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Italia dei valori

Ultimo Aggiornamento: 21/01/2009 10:55
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Padre Guardiano
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La resa dei conti



Pubblicato il 19/01/09 alle 21:51:23 GMT pubblicato da lisistrata

FINANZIAMENTI: SETTE MILIARDI IN DUE, DIVISI TRA PRODI E DI PIETRO
I SOLDI DELLA CONTESSA BORLETTI PER CAMBIARE L'ITALIA SONO RIUSCITI SOLO A CAMBIARE LO STATO ECONOMICO DI QUALCUNO

LA RESA DEI CONTI - Abbiamo visto all'opera "l'eroe dei due mondi" (quello giudiziario e quello politico) far tintinnare le sue manette e lasciare dietro le sue "inchieste" una lunga scia di morte che nel tempo è anche diventata una scia di fumo, di nullità. Quante delle sue poderose iniziative giudiziarie sono andate a buon fine? Quanti soldi degli italiani sono stati spesi bene o sprecati in questa moderna "rivoluzione fatta da giacobini italiani"? Quanti? Non si saprà mai.

Ma quello che è veramente ciò che conta, non è che chi abbia portato a termine queste inchieste abbia speso troppo o non sia riuscito a dimostrare molto dei suoi teoremi, se erano motivate da vere e oneste intenzioni.
Nessun uomo è perfetto l'umanità intera è perfettibile e allora non si può chiedere alla magistratura di rispecchiare la perfezione che non è una qualità umana, ma l'onestà e la sincerità sì, non solo si può chiederlo, ma si deve pretenderlo e si deve ottenerlo.

Possiamo oggi, a distanza di circa 20 anni dichiarare che abbiamo ottenuto di migliorare lo stato della corruzione, del malcostume e delle truffe italiche? NO NON POSSIAMO DIRLO E SOPRATTUTTO POSSIAMO SOSTENERE CHE LA SITUAZIONE E' PEGGIORATA!!!

In quegli anni, io ero fra coloro che sperava in una grande pulizia, ma poi ho assistito a una scena che mi ha dato già la dimensione della persona che in quel momento rivestiva il ruolo di "sceriffo" e ho cominciato a capire che eravamo di fronte a uno stupro istituzionale legale e legalizzato.

Vi racconto a cosa ho assistito, inorridendo per lo schifo che appariva ai miei occhi: un giorno davanti al Palazzo di Giustizia di Milano, in Via Freguglia, all'altezza di uno degli ingressi principali, con stridor di freni e un fuggi fuggi della gente che stava attraversando, si sono fermate due macchine che arrivavano molto veloci, con tanto di sirena spiegata.

Dalla prima e dalla seconda auto sono scesi alcuni agenti armati di mitra, che si sono schierati fino al portone di ingresso ove a fianco dell'ingresso pedonale, di solito entrano le automobili di coloro che hanno accesso regolare al Palazzo di Giustizia, come i magistrati e i cellulari dei processandi. Mi sono fermata incuriosita per capire cosa stava succedendo e dalla seconda macchina è sceso Antonio Di Pietro (allora il magistrato di punta di "mani pulite" che si è incamminato con tutta tranquillità, pavoneggiandosi, fra le ali degli agenti armati per arrivare ad entrare, non dalla porta pedonale, ma dall'ingresso automobilistico. Quando lui ha varcato la soglia, gli agenti sono risaliti sulle rispettive auto e lo hanno seguito all'interno del palazzo.

Per me fu come un'illuminazione: ho avuto modo di assistere alla mostra del sé, di un personaggio che fino a quel momento avevo visto da lontano e della cui onestà non avevo dubitato, ma quella scena così melodrammatica ed inutile mi ha chiarito che purtroppo ci trovavamo in presenza di una persona boriosa, arrogante e priva di ogni senso etico e morale, perché la sua "pagliacciata" a favore di telecamere (quella scena andò in onda in tutta Italia) ebbe a chiarire che il personaggio non stava lavorando per raggiungere la verità e dispensare giustizia, ma stava lavorando per sé, per ottenere una visibilità immeritata a spese dei contribuenti italiani, che pagavano per lui anche il superfluo.

