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Studio religioso.

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2011 02:08
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02/07/2011 22:41
 
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Lo studio che andrò a postare si intitola "Una critica dell'etica Cristiana".
L'autore è il Dott.Prof. Gerhard Streminger

Consiglio la lettura a persone con un forte senso critico e una conoscenza almeno a livello medio/alto delle Sacre Scritture.

Buona lettura

omega

ps. per Kelly- Suggerisco l'inserimento nel sito.



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Se la vita ti sorride,ha una paresi.(Paco D'Alcatraz)

Il sonno della ragione genera mostri. (Goya)

Apocalisse Laica

Querdenker evangelico anticonvenzionale del 1° secolo. "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam!" g.b.--In nece renascor integer ./Satis sunt mihi pauci,satis est unus,satis est nullus. Seneca-Ep.VII,11


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Prof. Dr. Gerhard Streminger


Una critica dell'etica cristiana


Sommario: In questo articolo ho cercato di discutere i principali pregi e difetti dell'etica cristiana.
I principali pregi sono – a mio parere – il fatto che un'etica cristiana (ossia di Gesú) esista realmente, e che essa abbia dei contenuti considerevoli, come, ad esempio, l'identificazione di Gesú con i poveri.
I principali difetti mi sembra che siano: il tipo di motivazione proposto da Gesú; la limitata originalità dei suoi comandamenti; il comportamento talvolta rozzo del Gesú biblico; l'etica, non priva di problemi, del discorso della montagna; la mancanza di una autentica dottrina sociale; e la mancanza di una esatta definizione della virtù dell'amore, che dovrebbe svolgere un ruolo centrale nell’etica cristiana.

((1)) La presente discussione sui pregi e difetti dell’etica cristiana parte da alcuni dati di fatto, che sia i suoi sostenitori, sia i detrattori, sono in grado di ammettere senza alcuna difficoltà. Indipendentemente da ogni differenza di valutazione, mi sembra che credenti e non credenti possano condividere un canone di
dati di fatto, tra cui i principali sono:
a. Esiste un'etica cristiana, ossia un sistema di giudizi di merito, in base al quale ogni azione ed ogni comportamento può venir giudicato <positivamente>, ossia come <buono>, oppure disapprovato. Vi è inoltre il tentativo di dare un fondamento a questo sistema.
In questo modo l'etica cristiana cerca di offrire una risposta alla mancanza di orientamenti lamentata da piú parti.
Dato che questo fondamento poggia sulla volontà di un essere divino, ossia su un progetto divino, nel quale sia l'<al di qua>, sia l'<al di là>,giocano un ruolo importante, l'etica cristiana riesce a dare anche una risposta a quella tanto scongiurata crisi spirituale.
I critici ed i non credenti non possono quindi domandarsi se esista realmente una etica cristiana, che possa soddisfare i diversi bisogni fondamentali. Possono solo domandarsi se un simile sistema sia intrinsecamente coerente, ben fondato e realmente plausibile, e se eventualmente sia possibile trovare delle filosofie morali migliori.
b. Ogni etica cristiana deve – per lo meno indirettamente – fare riferimento alla vita ed ai comandamenti di Gesú. Per i teologi ed i fedeli di religione protestante, questo è ovvio. Non lo è invece per quelli cattolici, i quali riconoscono oltre all'autorità della <parola> anche l'autorità della <tradizione>. Tuttavia
anche i cattolici, in caso di dubbio – dato che la tradizione non sempre è chiara e ricca di esempi – fanno riferimento alla <parola di Dio>, ossia alla <Sacra Scrittura>. Solo attraverso questo riferimento ogni loro eventuale messaggio può dirsi cristiano.
Un sistema etico, per meritare la qualifica di <cristiano>, finirà
sempre col (dover) dipendere, in ultima analisi, dall'etica di Gesú. Su questo punto non esistono significative differenze di opinione tra credenti e non credenti.
c. Nel Nuovo Testamento (in seguito <NT>, ed <AT> per Antico Testamento) si incontrano dei passi indubbiamente di profondo contenuto.
Ad esempio, quando ai potenziali lapidatori di una adultera Gesú
chiede di fare un esame di coscienza delle proprie colpe, prima di scagliare la pietra, inducendoli cosi a desistere.
In un altro passo Gesú chiede di non avere esitazioni nel seguirlo, di lasciare che < i morti seppelliscano i loro morti>. Oppure quando Gesú identifica sè stesso con ogni sofferenza dell’uomo,
dicendo: "quello che avete fatto all’ultimo degli uomini, lo avete fatto a me ".
Una eventuale critica non puó quindi contestare l’esistenza nel NT di affermazioni cosí profonde. Puó solo chiedersi in quale
contesto esse rientrino e su cosa si fondino. Puó inoltre domandarsi quali passi si trovino anche al di fuori del <libro dei libri>, e se esistano dottrine etiche pagane che contengono sentenze analoghe, oppure una molteplicità di altre sentenze notevoli.
((2)) Ma prima di addentrarci nell'etica di Gesú, mi sia concesso di discutere una interessante obiezione,riguardo alle precedenti considerazioni, che viene a volte mossa da alcuni teologi contemporanei.
Essa suona così: "Nel NT non esiste alcuna etica. Parlare di etica significa già parlare di un sistema filosofico.
Ma Gesú si è imposto, come modello e come personalità carismatica, attraverso le proprie azioni. Parlare di una <etica di Gesú> è sintomo di un discorso non religioso, in ogni caso <non di Gesú>".
((3)) Questa obiezione – a mio parere – è nel complesso insostenibile.
Tuttavia essa contiene un granello di verità. Ma prima di affrontarla, vorrei discutere brevemente una obiezione analoga, riguardo al modo filosofico di considerare un altro problema teologico, ossia il famoso e discusso problema della teodicea.
Anche riguardo a questo problema talvolta si sostiene che non è <un problema biblico, ma semplicemente un problema filosofico>, che quindi non tocca il nucleo del messaggio cristiano



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[Modificato da =omegabible= 04/07/2011 21:47]



