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La truffa legalizzata delle menzogne spacciate per verità dogmatiche

Ultimo Aggiornamento: 16/10/2008 00:35
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16/10/2008 00:35
 
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NOTE (1) Trattasi dell’apologeta Atanasio di Alessandria (295-373 d. C.).(2) Per particolari precisazioni riguardo l’origine del dogma della Trinità cfr. Lebreton G.: «Les origines du dogme de la Trinité», Paris, 1928.


(3) Si ritiene opportuno ricordare che il tema della truffa legalizzata, concernente le menzogne spacciate per verità dogmatiche, è stato appassionatamente ripreso da Nietzsche (1888) nel suo saggio «Der Antichrist», terminato nel 1888, ma pubblicato per la prima volta a cura della sorella Elisabeth nel 1895, da cui si estrae la seguente sintesi essenziale: «…Il cristianesimo si è schierato dalla parte di tutto ciò che è debole, miserabile, malriuscito; ha fatto un ideale della contraddizione contro gli istinti conservatori della vita forte; persino delle nature spiritualmente più forti esso ha pervertito la ragione, insegnando a sentire i massimi valori della spiritualità come peccaminosi, come forvianti, come tentazioni. […]. Il cristianesimo è la religione della compassione. La compassione si contrappone agli affetti tonici, quelli che accrescono l’energia del sentimento vitale: essa ha un effetto deprimente. Quando si compatisce si perde forza. Col compatire la perdita di energia, che già di per sé il dolore arreca alla vita, si accresce e si moltiplica ancora. Il soffrire stesso diventa, attraverso il compatire, contagioso; in certi casi si può giungere ad una perdita complessiva di vita e di energia vitale assurda in proporzione al quantum dalla causa (è il caso della morte del Nazareno).
 
[…]. Posto che si misuri la compassione in base al valore delle reazioni che essa suole suscitare, appare in una luce ancora e assai più chiara il carattere deleterio di essa in ordine alla vita. La compassione intralcia totalmente la legge dell’evoluzione, che è legge della selezione. Essa conserva ciò che è maturo per la fine. […]. Nulla è più malsano […] che la compassione cristiana. […]. Fino a quando il prete passerà ancora per una superiore specie d’uomo, questo negatore, denigratore, avvelenatore di professione della vita, non vi sarà risposta alla domanda: che cosa è la verità? […]. Chi ha nel corpo sangue di teologo si pone sin dall’inizio in modo distorto e disonesto davanti a ogni cosa. Il pathos che da ciò si sviluppa prende il nome di fede: chiudere una volta per tutte gli occhi su ciò che ci sta davanti per non soffrire dell’aspetto di un’inguaribile falsità. […]. Ho scovato l’istinto del teologo in ogni luogo; è la forma di falsità più diffusa, quella veramente sotterranea, che esista sulla faccia della terra. Ciò che un teologo percepisce come vero, deve essere falso: se ne può trarre quasi un criterio di verità. È il suo più profondo istinto di conservazione a proibire che in un punto qualsiasi la realtà venga onorata o anche solo prenda la parola. Fin dove arriva l’influsso teologico il giudizio di valore è capovolto, i concetti di "vero" e "falso" sono necessariamente capovolti: ciò che è dannosissimo alla vita, prende qui nome di vero, ciò che la eleva, l’accresce, l’afferma, la giustifica e la fa trionfare, è chiamato "falso" […].

Allorché si hanno sante incombenze, ad esempio, quella di rendere migliori, di salvare, di redimere gli uomini, allorché si porta la divinità in petto e si è portavoce d’imperativi oltremondani, ci si trova già, con una simile missione, al di sopra di ogni valutazione meramente razionale; si è addirittura già santificati da un siffatto mandato […]! Che se ne fa un prete della scienza! Egli sta troppo in alto per queste cose! […]. Ha stabilito il concetto di "vero" e di "non vero!" […]. Né morale, né religione nel cristianesimo toccano un punto qualsiasi della realtà. Cause puramente immaginarie ("Dio", "anima", "io", "spirito", "libero volere" ed anche "non libero"); effetti puramente immaginari ("peccato", "redenzione", "grazia", "punizione", "remissione dei peccati"). Un commercio tra esseri immaginari ("Dio", "spiriti", "anime"); […] un’immaginaria teleologia ("il regno di Dio", "il giudizio universale", "la vita eterna"). […]. Il concetto cristiano di Dio Dio come divinità dei malati, Dio come regno, Dio come spirito è uno dei concetti più corrotti di Dio mai raggiunti al mondo; addirittura esso rappresenta, nel processo di degradazione del tipo divino, l’indice di livello più basso. Dio degenerato a contraddizione della vita, invece di esserne la trasfigurazione e l’eterno sì! In Dio la dichiarazione di ostilità alla vita, nella natura, alla volontà di vivere! Dio, la formula per ogni affermazione dell’"aldiquà", per ogni menzogna dell’"aldilà"! Il nulla divinizzato, la volontà del nulla santificata in Dio. […].