Secondo episodio chiarificatore. L'abbandono della magistratura: come gran parte degli italiani seguivo "mani pulite" in televisione e dopo il processo Craxi e dopo le solite diatribe nelle quali il nostro "eroe dei due mondi" implicava sempre Berlusconi, addossandogli la colpa di ogni male, un giorno Antonio Di Pietro entra in aula e dopo una dichiarazione, apparentemente estemporanea, si toglie la toga e facendola roteare con un gesto alla Zorro, la getta lontano. La toga va a finire su una sedia e parte di essa scivola per terra. I gesti, che come molti di voi sanno, appartengono alla sfera del linguaggio analogico, erano più eloquenti di qualsiasi frase.
Il gesto del togliersi la toga, di Di Pietro, avrebbe dovuto essere fatto in modo tale da confermare quanto stava dichiarando a voce, e cioè che lasciava, suo malgrado e con dispiacere, la magistratura; invece il suo gesto dimostrava disprezzo per la toga, che è un simbolo la cui valenza è simile a quella della tonaca religiosa, in quanto ricopre le spalle di chi ha la responsabilità di amministra la giustizia e ne consegue che, per primo, ha il dovere di rispettare quel simbolo, mentre il signor Di Pietro ancora una volta metteva sotto gli occhi di tutti un lapalissiano e chiaro falso ideologico, che non corrispondeva a quanto da alcuni anni pretendeva di farci credere

A quel punto mi è stato chiaro che il soggetto in questione non era quello che voleva apparire, ma si era soltanto paludato di un manto, che lo rivestiva come un alone mistico rendendolo un intoccabile ed è in quel preciso momento che ho avuto chiaro il prosieguo della "stravolgente carriera politica" dell'ex magistrato Di Pietro, tant'è che mi sono molto inquietata per l'offerta che gli fece Berlusconi per rivestire nel suo primo governo un ruolo di ministro. Mi sono domandata come mai Berlusconi non lo aveva capito e come mai nessuno vicino a Berlusconi era stato in grado di consigliarlo a lasciarlo perdere.

Il tempo purtroppo mi ha dato ragione e oggi le "pretese mani pulite" appaiono veramente ciò che sono state:"mani lerce" a tutti gli effetti e la corruzione che hanno peggiorato, non è cominciata ora, ma risale a molti anni fa e credo che non basterà una rivoluzione per sanare quest'Italia corrotta e marcia nel profondo, perché è troppo radicato questo mal costume, ci si può augurare solo uno sconvolgimento a livello cataclisma planetario, così che ci obblighi tutti a ricominciare daccapo e non ci lasci crogiolare nell'idea che anche noi possiamo far parte del lauto banchetto a cui l'Italia e gli italiani sono stati sottoposti.

Senza voler entrare nel merito di ciò che riguarda l'uso corretto o scorretto delle connivenze economiche, sociali e politiche, lascerò che siano le carte e le informazioni di chi le conosce meglio di me a dimostrarlo, attraggo la vostra attenzione anche sul fatto che il signor Di Pietro non aveva fondato un partito, come tutti gli altri, ma aveva fondato un'azienda privata, di cui lui era il solo ed unico capo assoluto. Azienda-partito mantenuta e sostenuta con i soldi erogati dai contribuenti italiani, che di spolpate immeritate ne avevano già subite troppe, ma quella di mantenere un'azienda privata con la presunzione del fungere da partito è un'altra delle vergogne italiane, che anche a cercare di coprirla, prima o poi galleggerà sulle acque del mare della verità e tutti capiranno quanto è stata vergognosa e immeritata la "carriera politica di questo ex magistrato"

Adriana Bolchini Gaigher





Sette miliardi di lire in due, divisi tra Prodi e di Pietro
Correva l’anno 1995 quando la contessa che viveva a Londra proclamò: “Soltanto quei due possono cambiare l’Italia”. I tempi erano difficili, la Prima repubblica finiva in macerie, il nuovo avanzava ma a stento. Romano Prodi girava in pullman l’Italia e Antonio Di Pietro, appena dismessa la toga, ancora meditava se buttarsi in politica. Fu allora che Maria Virginia Borletti, detta Malvina, la milanesissima erede delle macchine per cucire “Borletti, punti perfetti”, decise che era venuta l’ora di dare il suo personale contributo al cambiamento.
Il 22 maggio, davanti all’avvocato londinese Claudio Del Giudice, in Great Eastern street, firmò l’atto di donazione più straordinario nella storia della Repubblica: il 20 per cento dell’eredità del padre Mario sarebbe andato a Romano Prodi e ad Antonio Di Pietro, “le persone che più hanno da dire al nostro Paese e che riflettono la miglior parte degli italiani”.

