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Religione, magia e scienza nel rinascimento italiano

Ultimo Aggiornamento: 16/08/2007 12:32
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16/08/2007 01:02
 
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Di Roberto Renzetti


Vi sono varie scuole di pensiero che datano in modo diverso quello che è comunemente conosciuto come Rinascimento italiano. Non credo si facciano particolari violenze alla storia se per tale periodo si intende, in accordo con Kristeller, quello che va dal XIII al XVI secolo. Naturalmente ciò è riferito alla struttura centrale di quanto discuterò, fatto che non esclude puntate indietro o rincorse ad autori che hanno operato in epoca posteriore, almeno per tutto il XVII secolo.
È difficile iniziare un tale discorso poiché le correnti di pensiero che si intersecano sono numerosissime e non chiaramente distinguibili e catalogabili in schemi ben definiti. In linea del tutto generale si può dire che almeno tre sono i filoni principali dentro i quali tentare di ritrovare pensieri, elaborazioni teoriche, negazioni di credenze che si possono in prima analisi individuare:

- la tradizione cristiana mescolata in vario modo con altre tradizioni e credenze (gnostici, neoplatonici - Plotino (205-270) e Porfirio (232-303) - e neopitagorici); Plotino, in particolare, aveva preso spunto dall'Iperuranio di Platone per costruire una filosofia mistica in cui il mondo materiale era il livello più volgare dell'essere. Vi doveva essere una sola Unità da cui dovevano discendere tute le cose (influenze orientali) e particolarmente: Vita, Mente, Anima e, solo alla fine, Materia. Lo spirito era prigioniero della materia (per gli aristotelici invece lo spirito forniva di forma la materia);

- l'eredità pagana che spesso si intersecava con quella cristiana;

- il momento razionale che tenta di uscire dalla metafisica con poveri strumenti di osservazione ed empirici (in questo filone si possono ritrovare sovrapposizioni con la tradizione empirista di Aristotele, Galeno e Tolomeo e certamente in esso si situano, dopo Ockham, Buridano, Oresme ed Harvey - la scoperta della 'circolazione' del sangue è certamente di rilievo ma il cuore non è inteso come una pompa, ma piuttosto come una reggia, una sacra dimora per il sangue che, lì, si rigenera: tutto in un ambito aristotelico di generazione e corruzione dove anche la stessa 'circolazione' richiama analoghe circolazioni di pianeti intorno alla Terra ma qui, contrariamente a lì, con una fine); una sorta di osservazione "ingenua" della realtà tesa più a risolvere problemi particolari che non a generalizzare attraverso processi di astrazione che abbarcassero un'intera classe di fenomeni (strada aperta da Galileo) ed in tal senso diventassero operazioni sperimentali, operazioni teoriche guidate dal "pregiudizio".

Altra osservazione è relativa al fatto che per certi versi gli studiosi medievali, privi del senso della storia, riuscirono a mescolare tranquillamente le varie culture non distinguendo tra quella greca, egiziana, cristiana ed ebrea. Nel far questo accettarono come buone opere che, alla fine, risultarono essere dei veri e propri falsi e, in ogni caso, certamente sfasate nel tempo e situate cronologicamente in epoche del tutto diverse dalla loro elaborazione.

Ancora in termini del tutto generali, si può affermare che un ruolo fondamentale fu svolto dalla riscoperta e successiva traduzione delle opere dei massimi pensatori greci. Tale riscoperta aggiunse elementi dal cui sviluppo maturarono posizioni di pensiero che poi si fortificarono in età barocca (ad esempio: Archimede che in qualche modo ispirò il meccanicismo a cominciare dalle opere di Tartaglia, Commandino e Guidobaldo dal Monte fino a Galileo, Hooke e Huygens) e posizioni culturali, atmosfere che fecero da sottofondo a tutto il '500 ed in gran parte del '600. Queste ultime ripresero temi neoplatonici (che vennero alla ribalta con testi riscoperti a partire dal 1453, con la caduta di Costantinopoli) e dettero vita a movimenti magici e mistici che in vario modo ritroviamo in moltissimi autori che pure oggi usiamo studiare come scienziati, portatori di razionalità in contrasto con un mondo irrazionale. È una semplificazione gigantesca che si è operata utilizzando quel filone storiografico che vuole una linearità nello sviluppo delle conoscenze e che non prevede errori, marce indietro, ispirazioni o pregiudizi irrazionali e mistici.

