Partendo dal presupposto che l’alimentazione artificiale che tiene ancora in vita Eluana è, a tutti gli effetti, un trattamento sanitario liberamente rifiutabile dall’interessato, anche a costo, come nel caso di specie, di provocarne la morte, si rende necessario verificare se Eluana avesse espresso una volontà in tal senso o se, in mancanza della stessa, un soggetto terzo possa legittimamente formulare tale rifiuto.
Su questo punto cruciale, che costituisce l’aspetto determinante della vicenda, le corti di merito avevano ritenuto, in mancanza di dichiarazioni scritte della giovane, che non fossero determinanti le testimonianze del padre e di alcune conoscenti di Eluana che avevano riportato una volontà della giovane di ritenere preferibile la morte ad una situazione di coma.
Le medesime dichiarazioni venivano infatti ritenute generiche, riferite a fatti accaduti ad altre persone in un momento di forte emotività e senza l’attualità della malattia ed, in quanto tali, prive del valore di una personale, consapevole ed attuale determinazione volitiva, maturata con cognizione di causa.
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Di qui la decisione dei giudici di legittimità di cassare con rinvio, per l’omessa effettiva ricostruzione della presunta volontà di Eluana e dei desideri da lei precedentemente espressi, il decreto con cui la Corte d’Appello di Milano aveva rigettato il reclamo finalizzato all’interruzione dell’alimentazione artificiale della giovane di Lecco.
In particolare nella sentenza si legge che:
“i giudici d’appello non hanno affatto verificato se tali dichiarazioni – della cui attendibilità non hanno peraltro dubitato -, ritenute inidonee a configurarsi come un testamento di vita, valessero comunque a delineare, unitamente alle altre risultanze dell’istruttoria, la personalità di Eluana e il suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona, alla luce dei suoi valori di riferimento e dei convincimenti etici, religiosi, culturali e filosofici che orientavano le sue determinazioni volitive”.
Anche questo passaggio della sentenza assume un’importanza sicuramente rilevante per la sua innovatività. I giudici di Cassazione lasciano infatti intendere che un testamento biologico (o testamento di vita o living will) anche se stilato in un momento in cui è carente l’attualità della malattia può essere ritenuto espressione di quella volontà, manifestazione di autonomia, che consente al paziente di rifiutare o chiedere l’interruzione del trattamento sanitario finanche nell’ipotesi in cui da tale rifiuto/interruzione possa derivare la morte.
La mancanza di una disciplina giuridica del testamento biologico, da più parti invocata invano da alcuni anni a questa parte, sembra in questo superata dalla sentenza di Cassazione che afferma un ulteriore principio di importanza senz’altro storica.
Da qui
Nounou
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Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce.
Blaise Pascal