00 05/10/2008 19:49
Un'articolo un po' vecchiotto ma ne vale la pena

da www.luigidemarchi.it/2006/11/dahrendorf-e-la-crisi-del-laici...

martedì, novembre 14, 2006
Dahrendorf e la crisi del laicismo

Ralph Dahrendorf, direttore della London School of Economics e massimo esponente della cultura laica europea, ha pubblicato venerdì 11 novembre su “Repubblica” un editoriale di prima pagina ove affronta coraggiosamente un problema cruciale che la maggioranza schiacciante dei laici preferisce di solito evitare o risolvere rinunciando silenziosamente alla propria identità ed allineandosi al clericalismo egemone. L’articolo è intitolato chiaro e tondo “Siamo alla fine del laicismo ?” e imposta la discussione su una base storica di vasto respiro.

“Quando negli anni ’90 – scrive Dahrendorf – si celebrò la fine delle ideologie, nessuno prevedeva che la religione, assillo della politica nella prima metà del ventesimo secolo, avrebbe ripreso quel ruolo con impeto vendicativo…Tutti ormai speravano nell’avvento di una politica improntata alla ragione e al senso critico, nello spirito di Karl Popper… Oggi, dopo appena un decennio, il riemergere delle religioni in politica è evidente a tutti ed è vissuto con sofferenza da molti, forse perché nessuno, alla fine del ‘900, sembrava ricordare che i presidenti americani, entrando in carica, prestavano giuramento a Dio e alla Patria o che, a Westminster, tutte le sedute parlamentari si aprivano con una preghiera cristiana condotta dallo speaker”.

Sono qui costretto a una delle mie deprecate notazioni autoreferenziali, ricordando a Dahrendorf e ad altri smemorati che, viceversa, alla fine del ‘900 c’era in Europa qualcuno capace non solo di segnalare le responsabilità della classe politica dinanzi al pericolo del dogmatismo religioso ma anche di prevedere che questo, nella sua versione fanatica, sarebbe tornato ad insanguinare il mondo nel XXI secolo. La mia relazione ad un Convegno culturale dell’ottobre ’98, intitolata non a caso “Il fanatismo religioso sarà il flagello del XXI secolo”, si apriva con queste parole:
“Spinti dall’ingenuità o dall’opportunismo, molti leaders politici e culturali dei paesi occidentali hanno preferito, durante tutto il XX secolo, evitare ogni attrito con i dogmatismi religiosi, credendo o dando a credere che l’unica seria minaccia per la libertà umana provenisse dai dogmatismi politici via via combattuti (fascismo, nazismo, stalinismo, maoismo ecc.). Ma, nell’ottica della mia psicologia politica esistenziale, la realtà appare ben diversa.”

Tutto si chiarisce, infatti, se si parte dall’assunto posto alla base di questa psicologia, e cioè che con l’emersione della coscienza nel corso dell’evoluzione umana la psiche dell’uomo fu invasa dalla coscienza del proprio destino di morte e, quindi, da una travolgente angoscia di morte che è divenuta la fonte primaria (del tutto trascurata dalle principali scuole di psicologia e psicoterapia) del malessere psichico umano, e che da questa tremenda angoscia la psiche umana si è difesa per millenni con la certezza d’una vita eterna ultraterrena garantita dalle rispettive fedi religiose.

In quest’ottica, i fanatismi politici che hanno insanguinato il ‘900 si disvelano piuttosto come surrogati temporanei dei fanatismi religiosi: in particolare come la risposta che molti gruppi umani psicologicamente più vulnerabili hanno tentato di dare alla crisi delle certezze religiose tradizionali nel ‘900.
Ai Paradisi Celesti promessi per secoli dai Profeti e dai Papi infallibili delle Vere Chiese e delle Vere Fedi furono sostituiti i Paradisi Terrestri promessi dai Profeti e dai Capi Infallibili dei Partiti Unici e delle Vere Rivoluzioni. Ma l’illusione è durata poco, anche perchè le promesse paradisiache dei dogmatismi politici, a differenza di quelle ultraterrene dei dogmatismi religiosi, potevano essere e furono smentite dall’esperienza storica e personale dei seguaci.

“E così – concludevo in quella mia relazione di quasi 10 anni fa - oggi i vecchi fanatismi religiosi tornano a far breccia tra le personalità più affamate di certezze e tra le masse rinchiuse entro le culture dogmatiche. Purtroppo, però, la loro minaccia è destinata a rivelarsi anche più disastrosa di quella dei fanatismi politici nazi-comunisti, per l’ovvio motivo che essa non è contrastabile con la forza fisica: il fanatico religioso, infatti, può affrontare con gioia la propria stessa morte in quanto ha la certezza d’essere premiato con la vita, la gloria e la felicità eterna.

“Per questo, le religioni dogmatiche sono divenute nei secoli altrettanti focolai di odio e di sterminio: non per una qualche particolare malvagità di questa o quella popolazione, ma perché ciascun gruppo religioso ha visto negli altri, cioè nei cosiddetti miscredenti, una minaccia alla propria fede, cioè alla propria insostituibile difesa dall’angoscia di morte e alla propria insostituibile garanzia d’immortalità. Per il fanatico d’ogni fede combattere e distruggere l’infedele non è un capriccio o un optional: è una questione di vita o di morte eterna, una condizione tassativa della propria salvezza. E se in Occidente l’imperativo della Guerra Santa s’è attenuato nei secoli, dopo gli orrori delle Crociate e dei conquistadores spagnoli, ciò è avvenuto per l’influenza crescente del pensiero laico e liberale, non certo per iniziativa delle gerarchie ecclesiastiche.”

E’ quest’analisi psicologica e psicopolitica che manca del tutto nell’articolo di Dahrendorf come, del resto, in tutta la più celebrata cultura laica del mondo occidentale. Ed è quindi inevitabile che alla domanda cruciale da lui stesso posta al centro del suo articolo – “Perché assistiamo a questo ritorno della religione, nella politica laica e democratica ?” – egli sappia rispondere solo col solito appello alla mobilitazione democratica contro i fanatici. “Chi ha a cuore la libertà – conclude Dahrendorf – deve imparare ad apprezzarla ed a difenderla fin da oggi”. Parole sante, ma incapaci di rispondere al bisogno cruciale dell’umanità d’oggi: il bisogno di dare alla propria esistenza un significato che trascenda il nostro Io limitato e limitante e gli esiti depressivi del relativismo scettico. A questo problema esistenziale di fondo, la cultura laica può rispondere solo proponendo un’alternativa al tempo stesso spirituale ed esistenziale, cioè contrapponendo al dogmatismo e al fanatismo cruento delle religioni istituzionali una religiosità o religione umanistica che sappia comprendere l’angoscia esistenziale dell’essere umano e placarla cogliendo e unificando l’anelito di trascendenza comune a tutte le religioni ma rifiutandone gli esclusivismi e gli antagonismi.

I contenuti di quest’articolo saranno riproposti nella rubrica che tengo nei giorni feriali subito dopo il TG serale su Canale 10, una TV che potete trovare cliccando il 923 di Sky.

posted by Luigi De Marchi @ 9:20 PM