Ma anche queste differenziazioni si fanno più che altro per nostra comodità. In realtà i temi erano, come già detto, fortemente intrecciati e solo in pochissimi pensatori emergeva una qualche posizione chiara, netta che si poneva come antagonista rispetto alle tradizioni che con relativa tranquillità erano andate ad occupare una posizione dominante soprattutto all'interno delle università (e qui non vi è dubbio che l'aristotelismo e la scolastica furono per lungo tempo la cultura dominante con o contro la quale occorreva confrontarsi).

Ultimo aspetto, che concerne in definitiva l'interesse verso questioni teoriche e problemi filosofici, riguarda il raggiungimento di un relativo stato di benessere materiale sufficiente almeno a permettere ad un certo numero di persone di vivere mediante il proprio lavoro intellettuale.

www.fisicamente.net/index-76.htm



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16/08/2007 01:06
 
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Lo stato di ignoranza e superstizione in cui versava l'Europa


Fu Lorenzo Valla (1407 - 1457), con una approfondita e metodica ricerca storica, che iniziò a fugare alcuni miti e favole che, purtroppo, ancora oggi si mantengono. Per quanto incredibile possa apparire fu proprio un momento di tolleranza della Chiesa di Roma che permise al Valla una scoperta di notevole importanza.

La fantastica storia del potere temporale che la Chiesa avrebbe avuto in eredità da Costantino il grande viene rivista alla luce di documenti e riportata alla sua verità storica. Tale potere risale in effetti all'epoca di Pipino il Breve (VIII secolo). Fu questo il momento in cui la Chiesa creò uno dei suoi falsi storici: quello del Decreto in cui Costantino il Grande la avrebbe fatta 'erede' di tutto l'Impero Romano d'Occidente. I Longobardi attaccavano la Chiesa e Papa Stefano III nel 754 dovette fuggire valicando le Alpi e cercando rifugio alla corte di Pipino (754). Il Papa legittimò il titolo regale di Pipino in cambio di territori in Italia, fino al porto di Ravenna. Per dare maggiore legalità alla cosa fu costruito il falso di cui si diceva, necessario anche perché nel riconoscimento di Pipino si intaccavano anche terre attualmente in mano all'Impero Romano d'Oriente. Ma perché Costantino avrebbe fatto un tale atto di donazione? Egli stava molto male senza che i medici riuscissero a guarirlo. Alcuni preti gli suggerirono di sgozzare alcuni bambini per lavarsi i piedi con il loro sangue. L'Imperatore rifiutò tale atto e, nella notte, ebbe la visione dei Santi Pietro e Paolo che gli dissero che Papa Silvestro lo avrebbe guarito. Costantino si recò dal Papa che lo fece pentire e lo battezzò. Fu così guarito. Da questo momento abbandonò l'idolatria e fece la Chiesa erede di tutte le province romane d'Occidente. Fu il Valla a scoprire in tale documento una montagna di frasi non originali perché provenienti da dialetti 'barbari', a trovare moltissime incongruenze di date e ad affermare definitivamente la falsità del documento.

Questo fatto che accompagnerò ad altri, è sintomatico di un clima di completa ignoranza, anche a livelli che teoricamente dovevano essere 'colti'. Lo stesso Papa Niccolò V fece Valla suo segretario. Si dilettava il Pontefice con questi colti umanisti che scavavano tra le cose antiche trovando pezzi interessanti e dilettevoli. In fondo le dispute del Valla o di altri umanisti come Ficino non avrebbero in alcun modo impedito l'accumulo di ricchezze, territori e potere. Ma questo 'scavare' portò pian piano alla costruzione di tante gallerie che presto fecero sprofondare il tranquillo terreno su cui ci si muoveva.