Nel cristianesimo sono gli istinti dei soggiogati e degli oppressi a venire in evidenza: sono i ceti infimi coloro che cercano in quello la propria salvezza. In esso la casistica del peccato, l’autocritica, l’inquisizione di coscienza vengono esercitate come occupazione, come espedienti contro la noia; in esso l’affetto verso un potente, chiamato "Dio", viene tenuto continuamente vivo (mediante la preghiera); […]. In esso il corpo viene disprezzato, l’igiene respinta come sensualità; la Chiesa si oppone perfino alla pulizia (la prima misura cristiana, dopo la cacciata dei Mori, fu la chiusura dei bagni pubblici, e la sola Cordova ne possedeva 270). Cristiano è un certo gusto per la crudeltà verso di sé e verso gli altri; l’odio per i dissenzienti; la volontà di perseguitare. Immagini fosche ed eccitanti vengono messe in risalto; le condizioni più agognate, designate con i termini più elevati, sono epilettoidi; la dieta è selezionata in modo tale da favorire fenomeni morbosi e da sovreccitare i nervi. […]. Per avere ragione dei barbari, il cristianesimo aveva bisogno di concetti e valori barbarici: tali sono il sacrificio del primogenito, il bere sangue nella Cena Eucaristica, il disprezzo della cultura; la tortura in tutte le forme; la grande fastosità del culto. […].
 
Il cristianesimo […] sa che è in sé del tutto irrilevante che una cosa sia vera, sa invece che è della massima importanza in che misura essa sia creduta vera. La verità e la fede nella verità di qualche cosa: due sfere d’interesse del tutto estranee l’una dall’altra, sfere quasi antitetiche. […] Se vi è della felicità nel credersi redenti dal peccato, non è necessario che come premessa di ciò l’uomo sia in peccato, ma che si senta peccatore. Ma se in generale è richiesta principalmente la fede, allora si deve gettare il discredito sulla ragione, sulla conoscenza, sulla ricerca: la via della verità si muta nella strada proibita. Una robusta speranza è uno stimolante alla vita molto più grande di qualsiasi determinata felicità realmente sopravveniente. Chi soffre va sostenuto con una speranza che non possa venir contraddetta da alcuna realtà, che non venga estinta da un adempimento: una speranza oltremondana. […].

Il tutto in base alla premessa che il cristianesimo vuole affermarsi su un terreno sul quale i culti afroditici o adonici hanno già determinato il concetto di culto. L’esigenza della castità rafforza la veemenza e l’interiorità dell’istinto religioso, rende il culto più caldo, più fanatico, più appassionato. L’amore è quella condizione in cui il più delle volte l’essere umano vede le cose come non sono. La forza dell’illusione è qui al suo apice […]. Nell’amore si sopporta più dell’ordinario, si tollera tutto. Si trattava di inventare una religione in cui si potesse amare: in tal modo si butta alle spalle il peggio della vita. E questo è quanto riguarda le virtù cristiane, fede, carità, speranza: le tre accortezze cristiane. […]. Javeh Dio della "giustizia", […] ormai solo un Dio a determinate condizioni. La sua nozione è divenuta uno strumento nelle mani degli agitatori clericali, i quali spiegano ogni evento fortunato come ricompensa, ogni infortunio come punizione per la disobbedienza a Dio, per un "peccato": quella mendacissima procedura interpretativa d’un presunto "ordine morale del mondo", in virtù del quale il concetto dato in natura di "causa" ed "effetto" è una volta per tutte capovolto. Solo dopo che, con premio e castigo, si è eliminata dal mondo la naturale casualità, si ha bisogno di una casualità contro natura: a questo punto, in fatto di contro natura, tutto il resto è logica conseguenza. Un Dio che esige in luogo di un Dio che aiuta […].