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02/07/2011 22:47
 
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((4)) In effetti, si può rinfacciare ai filosofi, presenti e passati, di aver tentato di sistematizzare, e di analizzare logicamente, il problema della compatibilità tra la bontà di Dio onnipotente ed il male nel mondo.
"Si Deus unde malum ?" è la formulazione classica di questo problema, fatta per la prima volta da Boezio (ma non esatta, poichè il problema della teodicea si pone solo se Dio viene pensato come
buono; essa andrebbe quindi corretta in: "si Deus bonus unde malum ?").
((5)) Tuttavia, mi sembra che non si possa rinfacciare ai filosofi, che si sono occupati della teodicea, di non aver affrontato un tema biblico. Infatti, non è forse Geova, ossia Dio, il <creatore del cielo e della Terra> secondo la Bibbia? Se LUI è il creatore di miliardi di sistemi solari, allora dovrebbe essere per LUI
facilissimo spazzar via il male da quel minuscolo (in scala cosmica) granello di sabbia chiamato Terra.
E nel Giudizio Universale, alla <fine di tutti i tempi>, LUI dovrebbe essere un giudice giusto, e secondo alcune versioni anche un padre misericordioso. Quindi, secondo la Bibbia, Dio è onnipotente e dotato di ogni virtù. Ed allora si pone con veemenza la domanda, da dove abbia origine il male, ossia il problema della teodicea.
((6)) Non è poi forse vero che Gesú – in un passo che ha giocato un ruolo centrale nella controversia di Ario – ha protestato nel sentirsi chiamare <giusto>, poiché: " uno solo è giusto, ossia il Dio nei cieli" ?
Gesú esalta anche la potenza di Dio, quando afferma che non cade neppure un passero dal cielo, se Dio non lo vuole. Ma se non cade nemmeno un passero dal cielo se Dio non lo vuole, allora non cade
neppure una bomba atomica dal cielo, se Dio non lo vuole.
Pertanto, secondo la dottrina di Gesú, LUI non è solo buono, ma è anche onnipotente. Ed allora emerge di nuovo, con la massima forza, il problema della teodicea. Questa scabrosa questione non è dunque sorta nella testa di qualche filosofo irrispettoso della religione, ma scaturisce fondamentalmente dalla Bibbia stessa (invito chi non fosse soddisfatto di queste mie argomentazioni, a leggere il libro di Giobbe nello AT).
((7)) Ma torniamo all'affermazione che nel NT non esiste assolutamente alcuna etica, poiché <l'etica è solo una questione filosofica, mentre Gesú si è imposto attraverso le proprie azioni>. E' vero che l'eroe del cristianesimo non era un grande filosofo, tuttavia è riuscito – e riesce ancora – a destare interesse
soprattutto attraverso le proprie prediche. Tuttavia, come dovrebbe venir esaurientemente mostrato in seguito:
– nel NT si trovano richieste e comandamenti del tutto concreti
– dotati di un accenno di fondamento, ed esistono
– dei plastici tentativi di Gesú per motivare gli uomini ad ubbidire ai suoi comandamenti.
((8)) Nel Vangelo si trovano quindi tutti gli elementi essenziali per definire un'etica. Solo sul secondo punto (il fondamento dei comandamenti) si fa poca luce. Ed è proprio su questo punto che l'obiezione mossa dai teologi trova una certa legittimità.
Tuttavia, dal contesto delle prediche di Gesú traspare
chiaramente quale dovrebbe essere questo fondamento: "i comandamenti vanno rispettati poiché si tratta del volere di Dio, e perché essi rientrano in un progetto divino" (1).
E' quindi chiaro quale dovrebbe essere il fondamento dell'etica di Gesú, anche se nel Vangelo viene solo accennato.
((9)) Sono stati innanzitutto i moralisti cristiani ad elaborare questo punto. Intere biblioteche sono state riempite con tentativi di dimostrare l'esistenza e la bontà di Dio (infatti, ubbidire ai comandamenti di una autorità, anche senza conoscerne il fondamento, va bene solo nel caso questa autorità sia anche buona).
In questo senso, ossia per quanto concerne il fondamento dei comandamenti, esiste un'etica della religione cristiana, che trae lo spunto dall'etica di Gesú e che si estende ben oltre.
((10)) Anche se Gesú ha fatto ben poco per legittimare i suoi comandamenti, tuttavia si è dato molto da fare per motivare gli uomini a rispettare dei precetti ben precisi.

A. La motivazione del comportamento umano secondo Gesú

((11)) Dopo queste osservazioni introduttive, torniamo all'etica di Gesú, la cui fonte esclusiva è il Vangelo.
Questo è per i cristiani la massima fonte religiosa e morale, il <metro di tutti i metri>, il documento della rivelazione.
"La Bibbia è tuttora il libro più diffuso e tradotto nel mondo, con cinquanta milioni di esemplari (versioni ridotte incluse) stampati e distribuiti ogni anno" (2).
((12)) Tuttavia appena si va un pochino al fondo di questo libro – che da secoli gode di un incomparabile successo – si può innanzitutto notare la mancanza di sistematicità nella dottrina di Gesú.
Molto di quanto vien detto non è logica conseguenza di quanto è stato precedentemente detto. Gesú inoltre parla



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[Modificato da =omegabible= 04/07/2011 21:52]



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02/07/2011 22:51
 
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prevalentemente attraverso parabole, alcune delle quali ammettono molteplici interpretazioni. Perfino molti dei suoi discepoli hanno protestato: "Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?", scrive Giovanni(3).

((13)) Gli stessi discepoli che ebbero il privilegio di entrare direttamente in contatto con Gesú, furono più eccitati che illuminati dalle sue parole. Inoltre, sulla base di quanto Gesú dice nel seguente passo, i discepoli avrebbero anche avuto tutto il diritto di arrabbiarsi: "Quando poi fu solo, quelli che erano intorno a lui, insieme ai Dodici, lo interrogarono sulle parabole. Ed egli disse loro: a voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, perché: guardino, ma non vedano; ascoltino, ma non intendano; perché non si convertano e venga loro perdonato" (4).
Ma allora perché, nonostante questo <parola di Gesú>, si continua a sostenere che il Figlio di Dio è venuto per salvare tutti gli uomini?