Inoltre si deve tener conto del fatto che gli stessi umanisti, che pure dettero un vigoroso impulso allo studio ed alla conoscenza (si pensi a Petrarca), erano piuttosto dediti al raggiungimento della perfezione morale e rifuggivano anche da quelle dispute che nelle università si andavano affermando tra logiche diverse ed uso di sofisticati sillogismi.


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16/08/2007 01:07
 
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Le conoscenze che si avevano nell'Alto Medioevo


Alcune date approssimative sono utili per capire lo stato delle conoscenze che via via si perdevano e quando via via si riacquistarono nei Paesi cristiani in traduzioni latine.

Le uniche opere note tradotte in latino erano il Timeo di Platone (primi capitoli) intorno al IV secolo. Occorre poi passare al VI secolo per la conoscenza di alcune opere di logica di Aristotele alle quali si accompagnavano compilazioni come quelle di Plinio, di Boezio, di Isidoro da Siviglia, ... che, in qualche modo, rappresentavano un compendio di tutte le conoscenze. E gli autori del passato più conosciuti, anche se in modo spesso distorto o attraverso interpretazioni superficiali o forzate ad esempio a sostegno del cristianesimo, furono Platone ed Aristotele.

Il mondo naturale era osservato per trovarvi conferme o simbolismi di tipo morale o religioso. Gli animali vengono assimilati a determinate virtù o peccati. Animali fantastici vengono pensati per riassumere la combinazione tra più virtù o tra virtù e peccato. Anche le pietre vengono assimilate a qualcosa che è finalizzato all'uomo e ad esse vengono assegnate proprietà terapeutiche o nefaste per l'uomo. E nessuno si scandalizzi guardando il passato con gli occhi di oggi (anche se sarebbe auspicabile che molte persone si scandalizzassero): questo era l'approccio al mondo naturale, si trattava di un importante interesse per la magia, per l'alchimia e per l'astrologia, non ve ne era un altro da contrapporvi; anche la Chiesa in tutte le sue manifestazioni aiutava a queste credenze che, tra l'altro, si potevano ben coniugare con il suo credo metafisico. Solo qualcosa cozzava contro alcuni fatti fondamentali di fede, come l'astrologia che negava il libero arbitrio. Ma solo qualche tentativo fu fatto per sradicare tali credenze (Sant'Agostino) poiché esse in fondo non intaccavano la struttura portante del potere della Chiesa. Tanto è vero che altri pensatori cristiani, come Isidoro, invitavano proprio allo studio sistematico dell'influenza degli astri sullo sviluppo delle piante, delle malattie ed in definitiva sul carattere dell'uomo. La scienza greca, associata al pensiero pagano era rifiutata in blocco e fu preoccupazione della Chiesa farla dimenticare indirizzando gli spiriti più aperti verso opere od azioni di tipo missionario che li tenessero lontani dalla conoscenza. Si andava poi diffondendo la credenza di uomo che in qualche modo rappresentava in piccolo le cose del cosmo: una sorta di corrispondenza tra macro e microcosmo. L'interesse per il mondo naturale era comunque e generalmente rivolto a fini teologici. Furono necessari contatti con il mondo bizantino ed arabo per iniziare a pensare ad usi pratici della natura stessa, come ad esempio la cura di determinate malattie attraverso le erbe (con tutto ciò che comportava in termini di quel minimo di attrezzature che servivano per lavorarle: mortaio, distillatore, ...) o l'inizio a fini pratici di prime nozioni di aritmetica (anche legate alla definizione di un calendario che fosse legato alle fasi lunari, a questioni astronomiche ed al "riconoscimento" della Pasqua a fini agricoli).

Tra il XII ed il XIII secolo affluirono solo opere di autori arabi: di alchimia, algebra, medicina, aritmetica, geologia e commenti di opere aristoteliche che però non si conoscevano nell'originale. Agli inizi del XII secolo vengono conosciuti alcuni scritti di Ippocrate e della sua scuola.

Tra il XII ed il XIII secolo l'intera opera di Aristotele diventa disponibile insieme ad Euclide, Apollonio, Archimede, Erone e Galeno. Occorre invece aspettare il XIV secolo per l'opera di Tolomeo.

