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Un vero tesoro in fragili vasi

Ultimo Aggiornamento: 06/03/2008 08:40
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Madre Badessa
05/03/2008 23:38
 
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Se un prete abbandona il sacerdozio per una donna


Riporto questa lettera e relativa risposta da Famiglia Cristiana on line. Leggete e meditate... [SM=x1468240]

La Madre Badessa [SM=x789062]

L’abbandono del ministero è sempre un dramma, anche per la comunità di cui il prete è pastore. Ma per non creare ulteriori scandali, certe scelte non andrebbero esibite in televisione.


Mi sento ferita per come, pubblicamente, qualche prete attacca e mette in cattiva luce la Chiesa per giustificare la propria scelta di abbandonare il sacerdozio. Penso che, prima o poi nella vita, capiti a tutti, anche a chi ha scelto il celibato, di sentirsi attratto da una persona dell’altro sesso. Ed è normale che sia così, guai se non lo fosse. Ma da qui a innamorarsi e a dare seguito a una scelta a due ce n’è di strada!

Al prete una situazione simile può fargli riscoprire che gli affetti vanno vissuti non solo attraverso una relazione fisica, ma in modo diverso. Come Cristo, la sua vocazione non lo lega a una singola persona, ma è l’uomo di tutti, ha una paternità spirituale. Se si guarda una persona con gli occhi di Gesù, cioè con vero amore, si riesce anche a intuire qual è il suo bene. Una donna che si innamora di un prete, dovrebbe capire che, se veramente vuole il suo bene, dovrebbe aiutarlo a essere fedele alla sua vocazione di sacerdote.

L’abbandono del ministero è sempre un dramma per un prete, ma anche per la sua comunità. Così come la distruzione di una famiglia è un dramma per i figli, i parenti, gli amici. Proprio per questo, per non creare ulteriori sofferenze e scandali, certe situazioni andrebbero vissute con più discrezione e dignità. Le scelte vocazionali sono talmente sacre e nobili che non meritano d’essere date in pasto ai media.


Si rischia, altrimenti, di banalizzare un sincero travaglio interiore e "confondere" quelle persone semplici, che reagiscono spesso d’istinto, mosse da affetto e simpatia per il proprio prete, ma trascurano le ragioni per cui la Chiesa ha voluto e mantiene tuttora il celibato per i suoi sacerdoti.

È vero, anche il celibato non è un dogma, non è una legge divina, ma in questo mondo già abbastanza disorientato, la gente ha bisogno di testimoni credibili per coerenza di vita e fedeltà alle scelte vocazionali, vuole dei modelli da seguire. La Chiesa non obbliga nessuno a diventare prete e accettare il celibato, una proposta "paradossale e provocatoria" per il mondo d’oggi.

A quei fratelli nella fede che hanno deciso di abbandonare il sacerdozio, mi sento di dire che la Chiesa vi è, sempre e comunque, Madre benevola e accogliente: non c’è ragione che la denigriate. Ci pensano già altri a farlo. Almeno noi "battezzati" evitiamolo!

Marisa M.


È ormai diventata una consuetudine, quella di riversare le proprie colpe sugli altri. Tu l’hai constatato, con vero rammarico, cara Marisa, anche in persone che dovrebbero essere d’esempio per la responsabilità del ruolo che hanno. Invece, non sempre è così. E capita che qualche prete, dopo aver fatto una scelta diversa da quella liberamente fatta in precedenza, vada in Tv a criticare la Chiesa e la disciplina del celibato. Tutto ciò non depone a suo favore e confonde i fedeli. Che, umanamente, possono comprendere un prete che abbandona il sacerdozio per amore di una donna, ma non accettano che per giustificare la sua scelta si rivolti contro la Chiesa.

Come di recente – e lo dico con tanto rispetto per le ragioni che l’hanno portato a questa decisione – è avvenuto per don Sante Sguotti, il "prete innamorato" di Monterosso (come l’hanno definito i media), che ha lasciato il sacerdozio dopo aver confessato di amare una donna, da cui aspettava un bambino. A mio parere, don Sante si è prestato a una strumentalizzazione della sua vicenda personale: Tv e giornali sono andati a nozze per esibirlo e darlo in pasto al grande pubblico, che ama le storie d’amore, a maggior ragione se di mezzo c’è un prete. Purtroppo, non è stato don Sante a usare la Tv per spiegare la "bontà" della sua scelta, ma sono stati i media a usarlo miseramente per poi scaricarlo quando non era più funzionale allo spettacolo.

Nessuna condanna, ripeto, per la scelta di don Sante, perché certamente maturata nella sofferenza. Ma pudore e senso della misura avrebbero suggerito altro comportamento in pubblico. Non è così che ci si rifà la "verginità"! Anche perché diventa impietoso il confronto che la gente fa tra le diverse figure di preti di cui si interessano pure i media.

È appena uscito il bel libro di Candido Cannavò, Pretacci. Storie di uomini che portano il Vangelo sul marciapiede (ne parliamo a pag. 44): con la passione che lo contraddistingue e da grande cronista qual è, Cannavò racconta la vita di alcuni "preti di strada", che sono quasi ai margini dell’ortodossia, divorati dalla stessa passione di Cristo per gli ultimi della società. Tra questi personaggi c’è anche don Benzi, da poco scomparso, il prete sempre col tonacone, un "semplicione" all’apparenza, ma tosto e tenace nelle sue lotte, eroico nella dedizione, che non si risparmiava mai per aiutare tutti: poveri, prostitute, bambini di strada...: un meraviglioso esempio di generosità e "paternità spirituale"!

Certo, chi sceglie la castità consacrata non sceglie una vita facile. La tendenza della natura continua a farsi sentire e a reclamare i suoi diritti. Tant’è vero che Gesù dice espressamente che questa scelta si fa "nello Spirito". Solo chi ha capito la grandezza della fecondità spirituale e vive in comunione con Dio, può realizzare questa vocazione. La vita consacrata non inaridisce il cuore: ce ne danno un esempio i santi di ieri e di oggi, che hanno aperto la loro vita a tutte le persone incontrate nel loro ministero.

Nella storia sono celebri alcuni rapporti tra persone consacrate, come Francesco e Chiara, che hanno fatto della loro amicizia uno stimolo a donarsi più intensamente a Dio e ai poveri. Ricordiamo anche le amicizie tra persone consacrate e famiglie, che per entrambe sono state un forte aiuto per superare momenti di crisi e di sconforto. Vale anche per i consacrati la parola di Dio: «Guai a chi è solo, perché se cade non ha chi lo rialzi».

Ma la virtù della prudenza suggerisce anzitutto che una persona consacrata viva l’amicizia con la chiara volontà che serva per arricchire più intensamente la vocazione cui Dio ha chiamato ciascuno di noi, e in assoluta gratuità, senza alcuna forma di possesso o esclusività, per non dare agli altri l’impressione di privilegiare una persona sulle altre.

Ma anche i fedeli devono aiutare i sacerdoti a conservare quel tesoro, che è custodito in fragili vasi.




D.A.

www.sanpaolo.org/fc/0810fc/0810fc06.htm



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Padre Guardiano
06/03/2008 08:40
 
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re

Più che in fragili vasi direi in fragili mutande......ahhhh ahhhh

omega



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Querdenker evangelico anticonvenzionale del 1° secolo. "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam!" g.b.--In nece renascor integer ./Satis sunt mihi pauci,satis est unus,satis est nullus. Seneca-Ep.VII,11


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