Metzger.

da www.chiesavaldesetrapani.com/Download-document/26-Studio-Biblico-2-La-storia-del-canone...

Come è nato il “Secondo Testamento”:la storia del “canone”

Past. Alessandro Esposito


1. Quali Scritture?


Come si è arrivati a definire nel tempo quelli che dovevano essere gli scritti che a pieno titolo potevano essere considerati quali testi di riferimento della nascente chiesa cristiana? Il percorso che conduce alla progressiva individuazione di tali testi è lungo ed abbraccia i primi quattro secoli della storia delle origini cristiane.
Il primo aspetto da menzionare riguarda il fatto che, in principio, i testi di riferimento dei primi cristiani erano costituiti dalle Scritture ebraiche, in particolare dalla Torah (quello che noi chiamiamo Pentateuco) e dai Profeti: a questi scritti, difatti, si riferiva Gesù quando parlava delle Scritture (si veda, ad esempio, il testo di Mt 5:17-18) o quando le citava (Mt 13:14-15) o quando, ancora, le commentava (Lc 4:16-21). E' ovvio, infatti, che al tempo in cui Gesù predicò l'evangelo del Regno di Dio in Galilea, gli scritti neotestamentari così come li conosciamo oggi ancora non esistevano.
Quando, dunque, incominciarono ad affermarsi questi scritti accanto a quelli del Primo Testamento quali Scritture di riferimento per le prime comunità cristiane? E quali testi, ed in base a quali criteri, vennero scelti? E quali, invece, esclusi da quello che oggi si presenta come il “canone” del Secondo Testamento?
La parola italiana “canone” proviene da un termine greco di derivazione semitica che indica lo strumento di misurazione; in senso figurato, poi, esso è venuto ad indicare il “modello”, lo scritto “normativo”: ciò che non era incluso nel canone non poteva contenere alcun riferimento fondamentale relativo all'orientamento della fede. Le formulazioni dogmatiche erano vincolate ai soli testi dichiarati “canonici”.


2. Quando nasce il “canone”



A partire da quando si può dire che prenda forma, fino a fissarsi poi definitivamente, quello che oggi chiamiamo “canone” del Secondo testamento?
Gli storici delle origini cristiane avanzano due ipotesi a tale proposito:

a) La prima di esse colloca il periodo decisivo per la formazione del canone nel periodo che va dal 150 al 200 e.c. In seguito si approderà all'individuazione di quelli che sono attualmente i 27 scritti che compongono il canone del Secondo Testamento, i quali vengono enumerati per la prima volta in una lettera di Atanasio di Alessandria del 367 e.c.

b) Secondo altri studiosi, la composizione del canone va datata appunto a partire dal IV secolo, ovvero successivamente al primo grande concilio ecumenico di Nicea (313 e.c.), durante il quale si discussero le grandi questioni relative alla cosiddetta “Cristologia”, ovvero al tema della “piena umanità” e della “piena divinità” di Gesù.

In realtà le due correnti di pensiero possono coesistere l'una accanto all'altra, poiché il canone neotestamentario, ufficialmente entrato in vigore attraverso le decisioni conciliari del IV secolo, affonda le proprie radici nel consenso che i testi che vi furono inclusi incontrarono sin dalla seconda metà del II secolo.









3. La testimonianza più antica


Un manoscritto del secolo VIII e.c. ritrovato a Milano, conserva un antico testo (con ogni probabilità risalente al II sec. e.c.) composto di 85 righe in lingua latina, dove figurano menzionati 23 dei 27 scritti che oggi compongono il canone neotestamentario (non sono menzionati I e II Pietro, l'epistola di Giacomo e l'epistola agli Ebrei).
In tale manoscritto, chiamato Canone Muratori dal nome dello studioso che lo ha scoperto, assistiamo ad una suddivisione di tali testi assai significativa:

1) In primo luogo vengono menzionati i quattro vangeli, gli Atti degli Apostoli, le tredici lettere paoline e la prima epistola di Giovanni: di tali testi l'autore afferma l'autorità indiscutibile in materia dottrinale;

2) Riguardo agli scritti rimanenti, l'autore del frammento pone la domanda se essi debbano o meno essere pubblicamente letti nel corso delle liturgie comunitarie.