Tutte queste opere affluivano essenzialmente attraverso la cultura araba in località come la Spagna (Toledo), la Sicilia e Salerno. Dalle prime traduzioni molto superficiali (dal greco al siriaco, dal siriaco all'arabo, a volte dall'arabo all'ebraico, dall'arabo al latino, ... arrivati a questo punto rimaneva ben poco dell'opera originale) si passò a traduzioni dirette ed a questo punto, fine del XIII ed inizi del XIV secolo, si ha davvero a disposizione la massima parte dell'opera della cultura greca.

Rispetto ai ristrettissimi orizzonti del pensiero cristiano (Sant'Ambrogio, Sant'Agostino, San Gregorio Magno, ...), di quel poco che le opere di compilazione (Plinio, Boezio, Cassiodoro, Marziano, Capella, Calcidio, Macrobio, Beda, Isidoro di Siviglia, ...) avevano lasciato, con l'aggravante che le conoscenze erano sempre più riassunti di riassunti fino a che il tutto era diventato un compendio di nozioni fantastiche prive di qualunque riscontro oggettivo, rispetto a tutto questo si apriva davvero un mondo nuovo che però si innestava in un albero senza radici. Le conoscenze messe insieme da un cristianesimo che aveva accordato monoteismo con politeismo ed idolatria, che aveva tentato una operazione di dignità con San Tommaso e la Scolastica vennero ad incontrarsi o meglio scontrarsi con altre conoscenze maturate in molti secoli di splendore intellettuale. Gli effetti furono dapprima piuttosto contraddittori e ci vollero due o tre secoli per riuscire a cogliere le cose importanti, ad isolarle dalle incrostazioni che avevano subìto passando attraverso il commento di pensatori cristiani e comunque di persone che non sapevano cosa fosse l'essere laici avendo sempre riferimenti di tipo metafisico o mistico. Ma qualcosa si iniziò a modificare: se prima ogni fatto naturale era semplicemente prodotto quotidiano della divinità, da un certo punto ci si iniziò a chiedere anche di cause naturali che producono fatti naturali.

In ogni caso lo stesso platonismo dovette attendere la fine del XV secolo per tornare ad imporsi come linea di pensiero con la quale confrontarsi. Ma, anche qui, la lettura di Platone fu fatta attraverso i testi dei neoplatonici con distorsioni profonde dello stesso pensiero platonico e con deviazioni misticheggianti ed irrazionali.

Un dato era comune alle varie correnti di pensiero, dato di derivazione neoplatonica ma anche aristotelica, soprattutto dopo l'opera di San Tommaso, il mondo è unitario e con esso l'intera natura. Il tutto è regolato da un Dio con i suoi angeli che sta ad un estremo mentre l'uomo e la volgare vita terrena all'altro. Lo stesso sistema del mondo era una rappresentazione di tutto ciò. Nell'alto dei cieli Dio in cima, poi gli angeli sempre più giù a seconda dei loro gradi, quindi il cielo delle stelle fino ad arrivare giù giù all'uomo, alla Terra e, sotto di essa a quanto di più orrido si potesse immaginare: specularmente a quanto accadeva nell'alto dei cieli vi era una gerarchia di angeli maledetti (i daemon, i diavoli) organizzati anche qui in gerarchie; più si scende e più si è malvagi, fino ad arrivare al Lucifero che occupa il centro della Terra (una tale descrizione è stata resa stupendamente da Dante).

La Chiesa lavorava intanto nel tentativo di sradicare "le streghe" e le superstizioni. Tutti gli studiosi sono ormai d'accordo nel ritenere che queste operazioni servivano per sostituire alla "cultura popolare" alla "religione popolare", quella ufficiale propria. Non a caso alla lotta contro le pretese streghe si accompagnava la venerazione di "reliquie", i pellegrinaggi, i santi, certe credenze taumaturgiche, gli esorcismi, le proibizioni di certi giorni, tradizioni pagane trasformate in rituali liturgici, ... Ed anche se mai ufficialmente ammesse, erano ampiamente tollerate le pratiche degli amuleti, degli oroscopi, delle premonizioni che sarebbero state dietro ad alcuni fatti naturali straordinari come eclissi, comete, cavallette, bruchi, nascite deformi. Si dava ampio credito a fasi lunari legate a mestruazioni (fatto microscopico) ed a maree (fatto macroscopico), con l'assimilare la Terra ad una "grande madre" e con tutto un mondo di similitudini tra la vita di una donna e quella di un terreno coltivato.