I filosofi hanno assecondato la Chiesa: la menzogna dell’"ordine morale del mondo" pervade tutto lo sviluppo della filosofia. Che significa "ordine morale del mondo"? Che esiste, una volta per tutte, una volontà divina riguardo a ciò che l’uomo deve fare o non fare; che il valore di un popolo, di un individuo si misura in base alla sua maggiore o minore obbedienza al volere divino; che la volontà di Dio si rivela essere, nei destini di un popolo o di un individuo, dominante, vale a dire castigatrice e compensatrice secondo il grado di obbedienza. La realtà, al posto di questa miseranda bugia, è questa: una specie parassitaria di uomo, che prospera solo a spese di tutti gli organismi sani della vita, il prete, abusa del nome di Dio; uno stato di cose di cui il prete stabilisce il valore di tutto, dà il nome di "regno di Dio"; chiama "volere divino" i mezzi in forza dei quali un tale assetto viene raggiunto o tenuto in piedi; misura con freddo cinismo i popoli, le epoche, gli individui a seconda che abbiano giovato o si siano opposti allo strapotere dei preti. […]. Ciò che prima era solo patologico, oggi è divenuto indecente: essere cristiani oggi è indecente. […].
 
Non una sola parola è rimasta di ciò che una volta aveva nome "verità", neppure più sopportiamo che un prete anche solo pronunci la parola "verità". Anche se modestissima è la nostra aspirazione alla rettitudine, oggi dobbiamo sapere che un teologo, un prete, un papa ad ogni frase che dice, non solo sbaglia, ma mente perché non è loro più consentito di mentire per "innocenza", per "ignoranza". Anche il prete sa bene, quanto chiunque altro, che non vi è più alcun "Dio", alcun "peccatore", alcun "redentore", che "libero arbitrio", "ordine morale del mondo" sono menzogne: la serietà, il profondo autosuperamento dello spirito non consentono più a nessuno di non sapere a questo riguardo. Tutti i concetti della chiesa sono riconosciuti per quello che sono, la più malvagia falsificazione di moneta che esista, intesa a svilire la natura, i valori di natura; il prete stesso è riconosciuto per quello che è, la più pericolosa specie di parassita, l’autentico ragno velenoso della vita […]. La nostra coscienza oggi sa quanto esattamente valgono, a che cosa servivano le sinistre invenzioni dei preti e della Chiesa, con le quali è stato raggiunto quello stato di autodenigrazione della umanità, che può rendere nauseante la vista. Le nozioni di "aldilà", "giudizio universale", "immortalità dell’anima", la stessa "anima" sono strumenti di tortura, sono sistemi di crudeltà in forza dei quali il prete divenne padrone, restò padrone.

Tutti lo sanno: eppure tutto rimane come prima. Dove è finito l’ultimo brandello di decenza, di rispetto per se stessi, quando perfino i nostri uomini di Stato, specie di uomini del resto spregiudicatissimi e anticristiani da cima a fondo nelle loro azioni, ancora oggi si chiamano cristiani e s’accostano all’eucarestia? […]. Già la parola "cristianesimo" è un equivoco: in realtà è esistito un solo cristiano, e quello è morto sulla croce. […]. Paolo spostò il peso di tutta quella esistenza […] nella menzogna del Gesù "risuscitato". Fondamentalmente la vita del redentore non poteva servirgli per niente, egli aveva bisogno della morte sulla croce […]. Prendere per sincero un Paolo allorché con una allucinazione si fabbrica la prova del vivere-ancora del redentore, o prestare fede a quanto ci racconta sul fatto che egli stesso ha avuto quella allucinazione, sarebbe una vera sciocchezza da parte di uno psicologo: Paolo voleva il fine, quindi volle anche i mezzi. Ciò che egli stesso non credeva, credettero gli idioti, tra i quali aveva diffuso la sua dottrina. La potenza era il suo bisogno: con Paolo ancora una volta il prete mira alla potenza, egli poteva utilizzare soltanto idee, teorie, simboli, con cui si tirannegiano masse, si formano greggi. […]. Nel cristianesimo, in quanto arte di mentire santamente, è l’intera ebraicità, un plurisecolare esercizio e tecnica ebraica della massima serietà, a raggiungere l’ultima maestria. Il cristiano, quest’ultima razio della menzogna, è ancora una volta l’ebreo […]. "Non giudicate!" dicono, ma mandano all’inferno tutti coloro che ostacolano loro il passo. Lasciando che sia Dio a giudicare, sono loro stessi a giudicare; […].
 