La risposta a tale interrogativo è differenziata:

a) Essa è affermativa per ciò che riguarda gli scritti diventati poi canonici (epistola di Giuda, II e III Giovanni ed Apocalisse);

b) è invece negativa per ciò che concerne alcuni testi del cristianesimo primitivo che non entrarono successivamente a far parte del canone (come Il Pastore di Erma e l'Apocalisse di Pietro)


4. Cristianesimo o “cristianesimi”?


Quanto visto sinora non deve però trarci in inganno: il processo di formazione del canone fu assai lento e soltanto nel IV sec. e.c. esso venne consolidandosi e fissandosi entro i termini di un elenco stabilito e conchiuso di testi. In tutto il periodo precedente della storia del cristianesimo delle origini, si deve immaginare un quadro molto più complesso ed indefinito. Ne dà testimonianza il fatto che, accanto a quelli che oggi consideriamo quali vangeli “canonici”, per lungo tempo fiorì un'abbondante produzione di scritti detti poi apocrifi (da un termine greco che, di per sé, significa “nascosto”, “segreto” e che è poi venuto ad indicare tutti gli scritti non riconosciuti come canonici: si tratta, dunque, di una definizione attribuita a determinati scritti successivamente alla formazione del canone neotestamentario e, pertanto, di una classificazione fatta dall'ortodossia nascente ai danni di un cristianesimo che essa ha considerato eretico).
Questo fatto assai significativo sta ad indicare che, almeno fino al IV sec. e.c., i vangeli che oggi chiamiamo “canonici” non godevano ancora di un'autorità esclusiva e universalmente riconosciuta dalle prime comunità cristiane. Troviamo qui, pertanto, un'ulteriore conferma di ciò che evidenziavamo durante lo studio della formazione del testo degli scritti neotestamentari: il cristianesimo delle origini è fortemente caratterizzato da una pluralità che si riflette nei documenti di cui siamo venuti a conoscenza.


5. L'imbarazzo di una testimonianza plurale


Un altro fenomeno che si può facilmente osservare è l'imbarazzo nel quale la chiesa cristiana primitiva si trovò di fronte alla pluralità dei vangeli: il fatto che essi fossero quattro e non uno e che contenessero alcune divergenze evidenti costituì un problema per la nascente ortodossia. Inizialmente, infatti, bisogna pensare che ciascuno dei quattro vangeli fu redatto e trasmesso indipendentemente dagli altri all'interno del proprio contesto comunitario di riferimento. Ciascuno di essi, in un certo qual modo, venne scritto con lo scopo di essere l'unico resoconto della vita e della predicazione di Gesù.
La chiesa delle origini dovette dunque fare i conti con una tradizione assai diversificata e con i problemi che comportava il cercare di mantenerla nella sua complessità e, talvolta, nelle sue evidenti contraddizioni.
6. Spunti per l'attualità


Le ortodossie di tutti i generi (quelle religiose così come quelle politiche) sono, per così dire, il prodotto della “storia dei vincitori”: è l'ortodossia a definire le posizioni “non allineate” come eretiche e, quindi, pericolose per quanto riguarda il mantenimento di una posizione di potere. L'eresia, infatti, è per sua stessa natura “sovversiva”, per il semplice fatto che intende mettere in discussione, spesso con argomenti assai validi, le conclusioni proprie del pensiero dominante ed omologante. Ogni ortodossia è restia a mettere in discussione i propri fondamenti dottrinari, poiché il loro sgretolarsi sotto i colpi della critica esercitata dal dissenso, mina seriamente le basi dell'esercizio assoluto del potere.
Affermare che il cristianesimo è un fenomeno plurale sin dalle sue origini, significa rifiutare categoricamente ogni connivenza con il potere da parte di una chiesa che voglia intendersi quale portatrice di un messaggio del quale rimane sempre in ascolto e in ricerca.
Fede è cammino vissuto nel confronto e non possesso nella ricerca di un conforto da dare alle proprie (sempre provvisorie) convinzioni.



BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

(consultabile in italiano)


MARGUERAT, D. (a cura di) Introduction au Nouveau Testament. Son histoire, son écriture, sa théologie, Labor et fides, Genève, 2000 (Trad. it.: Introduzione al nuovo Testamento, Claudiana, Torino, 2004)
METZGER, B. M. Il canone del Nuovo Testamento. Origine, sviluppo e significato, Paideia, brescia, 1997
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22/02/2008 18:15
 
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Paolo, intervengo solo per aggiungere che Cristo conferma la Legge in Matteo 5:17-18, che tu hai citato. Ma dove conferma tutti i testi dell'AT è in Mt 23:1-2.

Certamente non poteva confermare il NT in quanto è venuto dopo la sua morte. Però gli evangelisti e gli Apostoli riportano molte cose che Cristo ha detto e ha fatto.

Molte altre cose sono state aggiunte, manipolate e mistificate.



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