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16/08/2007 01:09
 
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La Matematica

Esemplificativa in questo senso è proprio la matematica. Ancora nel XV secolo insigni educatori come Erasmo (1466 - 1536) e J. L. Vives (1492 - 1540) ritenevano non utile la matematica per la formazione delle persone poiché tendeva a distrarle dai fini pratici della vita. Gli stessi umanisti, che pure iniziarono a soffermarsi con interesse a guardare il mondo naturale circostante, si preoccuparono soprattutto della formazione morale dell'uomo aborrendo le dispute logiche che avevano luogo nelle prime università insieme agli insegnamenti della Scolastica.

La sua riscoperta ebbe un duplice effetto spesso contraddittorio. Da una parte si intuirono le enormi possibilità ad essa collegate per lo studio della natura ma dall'altra si individuò la via più facile della numerologia e della mistica dei numeri. Ma questo duplice aspetto riguardava ogni tema che entrava all'attenzione degli studiosi in quell'epoca. Già si era manifestata una tale tendenza nella tradizione della Scuola Pitagorica. Ora di nuovo tornava l'armonia delle figure e delle proporzioni che con i numeri a lato avrebbero permesso di scoprire una qualche cabala nascosta, ad esempio nella Bibbia, una qualche formula magica che avesse permesso all'uomo di salvarsi o di scoprire una qualche verità trascendente. Le armonie divine dovevano avere una qualche relazione con cerchi, triangoli, quadrati ed altre figure geometriche tra cui, naturalmente, i solidi regolari. La stessa creazione doveva avere una matrice di matematica "spirituale" che era studiata a tal fine dai pitagorici del Rinascimento.

Naturalmente su questo non vi era unità di pensiero. Coloro che ebbero approcci medici o chimici alla natura oscillavano tra la necessità delle chiavi matematiche di spiegazione delle osservazioni e la negazione di ogni influsso della matematica dei fenomeni. Un primo momento chiarificatore che servì a distinguere la matematica dalla numerologia si ebbe nella polemica tra Kepler e Rheticus. Secondo quest'ultimo l'astronomia copernicana non funzionava in quanto proponeva un mondo di 6 e non 7 pianeti (si ricordi che la Luna era considerata satellite e che il 7 era il numero perfetto dei pitagorici). Kepler, invece, distinse chiaramente le due cose rifiutando fermamente la numerologia (richiamandosi però ad una mistica che voleva la creazione del mondo come opera di Dio ed in quanto tale precedere la numerologia che era opera dell'uomo). Ciò che era in discussione era il primato di un principio esplicativo che molti individuavano nell'alchimia ed altri nella medicina. La matematica riuscì piano piano a farsi strada per la forte tradizione Platonica presente e per la sua immediata rapportabilità a temi mistici e religiosi. Resta comunque l'osservazione che per il suo stesso carattere e per la sua rappresentazione simbolica, la matematica restava limitata ad un ristretto numero di adepti che solo nel XVII secolo crebbe relativamente.

Ma la matematica dei "classici" (alla quale occorre aggiungere opere originali che pian piano venivano elaborate: quelle di algebra di Tartaglia (1500-1557), di Cardano (1501-1576) e Viete (1540-1603) e l'invenzione dei logaritmi di Napier (1550-1617)) da sola avrebbe potuto fare poco se non accompagnata da una miriade di testi di argomento vario che gradualmente erano riscoperti, tradotti e portati all'attenzione dei colti. Ma non tutti erano i canonici testi che oggi chiameremmo di argomento scientifico o quantomeno osservativo. Anzi, opere magiche, alchimistiche, astrologiche attrassero molto l'attenzione degli studiosi del tempo che spesso intrecciano loro conoscenze erudite in matematica con studi approfonditi nei vari rami suddetti.