Sette miliardi di lire in due, fu la stima dell’epoca: 3,5 miliardi a testa che avrebbero potuto, calcolarono preoccupati figli e fratelli, diventare ancora di più.

E infatti chiusero i cordoni della borsa appena possibile. Ma di soldi ne erano già usciti tanti: 1,5 miliardi che i
beneficiari giurarono di avere accortamente investito in attività politica. Fino al colpo di scena del 9 gennaio scorso, quando su Libero Antonio Di Pietro ha illustrato la destinazione di 300 dei 954 milioni da lui incassati dalla contessa: acquisto di case. Possibile?

Da Londra arriva un “no comment”. Non parla la contessa che voleva “cambiare l’Italia”, né i fratelli che le contestarono la donazione, e neppure i figli Federico e Francesca, quelli che protestarono: “Sprechi i soldi”. Alessandro Manusardi, il commercialista milanese che all’epoca seguiva gli affari italiani di Malvina, si sente però di “escludere in maniera assoluta che l’obiettivo della signora fosse il finanziamento di qualsivoglia acquisto immobiliare altrui”.
Il finanziamento era tutto politico e come tale è stato regolarmente denunciato alla Camera dei deputati sia da Prodi sia da Di Pietro. Prodi passa all’incasso il 19 ottobre 1998, 10 giorni dopo aver lasciato Palazzo Chigi: 198.479 sterline e 22 pence, che al cambio corrente facevano 545.817.855 lire, pagati a Ginevra da un conto Ubs. Esentasse, visto che Prodi aveva accettato la donazione solo per i fondi depositati oltreconfine e poteva dunque avvalersi della legge 346 del 1990 che esclude dalla tassazione le donazioni liquide fatte da residenti all’estero.
Non si hanno dettagli sulle trattative con Di Pietro, ma sono note le date e gli importi dei versamenti: 571 milioni il 15 giugno 1998; altri 83 milioni il 13 agosto; terza tranche di 300 milioni il 19 marzo 1999. Totale dichiarato alla tesoreria della Camera: 954.317.014 lire.

E qui cominciano le pene di Manusardi, alle prese con il 740 della contessa. In base alla legge può detrarre solo le
donazioni ai partiti, non quelle ad personam; dunque si mette disperatamente in caccia di una ricevuta che attesti il passaggio delle somme dai due politici ai partiti di riferimento.
Da Prodi ne ottiene una: le 198 mila sterline sono state girate al Comitato Italia che vogliamo, che ne rilascia regolare quietanza.
Ma Di Pietro? “Ho parlato più volte col suo tesoriere, Renato Cambursano” racconta il commercialista. “Non sono mai riuscito a ottenere nemmeno un pezzo di carta”.

Della vicenda Panorama si occupa già nel giugno 2000. Cambursano, intervistato all’epoca, è lapidario: “Né l’Italia dei valori prima, né i Democratici poi hanno avuto alcun contributo proveniente dalla donazione Borletti”.

A bilancio dunque non è mai stato iscritto alcunché. Anzi, “a quei tempi io ero sempre con Di Pietro, ma mai l’ho sentito dire che aveva incassato 1 miliardo dalla contessa” giura Elio Veltri, ex sodale e oggi avversario di Tonino. Anche Di Pietro e Prodi, nel frattempo, non vanno più d’amore e d’accordo. Di Pietro nel 2000 esce dai Democratici minacciando addirittura un decreto ingiuntivo per ottenere parte dei rimborsi elettorali incassati dal partito; alla fine se ne andrà con i soli mobili dell’ufficio.