Non è il fatto che non ritroviamo alcun Dio nella storia, né nella natura, né dietro la natura, bensì il fatto che percipiamo ciò che venne venerato come Dio non come "divino" ma come miserabile, assurdo, dannoso, non solo come errore, ma come crimine contro la vita. Noi neghiamo Dio in quanto Dio […]: deus qualem Paulus creavit, dei negatio. Una religione come il cristianesimo, che va immediatamente all’aria appena la realtà afferma il proprio diritto, deve per forza essere nemica mortale della "sapienza mondana", intendo dire della scienza, essa troverà buoni tutti i mezzi coi quali l’educazione dello spirito, la schiettezza e la severità nelle questioni di coscienza dello spirito, la nobile freddezza e libertà dello spirito possano venire avvelenate, denigrate, diffamate. La "fede", come imperativo è il veto contro la scienza, in praxi, la menzogna ad ogni costo. Paolo comprese che la menzogna (la "fede") era indispensabile; la Chiesa, più tardi, comprese di nuovo Paolo. Si inventò, un Dio che "fa scempio" della "sapienza mondana". […]. La scienza è il primo peccato, il seme di tutti i peccati, il peccato originale. La morale è soltanto questo: "Tu non devi conoscere". La dannata paura non impedì a Dio di essere furbo. Come ci si difende dalla scienza? Per lungo tempo questo divenne il suo primo problema. Risposta: fuori l’uomo dal paradiso! La felicità induce a pensare e tutti i pensieri sono cattivi pensieri. L’uomo non deve pensare. E il "prete in sé" inventa il bisogno, la morte, il pericolo mortale della gravidanza, ogni sorta di miseria, vecchiaia, fatica, la malattia soprattutto. Nient’altro che strumenti della lotta contro la scienza! Il bisogno non consente all’uomo di pensare. […].

Il vecchio Dio inventa la guerra, divide i popoli, fa sì che gli uomini si annientino a vicenda (i preti hanno sempre avuto bisogno della guerra). […]. La conoscenza, l’emancipazione dal prete, avanza perfino a dispetto delle guerre. E al vecchio Dio si presenta una decisione estrema: "l’uomo è divenuto scientifico, non c’è altro da fare, bisogna annegarlo!". […]. L’inizio della Bibbia contiene l’intera psicologia del prete. Il prete conosce solo un grande pericolo: la scienza, la sana nozione di causa ed effetto. […]. "Dunque bisogna rendere l’uomo infelice", questa, in ogni tempo, fu la logica del prete. Già si indovina che cosa, innanzitutto, coerentemente a questa logica, è venuto con ciò al mondo: il "peccato". È l’invenzione del concetto di colpa e punizione, dell’intero "ordine morale del mondo" a porsi contro la scienza contro l’affrancamento dell’uomo dal prete. Non fuori, ma dentro di sé deve guardare l’uomo; non deve, come discente, guardare con sagacia o prudenza nelle cose; non deve in generale guardare per nulla: deve soffrire e deve soffrire in guisa tale da avere sempre bisogno del prete. Basta con i medici! Un salvatore ci vuole.

Il concetto di colpa e di castigo, ivi compresa la dottrina della "grazia", della "redenzione", del "perdono". Menzogne da cima a fondo e senza alcuna realtà psicologica, sono inventate apposta per distruggere il senso di causalità dell’uomo: sono l’attentato contro il concetto di causa ed effetto! E non un attentato col pugno, col coltello, con sincerità nell’odio e nell’amore! Ma partendo dagli istinti più vili, più subdoli, più bassi! Un attentato da preti! Un attentato da parassiti! Un vampirismo di livide sanguisughe del sottosuolo! Quando le naturali conseguenze di un’azione non sono più "naturali", ma vengono attribuite dal pensiero agli aspetti concettuali della superstizione, a "Dio", agli "spiriti", alle "anime", come conseguenze puramente "morali", come premio, castigo, avvertimento, mezzi educativi, allora la premessa della conoscenza è distrutta, allora si è commesso il più grande crimine contro l’umanità. Il peccato, questa forma autolesionista, par excellence dell’uomo, è inventato per rendere scienza, cultura, ogni innalzamento e nobiltà dell’uomo, impossibili; il potere domina grazie all’invenzione del peccato. A questo punto non mi sottraggo ad una psicologia della "fede", dei "credenti", a benificio, come è giusto, proprio dei "credenti". Se ancora oggi non mancano coloro che ignorano fino a che punto l’essere "credenti" […] lo potranno sapere già domani. […].