Una delle opere riscoperte che ebbe maggiori influssi durante il Rinascimento fu certamente il "Corpus Hermeticum" di Hermes Trismegisto che Cosimo dei Medici fece tradurre da Marsilio Ficino (1433-1499) intorno al 1460 (si deve qui tener conto che da poco tempo era stata inventata la stampa a caratteri mobili - 1447 - e che essa fu decisiva al diffondersi di conoscenze ed anche alla messa in discussione di esse - caso clamoroso fu proprio quello della Bibbia che fu letta direttamente dai cristiani ed in tempi brevi portò alla Riforma) .

Prima però di passare all'argomento annunciato è di interesse osservare che la matematica ebbe un merito fondamentale, quello di iniziare ad unificare un linguaggio che sempre più era per iniziati nelle varie tradizioni. Dai concetti astratti, dalle similitudini, dalle analogie, dai sillogismi, dalle proprietà di colori, suoni ed odori, dalle cause ed accidenti si passava sempre più ad un qualcosa che aveva un linguaggio univoco al quale non si poteva sfuggire con sofismi di varia natura. Furono essenzialmente i meccanicisti ad usare la matematica ed i suoi metodi ma, soprattutto, il suo linguaggio. E fu proprio la potenza predittiva di questo "linguaggio", della sua univocità che permise, alla fine del Seicento l'affermarsi della tradizione meccanicista. Ma ciò non tragga in inganno: la scena era in gran parte occupata da altre vicende, da magia, alchimia ed astrologia (le controversie su tali problematiche erano, all'epoca, forse più importanti di quella tra geocentrismo ed eliocentrismo). La scienza che noi oggi vogliamo vedere laica e scevra da inquinamenti irrazionali nasceva immersa in questa cultura (quanto si ritiene oggi scientifico nasceva mescolato al mistico addirittura nello stesso autore) e se da una parte si può dire con l'aiuto dell'opera dei classici greci, dall'altro è necessario affermare che anche nonostante essi (per la loro visione statica ed in qualche modo già chiusa e determinata del mondo circostante).


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[Modificato da kelly70 16/08/2007 01:10]



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I limiti delle cose che discutiamo


Su quest'ultimo aspetto è necessario essere chiari. Non vi è unanimità tra gli studiosi sui termini degli influssi che vi sarebbero stati tra magia/misticismo e scienza. Si è passati dalla posizione esemplificata da Butterfield (1957) che esclude in modo assoluto tali influssi delineando percorsi assolutamente non conciliabili tra mago e scienziato.

Vi è poi la posizione diametralmente opposta, esemplificata dalla Yates (1964 e 1967), che ricerca ogni possibile intreccio tra le "due" culture in modo che è quasi impossibile intravedere uno scienziato che sia laico rispetto a pensieri di carattere mistico nell'ambito del suo lavoro. Oggi, invece, la gran parte degli storici tende ad una visione complessiva del Rinascimento (B. Vickers, 1984) in cui è ancora necessario studiare per capire. In particolare sono necessari vari approcci diversi al problema che è culturale in senso ampio. In ogni caso non sono pensabili dissociazioni di pensiero negli autori che lavorarono all'epoca. Siamo noi che operiamo delle classificazioni più per nostro comodo, per poter meglio descrivere e, in definitiva, fare una storia senza interruzioni che debbano prevedere errori o strade sbagliate eventualmente intraprese (e, ciò che è peggio, misurate con i metri che oggi possediamo).

Le tre (almeno) posizioni che qui ho delineato meritano un qualche approfondimento. La posizione di Butterfield è veramente priva di fondamento per il solo fatto che non esiste studioso che viva in una data epoca e che non sia immerso nella cultura dominante in essa. Può anche esservi una persona che combatte la cultura dominante ma di ciò devono esservi tracce negli scritti, devono esservi dei documenti (le esemplificazioni di Galileo contro l'aristotelismo e di Kepler con il platonismo ma contro la numerologia, possono essere emblematiche). E l'eventuale opposizione non nega che gli strumenti di giudizio provengono proprio da quella cultura. Insomma non vi sono ispirazioni che fulminano uno studioso con argomenti avulsi dai contesti che formano la base culturale di una epoca.