((14)) Forse l'insegnamento attraverso parabole è particolarmente adatto per comunicare certi messaggi in maniera penetrante, tale da suscitare in chi ascolta numerose associazioni, andando così a toccare
altri campi, oltre quello del semplice pensiero. Ma questo pregio si paga col difetto, che il senso esatto di quanto vien detto rimane piuttosto all'oscuro. Gli evangelisti potrebbero aver avuto questa impressione, ed il Vangelo di Giovanni potrebbe essere stato concepito anche per far luce sulle parabole.

((15)) Dozzine di generazioni di apologeti e di teologi cristiani si sono indaffarati nella spiegazione dei testi che, tutto sommato, non sono poi così numerosi. Ció nonostante, fino ad oggi quasi tutto è rimasto avvolto nell'incertezza. Finora i cristiani non hanno potuto essere unanimemente d'accordo su "cosa è morale e cosa è immorale. L'opinione dei cristiani è divisa, non solo su cose da cui dipende – a seconda di come vengono intese – la salvezza dell'anima, ma anche sui problemi attuali di questo mondo, dal pacifismo fino al divorzio ed alla morale sessuale in generale, dal comportamento corretto da assumere nei confronti di un regime totalitario fino alla pena di morte " (5).

((16)) Questa diversità di opinioni non è l'espressione di un'epoca <lontana da Dio>, ma ha marchiato da sempre la tradizione e si spinge in profondità fino agli albori del cristianesimo. Già nella storia degli apostoli si narra di discordie tra i primi adepti. Pare che nel concilio di Gerusalemme ci siano state delle "opposizioni" con "discussioni molte animate" (6), e poco più tardi si giunse a delle condanne in piena regola. Paolo, ad esempio, racconta di aver consegnato " due eretici a Satana, perché imparino a non più
bestemmiare ", e Pietro afferma che i falsi dottori sono: "come animali irragionevoli nati per natura a essere presi e distrutti"(7). Tenendo conto di una simile intolleranza non c'è da meravigliarsi che, già nell'anno 384 a Trier, per la prima volta, dei cristiani furono uccisi da altri cristiani.

((17)) Di questo caos Gesú è perlomeno corresponsabile, perché – come abbiamo precedentemente detto – egli aveva deciso, per dei motivi ignoti, di lasciare deliberatamente molte cose all'oscuro. Ma
dopotutto, se <a quelli di fuori> tutto viene esposto in parabole <perché non intendano e non venga loro perdonato>, allora i redattori dei tre Vangeli sinottici – a prescindere dal fatto che non erano
contemporanei di Gesú – potrebbero non rientrare affatto tra gli eletti, cosicché nei Vangeli di Marco, Matteo e Luca, Gesú parla soprattutto attraverso parabole.

((18)) Tuttavia, nonostante la mancanza di sistematicità, nella Bibbia è possibile identificare tre principali comandamenti dell'etica di Gesú : <amate Dio !>, <credete in me !>, ed <amatevi l'un l'altro !>. Per rispettare questi comandamenti Gesú indica anche due motivi: primo, perché <la fine del mondo è vicina> e secondo, perché per i trasgressori ci sarà <pianto e stridor di denti> (8).

(a) L'errore del Gesú biblico

((19)) Per primo è stato Albert Schweizer ad osservare che il Gesú dei Vangeli sinottici nel suo messaggio partiva dalla premessa che il mondo fosse prossimo alla fine. Gesú, infatti, profetizzava che: "
il figlio di Dio viene nello splendore del Padre con i suoi angeli, ed allora chiederà conto a ciascuno delle azioni compiute. "In verità vi dico, che ci sono parecchi qui, che non assaggeranno la morte, prima di vedere il Figlio dell'Uomo venire nel suo regno" (9).

((20)) Ma la profezia del futuro regno di Dio, il ritorno del Figlio insieme al Padre ed agli angeli, la resurrezione dei morti, il giudizio finale, e la definitiva sconfitta di tutte le forze demoniache, non sono affatto accaduti. Nonostante il Salvatore – come si presume – si sia fatto uomo, poche cose sono cambiate (10).

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[Modificato da =omegabible= 04/07/2011 21:56]