Al cristianesimo la malattia è necessaria, pressappoco come alla grecità è necessaria l’esuberanza di salute, rendere malati è la vera intenzione recondita dell’intero sistema di procedure di salvezza della Chiesa. E la Chiesa stessa non è forse il manicomio cattolico come ideale ultimo? La terra in generale come manicomio? L’uomo religioso, così come lo vuole la Chiesa, è un tipico décadent; il momento in cui una crisi religiosa s’impossessa di un popolo, è contrassegnato ogni volta da epidemie nervose; il "mondo interiore" dell’uomo religioso assomiglia, fino ad essere scambiato con esso, al "mondo interiore" dei sovreccitati e degli esauriti; gli stati d’animo "altissimi" che il cristianesimo ha sospeso sull’umanità come valori di tutti i valori, sono forme epilettoidi, la Chiesa ha proclamato santi in majorem dei honorem solo mentecatti o grandi impostori. Io mi sono una volta permesso di definire tutto il training cristiano della penitenza e della redenzione come una "follia circolare" prodotta metodicamente, come si conviene, su un terreno già predisposto, vale a dire labile nelle sue radici. Nessuno è libero di diventare cristiano: al cristianesimo non si viene "convertiti", si deve essere abbastanza malati per questo. […].

Il cristianesimo non era "nazionale", non era legato alla razza, si rivolgeva ad ogni sorta di diseredati della vita, aveva ovunque i suoi alleati. Il cristianesimo ha alla base il risentimento dei malati, ha indirizzato l’istinto contro i sani, contro la salute. Ancora una volta rimando sull’ineffabile parola di Paolo. "Quello che è debole per il mondo, folle per il mondo, quello che per il mondo è ignobile e oggetto di disprezzo, Dio ha prescelto": questa era la formula, in hoc signo viene la décadence. Dio sulla croce, ancora non è chiara la spaventosa riserva mentale rappresentata da questo simbolo? Tutto ciò che soffre, tutto ciò che pende da una croce, è divino. Noi tutti pendiamo dalla croce, quindi noi siamo divini. […]. Il cristianesimo è stato una vittoria, una mentalità più nobile andò per esso in rovina, il cristianesimo è stato fino a questo momento la più grande sciagura dell’umanità.

Il cristianesimo si contrappone anche ad ogni buona costituzione intellettuale, esso è in grado di servirsi solo della ragione malata come ragione cristiana; si schiera con tutto ciò che è idiota, pronuncia una maledizione contro lo "spirito", contro la superbia dello spirito sano. Poiché la malattia fa parte dell’essenza del cristianesimo, anche il tipico stato d’animo cristiano, "la fede" deve essere una forma di malattia, tutte le vie diritte, scientifiche della conoscenza devono venire rifiutate dalla Chiesa come vie proibite. Già il dubbio è peccato. La completa mancanza di limpidezza psicologica nel prete, tradita dallo sguardo, è una manifestazione conseguente alla décadence, se si osservano le donne isteriche o anche, per altro aspetto bambini di costituzione rachitica, si potrà notare con quanta regolarità la falsità istintiva, il gusto di mentire per mentire, l’incapacità di uno sguardo e di un passo diritto siano espressione di décadence. "Fede" vuol dire non voler sapere ciò che è vero. Il pietista, il prete di ambo i sessi, è falso perché è malato: il suo istinto esige che la verità non si affermi in alcun punto. Ciò che è malato è buono; ciò che deriva dalla pienezza, è cattivo: così sente il credente. La soggezione alla menzogna, da questa io riconosco il teologo predestinato. […].
 