È la fine del sogno politico della contessa. C’è da stupirsi se il 13 giugno 2000 il figlio di Malvina, Federico Forcolini, per un’intera giornata si consulta con Manusardi e pochi giorni dopo blocca ogni ulteriore pagamento?
Né Prodi né Di Pietro dicono a. Anzi, qualcosa dicono: a Panorama, sempre nel giugno 2000, spiegano come hanno speso i soldi Borletti. Prodi ha utilizzato i suoi 545 milioni per “la campagna elettorale a Bologna”, e il suo commercialista Fabrizio Zoli fornisce addirittura il numero degli stipendi pagati grazie alla donazione.

Di Pietro elenca “attività politiche diversificate” (vedere il riquadro) e assicura di avere in cassa “un residuo di 62
milioni circa” che pensa di utilizzare per i suoi futuri impegni politici. Dell’acquisto di case non parla. Non ancora. Ma ci tiene a sottolineare che “la donazione non era, nel mio caso, finalizzata ad attività politiche, ma all’uso che ne avrei ritenuto più opportuno”.

Resta solo un dubbio, che forse oggi attanaglia anche la contessa Borletti: comprare casa grazie alla sua donazione era un uso opportuno? E con quali soldi, poi, visto che già nel 2000 Di Pietro affermava di aver speso tutto in attività politiche?

PANORAMA del 17/1/2009 I finanziamenti dell’Idv: Tonino e i soldi della contessa
blog.panorama.it/italia/2009/01/17/i-finanziamenti-dellidv-tonino-e-i-soldi-della-...





Commento sotto l'articolo di Panorama:
CASO VALSELLA ATTUALE
Sbaglio o in quel periodo c’era un inchiesta “VALSELLA?“ che vide un conte Borletti andare in galera poiché socio al 50% di una società Bresciana che fabbricava mine?

La mia conoscente, allora Ministro Margherita Boniver o meglio chiedere anche al vostro collega, Daniele Moro TG5,
raccontavano, se non vero, che per neutralizzare tutte quelle mine anti-uomo (proprietà Borletti e Avvocato Agnelli) non bastavano 100 anni! vincenzoaliasilcontadino at gmail.com Matera
ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/03/12/tutti-sapevano-ma-lo-stato-ign...
www.finmeccanica.it/Holding/IT/index.sdo
www.chiarelettere.gruppi.ilcannocchiale.it/?t=post&pid...
Anzi, se voleste per caso investire nel sangue, andate qui dove trove rete i bilanci:
www.finmeccanica.it/Holding/IT/Corporate/Investor_relations/Bilanci_e_prospetti/i...



Ebbravo Tonino!!!!! [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812]


omega [SM=x789054] [SM=x789054] [SM=x789054]







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Se la vita ti sorride,ha una paresi.(Paco D'Alcatraz)

Il sonno della ragione genera mostri. (Goya)

Apocalisse Laica

Querdenker evangelico anticonvenzionale del 1° secolo. "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam!" g.b.--In nece renascor integer ./Satis sunt mihi pauci,satis est unus,satis est nullus. Seneca-Ep.VII,11


Vivo fra lo Stato Sovrano della Fica e la Repubblica Popolare del Cazzo
21/01/2009 10:55
 
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Eh,si,tra falsi ideologici,menzogne,corruzioni di varia natura e tipo,con la mafia che la fa da padrona in certe parti d'Italia (sulla mafia lessi un resocondo di Travaglio riguardo ai compromessi tra Stato e Mafia negli anni di Riina post-Riina,davvero sconvolgente,la Mafia che era in grado di piegare lo Stato e in quegli anni hanno preso per il culo gli italiani facendo credere che fosse lo Stato ad aver piegato la Mafia) e la dittatura di oggi,questo Paese ormai e' diventato incivile,spero che ci buttino fuori dall'Europa perche' ce lo meritiamo,a meno che gli italiani non si sveglino una volta per tutte e facciano una bella rivoluzione.

Ma ne dubito,ormai siamo come in ostaggio di questi politicanti di merda, perche' sanno che possono utilizzare la forza (polizia,carabinieri) e le connivenze contro chi si azzarda a toccalri (vedasi caso de Magistris).

Siamo davvero messi male,molto male,il problema e' che gran parte della massa e' rimbabita dalle tettone del grande fratello,e' chiaro,siamo proprio un popolo di coglioni,basta che c'abbiamo culo e tette in tv,il calcio,e che si soddisfi la pancia.
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