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02/07/2011 22:54
 
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((21)) Il significato escatologico della morte di Gesú e la resurrezione finale dei morti – entrambi dati come imminenti da Gesú stesso, prima di essere crocefisso – vengono affermati, chiaramente e con forza, soprattutto da Matteo. Egli racconta che, durante l'agonia di Gesú, ci fu una oscurità di tre ore e che " il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la Terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti resuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua resurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti" (11).
Tuttavia questa resurrezione sembra sia avvenuta solo nella fantasia sovraeccitata degli evangelisti, poiché non esiste alcun altro riscontro di questo miracoloso evento. Che la fantasia sovraeccitata abbia potuto oscurare la visione della realtà, è dimostrato anche dal seguente passo. Dopo il viaggio nel regno dei morti e la sua supposta resurrezione,Gesú avrebbe detto agli apostoli, che coloro che crederanno in lui " .. se berranno qualche veleno, non
recherà loro danno " (12).
((22)) La speranza che Gesú avrebbe presto fatto ritorno fu condivisa da molti. Nella prima lettera ai Tessalonicesi – probabilmente il più antico documento del NT – Paolo assicura i fedeli che saranno
ancora tutti vivi quando tornerà il Signore: "Confortatevi dunque a vicenda con queste parole" (13). La comunità dei Tessalonicesi – come pure altre comunità cristiane – aveva atteso con ansia il ritorno del
Messia. Alcuni avevano smesso di lavorare, altri pensavano solo all'imminente regno di Dio. La prima lettera di Paolo ai Tesssalonicesi è scritta ancora con un tono relativamente pacato; la seconda invece con maggiore veemenza. Evidentemente gli era giunto alle orecchie, che la situazione stava diventando molto più problematica di quanto avesse immaginato all'inizio. Per questo <ordinò> loro di portare a termine i propri compiti e di adempiere i propri doveri: "chi non vuol lavorare, neppure mangi" (14).
La conclusione della prima lettera mette quasi in evidenza che coloro, che credevano nel ritorno del Signore, si erano lasciati andare dal punto di vista morale. Probabilmente devono aver pensato che, dato l'imminente ritorno del Salvatore, fosse diventata irrilevante qualunque cosa si facesse.
((23)) Ma nel frattempo la fine del mondo non è avvenuta. "Dov'è la promessa della sua venuta? Dal giorno in cui i nostri padri chiusero gli occhi tutto rimane come al principio della creazione", è la domanda di alcuni denigratori nella seconda lettera di Pietro (15). Evidentemente su questo punto Gesú si era sbagliato. Pertanto anche Paolo ha dovuto poi modificare la propria opinione ed introdurre una modifica, che permettesse di rimandare indefinitamente il ritorno del Signore. Alla fine poi diede da intendere quel ritorno fosse addirittura superfluo. Paolo aveva infatti all'inizio affermato: "Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve. D`ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l`avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché la scena di questo mondo passa"(16).
Ora peró Paolo annuncia che la grande svolta è già avvenuta: "Se
uno è in Gesú, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove" ( 17).
((24)) Gesú nacque nell'epoca dell'apocalisse tardo giudaica, quando molti israeliti, oppressi dal giogo del dominio romano, accarezzavano l'idea della fine della storia sulla Terra attraverso una nuova
trasformazione soprannaturale del mondo. Mosè invece, ponendosi decisamente contro la religione egizia, aveva respinto la credenza in una seconda vita dopo la morte. Nell'antico Israele non c'era quindi
alcun interesse in una vita nell'al di là. Per Mosè la morte segna la fine dell'individuo, mentre per Gesú: "Il mio regno non è di questo mondo" (18). Con l'inizio della prigionia babiloniese, dalla quale gli isreaeliti furono liberati dai persiani, cominció una lunga fase di perdita di potere.
Con essa venne meno anche l'interesse per questo mondo ed aumentarono le aspettative in un mondo futuro migliore (19).
Per questo Gesú faceva riferimento quasi esclusivamente al tardo AT, al libro di Daniele, ed in particolare ai racconti figurati di Enoch, risalenti a prima del diluvio universale. Ricorreva invece ampliamente al materiale nonapocalittico dello AT per fare delle reinterpretazioni (20).
Le parti più recenti dello AT vengono rievocate "non solo da una espressione come <il figlio dell'uomo>, ma anche dall'atteggiamento complessivo di Gesú verso l'al di qua ed il suo interesse per un altro mondo.
Contrariamente alla tradizione che va da Amos fino al secondo Isaia, l'al di qua non sta più al centro dell'interesse, poiché si pensa che il mondo finirà presto. Ed anche in questo momento – dato che il mondo esiste ancora – dovremmo pensare meno a questo e più all'altro. Anzi, non dovremmo pensare affatto a questo mondo, bensì preparaci, attraverso le nostre azioni ed aspirazioni, ad un <altro> mondo" (21). In contrasto con tutto questo, nei cinque libri di Mosè (nel Levitico) non si parla affatto dell'immortalità dell'individuo – ciò che conta non è la salvezza del singolo nell'al di là, bensì il destino del popolo d'Israele nell'al di qua.
((25)) Gesú ha dunque "predicato la imminente fine del mondo, ma si è completamente sbagliato riguardo a questo punto centrale della sua rivelazione. Questo è un dato assolutamente certo dell'intera critica
storica moderna della teologia cristiana" (22). Il fatto che Gesú si sia sbagliato su questo punto, viene ancor oggi negato dalla maggioranza dei cristiani, nonostante Schweizer abbia chiaramente detto: "Il


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[Modificato da =omegabible= 04/07/2011 21:59]



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02/07/2011 23:17
 
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nostro cristianesimo poggia su un inganno, poiché le aspettative escatologiche in esso contenute non sono state mantenute" (23).
((26)) Il giudizio di Karlheinz Deschner e Horst Herrmann, secondo cui Gesú "si é completamente sbagliato", contiene comunque una inesattezza. Sarebbe infatti più esatto dire che il Gesú biblico si è
sbagliato.
In effetti, non sappiamo cosa il Gesú storico abbia realmente detto. A questo proposito, disponiamo solo di resoconti ad opera suoi seguaci. Questi potrebbero aver riferito esattamente le parole
di Gesú, ma potrebbero anche non averlo fatto. Se i suoi seguaci hanno riferito fedelmente, allora Gesú si è sbagliato riguardo all'imminente fine del mondo.
Tuttavia, in generale, noi stessi siamo soliti accettare
con grande scetticismo – e giustamente – i resoconti dei fedeli seguaci, ad esempio degli stalinisti su Stalin o dei kennediani su J.F. Kennedy. Pertanto il Gesú biblico potrebbe essersi sbagliato, mentre il Gesú storico no. Forse il Gesú storico non ha compiuto alcun errore; forse non è neppure risorto, anzi forse non è neppure esistito.