Anche con una particella esigua di devozione religiosa nel sangue un Dio che ci cura a tempo debito […] dovrebbe risultare così assurdo che, quand’anche esistesse lo si dovrebbe eliminare. Un Dio come servitore […], in sostanza per la più stupida specie di caso fortuito. […]. L’uomo della fede, il "credente" d’ogni tipo è necessariamrnte un uomo tributario, uno che non sa porre se stesso come scopo, che non sa affatto porre scopi a partire da se stesso. Il "credente" non si appartiene, egli può solo essere mezzo, egli deve essere adoperato, ha bisogno di qualcuno che lo usi. Il suo istinto rende l’onore più alto ad una morale della autorinuncia; tutto lo induce ad essa, la sua furbizia, la sua esperienza, la sua vanità. Ogni tipo di fede ha di per sé una espressione di autorinuncia, di autoalienazione. Se si considera come la grande maggioranza abbia bisogno di un regolatore che la leghi e la fissi all’esterno, e come la costrizione, in un senso più alto la schiavitù, sia la sola ed ultima condizione grazie alla quale l’uomo di volontà debole, e ancora più la donna, prosperino: ci si renderà conto di quel che significa anche la convinzione, la "fede". […].
 

L’uomo da se stesso non può sapere che cosa è buono e cattivo, per questo Dio gli insegnò la sua volontà. […]. Giacché per mentire uno dovrebbe poter decidere che cosa qui sia vero. Ma appunto questo l’uomo non può fare; il prete è così il solo portavoce di Dio […]: il diritto alla menzogna e la furbizia della "rivelazione" sono proprie del tipo-prete […]. La "legge", la "volontà di Dio", il "libro sacro", l’"ispirazione", tutte parole solo per le condizioni in cui il prete giunge al potere, con le quali egli sostiene il proprio potere, questi concetti stanno a fondamento di tutte le organizzazioni ecclesiastiche, di tutte le strutture di dominio sacerdotali. La "sacra menzogna" […], il prete mente. In definitiva importa il fine per il quale si dicono menzogne. Che nel cristianesimo i "santi" scopi siano assenti è la mia obiezione contro i suoi mezzi. Soltanto scopi cattivi: avvelenamento, calunnia, negazione della vita, disprezzo del corpo, la degradazione e l’autodenigrazione dell’uomo mercé la nozione di peccato, dunque anche i suoi mezzi sono cattivi. […].
 
Tutte le cose contro le quali il cristianesimo scatena la sua inesauribile volgarità, la procreazione per esempio, la donna, il matrimonio […]. Ma come si fa a mettere in mano a donne e bambini un libro che contiene espressioni abiette di questo genere: "per via del meretricio ciascuno si abbia la propria femmina e ciascuno il suo proprio maschio, è meglio sposare che soffrire la lascivia"? E si può essere cristiani fintantoché la nascita dell’uomo è cristianizzata, vale a dire sporcata con l’idea della immaculata conceptio? […]. Il cristianesimo ci ha rapito con frode la mèsse della civiltà antica [...]. ma siamo giusti! Le crociate, alta pirateria, niente di più! [...]. La Chiesa cristiana con la sua depravazione, non lasciò nulla d’intatto, essa ha fatto d’ogni valore un non-valore, di ogni verità una menzogna, di ogni rettitudine un’infamia dell’anima. Che osino parlarmi ancora delle sue benemerenze "umanitarie"! Il sopprimere una qualsiasi miseria andava contro la sua più profonda utilità: essa visse di miserie, essa creò miserie per perpetuare se stessa. Il verme del peccato, per esempio: solo la Chiesa ha arricchito l’umanità con questa miseria!

L’"uguaglianza delle anime davanti a Dio", questa falsità, questo pretesto per le rancunes d’ogni anima vile, questo esplosivo concettuale, il quale alla fine si è fatto rivoluzione, idea moderna e principio di decadimento per l’intero ordine sociale, è dinamite cristiana. Benemerenze "umanitarie" del cristianesimo! Far crescere dalla humanitas un’autocontraddizione, un’arte dell’autolesionismo, una volontà di menzogna ad ogni costo, un’avversione, un disprezzo per tutti i buoni e retti istinti! Queste sarebbero le benedizioni del Cristianesimo! Il parassitismo come unica prassi della Chiesa; che col suo ideale nemico di "santità" beve fino all’ultima goccia ogni sangue, ogni amore, ogni speranza di vivere; l’al di là come volontà di negazione d’ogni realtà; la croce quale segno di riconoscimento per la sotterranea congiura mai esistita, contro salute, bellezza, coraggio, spirito, bontà dell’anima, contro la vita medesima. Questa eterna accusa al cristianesimo io voglio scrivere su tutti i muri ovunque siano muri, possiedo caratteri per fare vedere anche ai ciechi. Io chiamo il cristianesimo unica grande maledizione, unica grande intima perversione, unico grande istinto di vendetta, per il quale nessun mezzo è abbastanza velenoso, occulto, sotterraneo, piccino, io lo chiamo unico imperituro marchio d’abominio dell’umanità. E noi computiamo il tempo a partire dal dies nefastus con cui questa calamità principiò, dal primo giorno del cristianesimo! Perché non piuttosto dal suo ultimo? Da oggi? Trasvalutazione di tutti i valori. […].
 