(b) Le minacce d'inferno lanciate dal Gesú biblico

((27)) Dato che Gesú (24) viveva nell'attesa dell'imminente fine del mondo, i primi cristiani credettero che la fine del mondo stesse in relazione diretta con la sua morte. Invece, gli eventi soprannaturali profetizzati non sono accaduti, Gesú ed il Padre non sono tornati, i morti non sono resuscitati, il giudizio finale non è avvenuto, e le potenze demoniache non sono state sconfitte. Assieme a tutto questo è venuta anche a mancare la prova obiettiva della resurrezione di Gesú.
((28)) Ma ancora più problematico di quella errata previsione è il secondo motivo, che Gesú adduce, per indurre gli uomini ad ubbidire ai suoi comandamenti. Infatti uno che ammette l'esistenza dell'inferno e che fa leva sulla paura degli uomini al riguardo, non avverte certo la necessità di una <limpidità delle motivazioni >, che può sussistere solo facendo appello alla comprensione ed alla ragione umana.
Dato che l'Illuminismo su questo punto ha avuto – in una certa misura – successo, e dato che ognuno di noi conosce persone che, anche senza timore dell'inferno, conducono una vita moralmente ineccepibile, i pensatori cattolici liberali tendono in generale a sorvolare su quei passi del NT dove si parla di dannazione eterna (25). Ma perché rimuovere quei minacciosi passi, se si è convinti che Gesú sia l'inviato di Dio, se non Dio stesso? Se Gesú fosse colui sul quale l'Onnisciente avrebbe riversato tutta la propria predilezione, non avrebbe potuto sbagliarsi così spesso (di sicuro, non quando si tratta di motivare gli uomini ad ubbidire ai comandamenti divini !). Oltretutto, sta scritto: "Vi preoccuperete di mettere in pratica tutto ciò che vi comando; non vi aggiungerai nulla e nulla ne toglierai" (26).
((29)) Gesú parla dell'inferno non una volta, ma ben una ventina volte, facendo minacce esplicite di dannazione eterna in un inferno di fuoco "dove il verme non muore ed il fuoco non si estingue", in un
forno [!] di fuoco, dove ci sarà "pianto e stridor di denti" (27). Anche il <discorso della montagna> non è privo di minacce (28). Chiunque sostiene a chiare lettere che un crimine di dimensioni finite verrà punito con una pena di durata infinita, non può certamente essere <il più esemplare maestro morale di tutti i
tempi>, ma è piuttosto una persona propensa all'ingiustizia. Pochi sono infatti coloro che ritengono giusto, che un crimine di dimensioni finite venga punito con una pena infinita. Solo scuotendo il capo, e con avversione, la maggior parte delle persone può leggere della suddivisione degli uomini, secondo Gesú, in pecore o caproni, a seconda che siano, o meno, suoi seguaci. "Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano" (29).
((30)) Spesso da parte dei cristiani si sostiene che il NT è molto più <innocuo> dello AT, poiché Dio nel NT si mostra pieno d'amore, mentre nello AT si mostra geloso e vendicativo. In realtà è vero il contrario.
Nello AT Geova è colui che manda sofferenza e morte, mentre nel NT, lo stesso Dio, che nello AT viene immaginato stare al di sopra del mondo, si fa uomo ed è LUI che ci manda anche la sofferenza eterna.
Quindi nel NT il terrore fisico e psicologico sono ben più grandi ! Mentre il Geova dello AT punisce solo con la morte, il Dio del NT punisce anche con la dannazione eterna. Pertanto l'iracondo Geova è
relativamente meno pericoloso dell'<amoroso> Padre del NT. Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui molti Giudei si sono tenuti alla larga dalla setta dei cristiani, preferendo non lasciarsi impressionare dalle minacce d'inferno. In fondo il Dio di Mosè manda sí la morte, ma non l'inferno eterno.
Riguardo al fatto che molti Ebrei rimasero scettici di fronte al messaggio dell'eroe del cristianesimo (e per questo vennero storicamente accusati di caparbietà e fu poi loro presentato il conto), non bisogna neppure dimenticare che Gesú – comunemente ritenuto tanto esemplare e carismatico – non è riuscito a
convincere in nessun modo una parte dei suoi ascoltatori.
((31)) Alcuni apologeti cristiani sostengono ripetutamente che le minacce dell'inferno, fatte da Gesú, dovrebbero venir inquadrate in quel determinato momento storico. Questa obiezione tuttavia è poco


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[Modificato da =omegabible= 04/07/2011 22:01]



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Padre Guardiano
03/07/2011 08:13
 
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plausibile, poiché in gran parte dello AT la rappresentazione dell'aldilà non gioca alcun ruolo di particolare di rilevo. Inoltre anche dei contemporanei di Gesú – come i Sadducei – non credevano affatto in una vita dopo la morte (31). Anche se il pensiero dell'inferno fosse stato poi così diffuso, perché Gesú non ha
allora spiegato all'umanità che essa si stava sbagliando su questo punto e che non doveva temere nessuna tortura infernale?
Invece di minacciare l'inferno, Gesú avrebbe così liberato l'umanità
dall'angoscia. Lo avrebbe certamente fatto, se fosse stato un Dio pieno d'amore. Ed invece, con le sue minacce d'inferno, Gesú dimostra di non essere un Dio pieno di amore, anzi dimostra di essere una
persona senza scrupoli, che vuole approfittare della paura degli uomini per attirare la loro attenzione su di sè e sul proprio messaggio.
((32)) Il tipo di motivazione proposto nel Vangelo è un poco civile appello all'egoismo del singolo. Infatti, è vero che Gesú invita a tenere un determinato comportamento nei confronti degli altri, ma non dice di farlo per il loro bene, bensì – in fin dei conti – per la salvezza della propria anima (già nello AT si dice:
"affinché tu ne abbia bene"). "Rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli" (32) e "guardatevi dall'inferno !". Quindi il comandamento: <amatevi l'un l’altro !>, esaminato con maggior attenzione, si rivela essere: <ama te stesso !>.
((33)) Questo messaggio viene chiaramente espresso nella ripetutamente lodata predica della montagna.
Anche qui si tratta, in fin dei conti, non della sorte degli altri, bensì della salvezza della propria anima. Si dice chiaramente cosa veramente conta: non nascondete tesori sotto terra, che i ladri possono dissotterrare e rubare, ma accumulate tesori nel cielo! Ognuna delle nove beatitudini evangeliche promette una ricompensa e, alla fine della predica, coloro che ubbidiscono ai comandamenti vengono definiti <saggi>, gli altri invece <stolti> (Matteo; 7, 24-26).
Anche nella predica della montagna non si tratta della comunità umana o del bene dell'umanità come valore in sè stesso, bensì del vantaggio
personale: sii saggio, evita l'inferno ed accumula dei tesori in cielo ! "In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l`avete fatto a me", è – fino a questa sillaba – una delle più celebri frasi del Vangelo. Certamente meno famosa è la frase immediatamente
successiva: " E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna" (33).
((34)) L'amore cristiano viene quindi ripagato nel migliore dei modi. Ma questo egoismo proiettato nell'aldilà non favorisce certo la comprensione reciproca tra gli uomini, anzi la annulla e la cancella.
Infatti, se uno é convinto che una buona azione verrà ricompensata con un bel premio in cielo, mentre i beni terreni verranno corrosi dalla tignola e dalla ruggine, ogni premura terrena diventa del tutto
superflua, anzi diventa addirittura un ostacolo. L'etica cristiana è pertanto l'etica della saggezza egoistica.
Questo significa anche che nel NT manca la concezione di una buona azione, il cui valore sia semplicemente racchiuso nell'azione stessa. E' vero che per delle prestazioni di natura intellettuale si può
giustamente desiderare che esse vengano ricompensate, ma l'intenzione di trarre anche il minimo vantaggio personale da un'azione moralmente eccellente toglie ad essa qualsiasi valore morale. La virtù
genuina rinuncia a qualsiasi vantaggio personale, perché ha già sè stessa come ricompensa. "Voi amate la vostra virtù come la madre ama il proprio figlio; ma quando mai una madre ha voluto essere pagata per
questo amore? " (34).