La più viziosa specie d’uomo è il prete; egli insegna la contronatura. Contro il prete […] si ha la prigione. […]. Il luogo esecrando in cui il cristianesimo ha creato le sue uova di basilisco sia distrutto pietra su pietra e sia il terrore di tutta la posterità quale luogo abominevole della terra. Su di esso si allevino serpenti velenosi. La predicazione della castità è istigazione pubblica contro natura. Ogni disprezzo della vita sessuale, ogni contaminazione della medesima mediante la nozione di "impurità" è vero e proprio peccato contro il sacro spirito della vita. […]. Chi mangia alla stessa tavola di un prete sia proscritto: con ciò egli si scomunica dalla retta società. Il prete […]. Lo si deve mettere al bando, affamare, menare in ogni specie di deserto. […]. Si chiami la storia "sacra" col nome che merita in quanto storia maledetta; le parole "Dio", "salvatore", "redentore", "santo" siano usate come oltraggi, come epiteti da criminali…» (cfr. Nietzsche F.W.: «Der Antichrist», Weimar, 1895).
 



(4) Riguardo le origini delle cosiddette "indulgenze" Stornaiolo (1995) precisa quanto segue: «…utile al potere e alla ricchezza della Chiesa […] era la credenza, allora assai diffusa, che le azioni postume, mediante le quali un peccatore fondava un convento o arricchiva una cattedrale, potevano compensare una lunga vita di crudeltà e di rapine; che il prestare servizio per alcune settimane a combattere i nemici del papa cancellasse i peccati di un uomo, pure se in precedenza egli avesse assassinato dei cristiani. […]. In origine, l’indulgenza era semplicemente il contributo per poter effettuare un’opera pia meritevole, gradita alla Chiesa, invece di scontare una penitenza, il cui compimento poteva talvolta comportare enormi periodi di tempo, secondo quanto alcuni penitenzieri erano soliti imporre. […]. L’indulgenza plenaria, ossia la remissione di tutti i peccati, ha per prototipo la promessa fatta dal Papa Urbano II (1088- 1099) al Concilio di Clermont nel 1095, quando, per infiammare l’entusiasmo della cristianità in favore della prima Crociata, dichiarò che il pellegrinaggio armato in Terra Santa sarebbe equivalso ad una penitenza per tutti i peccati che i crociati avessero confessato, e di cui si fossero pentiti. L’avidità con la quale questa offerta del papa venne accolta, sta a dimostrare quanto fosse apprezzato un favore tale da liberare dai timori dell’inferno, senza rattristare la vita con le austerità della penitenza. […]. Nel perdono dei peccati si fece chiara distinzione fra remissione della colpa e remissione della pena: l’assoluzione data dal prete conferiva la prima, che salvava dall’inferno; il compimento della penitenza, oppure il riscatto della stessa mediante un’indulgenza, conferiva la seconda, liberando anche dal purgatorio. […].