B. Il contenuto dei comandamenti di Gesú

((35)) Ma anche se non si tenesse conto delle motivazioni portate da Gesú per ubbidire ai suoi comandamenti, non avrebbero forse questi comandamenti, di per sè, una particolare forza persuasiva?
((36)) Purtroppo già il primo comandamento <amate Dio più di ogni altra cosa!> presenta molte ombre.
Infatti, perché mai dovremmo amare il Dio di Gesú che, ad esempio, è pronto a infliggerci una pena di dimensioni infinite per dei peccati di dimensioni finite, e che oltretutto – se pensiamo al destino del suo figlio Gesú – tollera l'uso del dolore fisico per raggiungere un determinato obiettivo, anche se fossero possibili delle alternative ? Un Dio, che dovrebbe essere il massimo della bontà, avrebbe potuto
perdonare a degli esseri fatti <a propria immagine e somiglianza> il peccato commesso dai loro antenati (35).
Se fosse un Dio caritatevole lo avrebbe certamente fatto, risparmiando all'umanità la condanna collettiva del peccato originale (36). Il dramma di Gesú stesso ci mostra che Dio non è nè buono nè
caritatevole. Per questo, Gesú ci aveva ammonito – giustamente, a giudicare da quanto gli sarebbe poi successo – di temere innanzitutto l'Onnipotente: "temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nell'inferno" (37).
((37)) Come possiamo pensare che colui che dovremmo temere ( timore di Dio !) sia buono e caritatevole? Come si può amare ciò di cui si ha paura? La paura è un sentimento incompatibile con

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[Modificato da =omegabible= 04/07/2011 22:03]



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03/07/2011 23:48
 
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l'amore. Un figlio che teme il proprio padre, e che vive nell'angoscia del suo imprevedibile umore, ha tutti i motivi per guardarsi dall'ira del padre e mai potrà veramente amarlo. L'amore di un cristiano per il suo Dio non sembra quindi che sia genuino, bensì simulato. Se chi ha timore di Dio credesse anche di amare
l'Onnipotente, il suo amore sarebbe in realtà una venerazione simulata, come quella tributata ad un despota disumano, il quale pretende dai propri sudditi delle manifestazioni di sottomissione (una persona che esige dagli altri delle manifestazioni di dipendenza e di fedele sottomissione, è, tra l'altro, una persona estremamente insicura).
((38)) Il primo comandamento di Gesú potrebbe anche possedere una certa forza di persuasione, se il secondo comandamento < credete in me !> fosse plausibile. In realtà è difficile aver fiducia in chi fa
pesantemente leva sulla paura degli uomini. Questa affermazione potrebbe anche suonare blasfema, ma non lo è affatto, poiché neppure la maggior parte dei suoi fedeli è disposta a confidare completamente in Gesú. Pochi infatti credono che sia sufficiente chiedere " affinché venga loro dato" (38), e che Gesú dica sul serio quando chiede loro: "vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi " (39). E' fin troppo evidente che anche la maggior parte dei rappresentanti ufficiali
delle diverse Chiese cristiane non ha preso sul serio questa esortazione di Gesú, se solo si pensa alle ricchezze da loro accumulate (40).
((39)) Anche riguardo ad altre richieste sarebbe interessante verificare, una volta tanto, la fiducia di cui Gesú gode presso i fedeli. Ad esempio, la Chiesa sostiene fermamente che la Bibbia è la parola di Dio e celebra Gesú come il Salvatore dell'umanità. Ma Gesú esige anche che: ".. fu detto: occhio per occhio e dente per dente, ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra " (41). Dubito molto che, ad esempio, i padri del Concilio di Trento, o della Santa Inquisizione, abbiano interpretato alla lettera questa frase.
Perché mai delle richieste così chiare ed esplicite, fatte presumibilmente da Dio stesso, dovrebbero venir intese in senso <traslato>? Dopo tutto sono delle parole perfettamente comprensibili. E' inverosimile che Dio abbia voluto esprimersi sempre attraverso <misteri> e mai con affermazioni chiare ed esplicite. Fino a che punto è allora lecito interpretare le parole della Bibbia? Anche la resurrezione di Gesú dovrebbe forse venir intesa in senso
<traslato> ? Oppure questo tipo di interpretazione vale solo per i suoi comandamenti ?
((40)) Da un parte si può anche deplorare che le sublimi parole dell'invito a <porgere l'altra guancia> non vengano prese sul serio, ma d'altra parte è una vera fortuna che anche altre affermazioni di Gesú non vengano ugualmente prese sul serio, come, per esempio questa: ".. se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo" (42). E molti cristiani, che si preoccupano tanto dell'Europa cristiana vedendola minacciata da
ogni lato, non possono evidentemente leggere e prendere sul serio queste parole: "Non affannatevi dicendo: che cosa mangeremo? .. che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani;
il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena " (43). Come si può conciliare una simile morale da hippie – che forse può anche non dispiacere a molti – con le numerose preoccupazioni che i cristiani si fanno per il domani ? E come possono giurare sulla croce di colui, che non voleva che si giurasse affatto : " ma io vi dico: non giurate affatto. ..Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno" (44) ? Ci sono quindi numerosi indizi che gli stessi cristiani – a prescindere dalla loro professione formale di fede – non abbiano poi una così grande fiducia, nè prendano molto sul serio le parole del Salvatore, e che anzi si comportino come pagani.
((41)) Questo per quanto riguarda il secondo comandamento dell'etica cristiana: <credete in me !>. A questo punto i credenti potrebbero pur sempre replicare che la grande virtù dell'amore, esteso anche ai
nemici, fa dell'etica di Gesú qualcosa di straordinario. In effetti, accanto all'amore di Dio ed alla fede nell'eminente ruolo di Gesú, quello dell'amore universale per il prossimo, esteso a chiare lettere
addirittura fino ai nemici, è la grande sfida del NT.
Esso si manifesta chiaramente nella critica dell'osservanza farisea delle leggi sabbatiche – che erano state concepite proprio per l'amore verso il prossimo -, nelle parole consolatrici e nei rapporti, relativamente senza preconcetti, di Gesú con gli
emarginati della società: donne, prostitute e funzionari corrotti (45). Ad esempio, quando una adultera stava per essere lapidata, Gesú intervenne e disse: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei ...Neanch`io ti condanno; và e d`ora in poi non peccare più" (46).
((42)) Non mi risulta che nella storia della santa Chiesa una adultera se la sia cavata con un ammonimento così mite. A questo proposito, sembra che Agostino abbia criticato lo stesso Gesú per la
<eccessiva mitezza>. Non mi risulta neppure che l'ammonimento fatto da Gesú: "Quello che farete all’ultimo degli uomini, lo avrete fatto a me", abbia trovato una particolare e duratura eco nella storia della
Chiesa cristiana. E' vero che i credenti vengono incoraggiati a portare su di sè le piccole croci della vita


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[Modificato da =omegabible= 03/07/2011 23:52]



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Padre Guardiano
04/07/2011 11:39
 
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quotidiana, ma spesso questo si rende necessario proprio perché i rappresentanti ufficiali della fede prendono su di sè la loro croce solamente in senso <traslato>. Della tanto lodata utilità della povertà, le Chiese hanno tratto, e traggono, innanzitutto ciò che è utile.
((43)) Nonostante le impressionanti parole in difesa della peccatrice, il tanto celebrato messaggio d'amore di Gesú desta alcuni fondamentali dubbi.

(a) Mancanza di originalità

((44)) Dopo la scoperta dei <Rotoli del Mar Morto> nel 1947, dovrebbe essere dato per certo che non esiste alcuna particolare dottrina di cui Gesú sia l'ideatore originale. Le sue idee si ritrovano già – per lo meno in forma analoga – nella letteratura giudea non-cristiana.
Il nuovo otre è stato riempito con del vino vecchio.
((45)) I testi ritrovati a Qumran "contengono dei brani, il cui contenuto coincide, talvolta anche letteralmente, con dei passi che si possono leggere nel NT. La relazione con il <discorso della
montagna> balza chiaramente in evidenza. Per gli Esseni la fratellanza era un dovere religioso, l'amore per il prossimo un comandamento morale. A loro era proibito giurare: bastava semplicemente affermare <si> o <no>. Il loro ideale era la povertà, l'umiltà e l'ascesi. Credevano nell'immortalità dell'anima" (47).
Nulla di originale anche riguardo a quanto si racconta della vita di Gesú. A questo proposito – tanto per citare uno dei paralleli più clamorosi – non è certo un caso che il Dio Mitra, inizialmente persiano, divenuto poi il Salvatore ed il Dio del Sole romano – il primo giorno della settimana cristiana ha preso da lui il nome (il giorno del sole: <sonntag> in tedesco e <sunday> in inglese) – sia nato da una vergine, in una mangiatoia, in una grotta, esattamente il giorno 25 dicembre, e che sia stato adorato dai pastori (48).
((46)) Nonostante gli evidenti paralleli ideologici, gli storici ed i teologi sono divisi riguardo all'esistenza di un rapporto diretto tra Gesú e gli Esseni. Incontestabile comunque è il fatto che già nello AT si trova la famosa esortazione dell'amore verso il prossimo. Basta confrontare il comandamento di Gesú dell'amore verso il prossimo – in realtà esteso, al massimo, ai nemici personali, non certo ai presunti nemici di Dio –
con il passo dello AT: "Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso" (Levitico 19.18). Quindi, anche sul tema dell'amore verso il prossimo, il cristianesimo – contrariamente all'opinione comune – non è stato particolarmente originale.
Su questo punto abbiamo addirittura una conferma da parte di Gesú stesso: "Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: <Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna>? Gesù gli disse: <Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?>. Costui rispose: <Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore,
con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso>.
E Gesù: <Hai risposto bene; fa questo e vivrai>" (49).
Mentre il comandamento dell'amore verso il prossimo si trova già nello AT, nel NT troviamo anche il contrario: " ... alzati gli occhi al cielo, disse: Padre ... Io ti ho glorificato sopra la Terra, compiendo l`opera che mi hai dato da fare ... Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo ...
(Alcuni) hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi" (50). Sembra quindi che il famoso <amore per i nemici> sia stato più
predicato, che praticato, dal suo presunto ideologo. Questo comportamento contraddittorio del Maestro è condiviso anche dal discepolo prediletto Giovanni: "Chi va oltre e non rimane nella dottrina del Gesú, non possiede Dio. Chi invece rimane nella dottrina, possiede il Padre e il Figlio. Se qualcuno viene a voi e non
porta questo insegnamento, non ricevetelo in casa e non salutatelo; poiché chi lo saluta partecipa alle sue opere perverse" (51).
Eppure, se si predica l'amore per il prossimo, bisognerebbe estenderlo anche a coloro che hanno una fede diversa, o che non ne hanno affatto. Ma anche San Paolo non è di questo parere: " se qualcuno non ama il Signore, sia maledetto !" (52). In questo deludente quadro si inserisce perfettamente il fatto che la parabola del buon Samaritano sia riportata solo da Luca, mentre la minaccia
di fare una terribile fine, per coloro che non credono agli apostoli di Gesú, si trova in tutti i Vangeli sinottici. (53)

(b) Il comportamento rozzo del Gesú biblico

((47)) Il presunto <massimo moralizzatore di tutti i tempi> era spesso sprovvisto anche di un minimo di compassione. Gesú infatti minaccia la dannazione eterna per tutti coloro che bestemmiano lo Spirito Santo (54). Poi pretende che il proprio messaggio coinvolga gli uomini a tal punto che: " il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire" (55).
Infine ci intima a non credere che lui sia venuto a portare pace sulla Terra: "Non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: ed i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa" (56).