La dottrina subì lunghe discussioni presso le scuole teologiche, fino a quando il Papa Sisto IV (1471-1484) la codificò praticamente per finanziarsi guerre e grandi costruzioni; […]. Il papa divenne dispensatore unico di indulgenze, una funzione che accrebbe di molto la sua autorità, riducendo i vescovi al semplice grado di suoi delegati. Dal punto di vista temporale ne risultava per lui un vantaggio ancora maggiore: la facoltà di raccogliere eserciti per sterminare i nemici e dilatare i propri domini. Infatti, la promessa di un’indulgenza plenaria, da meritarsi durante una crociata, attirava sotto le bandiere del pontefice migliaia e migliaia di "campioni". […]. Il papato offriva ricompense ancora maggiori quando l’ambizione o il rancore personale del pontefice erano in questione. Lo stesso Papa Innocenzo IV (1243-1254) [il medesimo che nel 1252 promulgò con la bolla Ad extirpanda l’uso della tortura] […] promosse una crociata […] accordando a coloro che vi prendessero parte una remissione dei peccati ancora più consistente di quella annessa ad un viaggio in Terra Santa. Dichiarò, infatti, che la divina indulgenza si estendeva al padre e alla madre del nuovo "soldato in Cristo"; una tale grazia a livello familiare non si perdeva neppure nel caso che il "crociato" non volesse più o non potesse mantere il voto, a condizione, però, che lo riscattasse pagando una congrua somma, stabilita in conformità al suo presunto valore militare. La corte romana si procurava, in tale modo, facile denaro da destinare a profitto della "santa causa". Questo lucroso sistema non cessò di svilupparsi, per essere adoperato nelle più piccole questioni dei papi […].

Il metodo, ingegnoso, consisteva nell’accordare delle indulgenze a coloro che prendessero la croce per una causa indeterminata, ed esentarli poi dal servizio a peso d’oro; ma, dimostrandosi tale metodo inutilmente macchinoso, si finì per semplificarlo, e l’acquisto della salvezza si ridusse al semplice pagamento diretto. Così, dunque, Papa Giovanni XXII (1316-1334) trovò il mezzo di procurarsi denaro per le sue guerre private, e ciò anche […] ordinando ai vescovi di piazzare ovunque delle "bussole", in modo che i fedeli potessero venire in aiuto delle chiese e salvare, nel contempo, le proprie anime. […]. Un sistema ancora più meschino consisteva nell’invio […] di quaestuarii, cioè "mercanti di indulgenze". Questi individui spesso non avevano altro bagaglio che delle reliquie, sottratte con liberalità dalle chiese, e delle lettere pontificie o vescovili, con le quali venivano autorizzati a rimettere i peccati, dietro un contributo […] quanto bastava, per poter promettere non solo la salvezza dei vivi e il condono delle pene dei peccati in purgatorio, ma addirittura la liberazione dei dannati rinchiusi all’inferno, e tutto mediante il pagamento di qualche moneta [!!]…» (cfr. Stornaiolo U.: «Soria laica del Cristianesimo»), Napoli, 1995).




(5) Tra le "orge" più note organizzate in Vaticano per "li sollazzi delli prelati" basta menzionare, ad esempio, quella riportata da Stornaiolo (1995) come segue: «…La licenza del clero toccò vertici senza precedenti; alla corte papale stessa erano tenute orge sessuali, con la partecipazione di innumerevoli cortigiane. Fra le cronache sul Papa Alessandro VI (1492-1503) ve ne è una illuminante, che culminò con una singolare gara di destrezza: vennero gettate sui pavimenti dei saloni pontifici un’infinità di castagne; si premiavano le "dame" che, aggirandosi nude e carponi, ne raccattavano di più con la bocca; simultaneamente, vi erano premi per quei "cavalieri" che riuscivano a possedere il maggior numero di donne, trovate in condizione così propizia…». Mentre, con palese contraddizione, «…Per il borghese e per il popolano i costumi erano severissimi; per loro pullulavano, anzi, tutta una miriade di libretti edificanti, rivolti a combattere l’immoralità. […] l’adulterio e l’incesto furono passibili di pena capitale. La gogna […] fu temutissima tanto da provocare un fulmineo aumento degli infanticidi […] e dei suicidi da parte delle ragazze-madri. […]. Fu riaffermato il principio patristico medievale secondo cui il peccato sessuale risulta infinitamente peggiore di ogni altro, cosa che fu ribadita dal Concilio di Trento (1545-1563), facendo accrescere l’ondata di persecuzioni sadiche e di automortificazioni masochistiche contro la minima violazione al tabù. Come completamento ai tribunali della "santa" Inquisizione, anche la "Compagnia di Gesù", applicando il terrore e l’intransigenza, si incaricava della repressione…» (cfr. Stornaiolo U.: Op. cit., Napoli, 1995).



La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Apocalisse Laica
Le religioni dividono. L'ateismo unisce


Il sonno della ragione genera mostri (Goya)


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