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04/07/2011 22:48
 
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((48)) Non esiste alcun dubbio – sebbene i teologi più liberali preferiscano non parlarne – che Gesú fosse convinto dell'esistenza di Satana, anzi, che ne fosse addirittura ossessionato.
Gesú parla di Satana come del suo nemico personale, e indica sè stesso come colui che è venuto per distruggerlo, per vederlo
"cadere dal cielo come la folgore"(57). Un drastico esempio della rozzezza del <principe della pace> e della sua credenza nei demoni, si trova nel Vangelo di Giovanni: "Voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio" (58). Da notare che Gesú lancia queste parole di dura condanna non a degli assassini, ma a dei Giudei che credevano, o avevano creduto, in lui (59).
((49)) Sulla base di episodi come questo, non sorprende affatto che molti Giudei ne ebbero abbastanza del presunto Messia e gli voltarono le spalle: "Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andarono più con lui" (60). Questo abbandono provocó nel Maestro la reazione tipica dei genii incompresi: "Allora si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di
miracoli, perché non si erano convertite: Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsàida. ... E tu, Cafarnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai ! Perché, se in Sòdoma fossero avvenuti i miracoli compiuti in te, oggi ancora essa esisterebbe ! Ebbene io vi dico: nel giorno del giudizio avrà una sorte meno dura della tua !" (61). In un altro passo – che si commenta da solo – Gesú minaccia addirittura le donne incinte ed i lattanti: "Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni !" (62).
((50)) Esistono ben poche dottrine etiche così piene di minacce nei confronti di coloro che la pensano diversamente, e così ricche invece di allettanti promesse per i propri adepti: "Io preparo per voi un regno, come il Padre l`ha preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e sederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele " (63). Quale persona vanagloriosa ed ingenua non sarebbe pronta a sopportare qualche tribolazione sulla Terra, con la prospettiva di godere poi di simili benefici?
Questi passi, ed altri analoghi (" Non sapete che i santi giudicheranno il mondo? E se è da voi che verrà giudicato il mondo, siete dunque indegni di giudizi di minima importanza? Non sapete che
giudicheremo gli angeli? " (60) ), sono una delle radici della auto-legittimazione cristiana, che talvolta assurge fino a mania di grandezza. E ci sono ulteriori esempi dell'incomprensibile comportamento rozzo di Gesú:
– il comportamento nei confronti dei suoi familiari.
A quanto risulta, Gesú si rivolgeva alla propria madre senza manifestarle nè rispetto nè amore. Lei era per lui <la donna che lo aveva partorito espressione che poteva risultare alle orecchie di allora ancora più stridente che alle orecchie di oggi.
Ammettiamo pure che la vergine Maria, che stava diventando vecchia, potesse essere diventata anche pedante e permalosa.
Ma da un figlio così straordinario avrebbe certamente potuto aspettarsi maggior comprensione, in quella sua non facile situazione accanto a Giuseppe. Ed invece, nel rapporto di Gesú con la propria madre non troviamo neppure l'amore per il prossimo. Troviamo solo il solito tema della insofferenza di un figlio, che crede di essere un genio in religione ed i genitori, alle prese con dei banali
problemi quotidiani: "Che ho da fare con te, o donna? " (65).
Nella Chiesa di Roma la vergine Maria occupa un posto di straordinaria importanza. Tuttavia i suoi devoti non possono avvalersi di qualche citazione di Gesú, poiché le poche disponibili sono proprio le meno adatte per alimentare un culto della
Madre. Inoltre Gesú sarebbe solo uno dei figli di Maria – come riferisce l'evangelista Marco (66) – ma, perlomeno per i cattolici, risulta ancora oggi intollerabile pensare che la madre di Dio possa essere stata fecondata da qualcun altro, a parte lo Spirito Santo.
– il suo comportamento nei confronti del clero ebraico. Gesú era solito diffamare, talvolta addirittura maledire, di fronte a tutto il popolo gli anziani, i rabbini, gli scriba ed i farisei. Al tempo dell'occupazione romana, quando il clero ebraico era probabilmente l'unico punto di riferimento che potesse garantire al popolo una certa identità, Gesú invece lo insultava chiamandolo <stirpe di serpenti> e <covo di vipere>.
Senza dubbio, il fatto che Gesú non avesse alcuna esitazione nel denunciare i parecchi lati oscuri del clero, lo rende particolarmente simpatico a molti. Ma forse le autorità religiose di quel tempo non erano proprio una <depravata canaglia> solo perché non prendevano in considerazione, senza riserve, il minaccioso messaggio di Gesú e la sua presunzione di essere il Messia.
– il suo comportamento verso i pagani. Anche per i non-credenti Gesú non nutriva grande considerazione. Il problema della loro conversione non se lo poneva neppure. Nel suo progetto di amore non rientrava affatto la salvezza di coloro che non avevano la fede in Dio: "Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani. Rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele" (67). In un passo Gesú dice che i pagani sono solo dei chiacchieroni: " non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole " (68). Verosimilmente Gesú intendeva proprio loro quando parlava di <cani e porci>: "Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci"
(69). Da buon israelita, orgoglioso delle proprie origini, Gesú è arrivato fino al punto di porre dei limiti etnici all'amore per il prossimo. Quando una donna non-giudea lo supplicó di aiutarla a scacciare il

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