Le tesi della Yates sembrano forzate nel senso che paiono andare a ricercare consonanze finalizzate alla tesi non prevedendo se non marginalmente momenti culturali diversi che si sviluppano a fianco di altri. Dare troppa enfasi all'ermetismo o alla cabala ad esempio, quasi fossero piovute d'improvviso nel Rinascimento è dimenticare che queste tradizioni non sono mai venute meno nella storia dell'umanità anche se con alterne fortune. Ma il filone underground, popolare, non colto è sempre stato vivo e vegeto. Ciò che ora si chiamerà Ermetismo è la riproposizione articolata ed arricchita del neoplatonismo con innesti ancora più elaborati che porteranno alla cabala la quale ultima aveva anch'essa una storia lunghissima. Ma alcune tesi della Yates sono di interesse in quanto pongono l'accento sul fatto che nel Rinascimento la magia acquista uno status che la lega al Cristianesimo in modo esplicito, status che la fa accettare negli ambienti colti e che la fa diventare argomento di studio molto diffuso.

Lo scienziato è un uomo di cultura del suo tempo. Ed in quel tempo non vi era questa distinzione netta tra l'essere scienziato e mago. Neppure vi era la coscienza di essere semplicemente scienziato. Scienza e filosofia, quantomeno viaggiano di pari passo. Ed il filosofo ha grandi interessi per questioni metafisiche e così si arriva all'impossibilità vera di separare i vari influssi. Si può discutere di una maggiore o minore influenza di aristotelismo o platonismo; di quanto il meccanicismo archimedeo abbia potuto di fronte alle suddette potentissime scuole di pensiero ma è certo che tutti vivevano in queste atmosfere culturali.

La posizione che molti storici sostengono oggi è non una semplice mediazione tra queste due posizioni, ma la richiesta di un approfondimento dei temi in discussione in tutti i possibili ambiti, spaziando dalla filosofia, alla magia, alla religione, all'antropologia, alla linguistica., alla matematica, alla filosofia naturale (appare ancora precoce l'uso della parola 'scienza')... L'intersezione di tutte queste discipline che noi studiamo separatamente, costituisce il bagaglio che un uomo di cultura aveva e che noi, ad esempio, con un uso differente della medesima parola (che ha cambiato il suo significato originale nel corso dei secoli), interpretiamo in modo che potrebbe essere errato. Il richiamo è alla rilettura storico-critica dei documenti originali con un bagaglio di conoscenze e competenze che non può essere solo disciplinare. In questo senso avverto che il mio è un lavoro compilativo che non ha alcuna pretesa di introdurre tesi ma solo di tentare una spiegazione dei termini dei problemi in gioco. Per far ciò è comunque indispensabile scendere a descrivere la cultura magico-mistico-alchimistico-cabalistica che è una parte importante della cultura rinascimentale (con l'avvertenza che nomi diversi non devono far pensare a corpi o 'discipline' diverse: si tratta di un unico coacervo mitico-religioso difficilmente districabile).


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L'Ermetismo


Il termine ermetismo deriva da un presunto autore chiamato Hermes Trismegisto. L'Hermes è il Mercurio latino e Trismegisto vuol dire "tre volte grande". Chi è ? Alcuni hanno costruito la leggenda che farebbe risalire il personaggio al Dio egiziano Thoth. In ogni caso la leggenda collocherebbe Hermes cronologicamente prima di Mosè. Queste leggende erano già state smontate intorno alla metà del 1600 da Isacco Casaubon al quale fa chiaro riferimento G. Vico circa un secolo dopo, ma il modo con cui le presunte opere di Hermes arrivarono nel dibattito culturale del '500 facevano di esse una vera e propria rivelazione. Ed il tutto a seguito di approfondite disquisizioni iniziate proprio dai Padri della Chiesa, come Lattanzio (3º/4º sec.) e Sant'Agostino (9º sec). Cerchiamo di capire i termini della questione.

Come iniziato ad insinuare da Isaac Casaubon (1559-1614) e dimostrato definitivamente nel 1949 da A. J. Festugière, i testi di Hermes Trismegisto (raccolti in due opere principali: "Corpus Hermeticum" e "Asclepius") risalgono al 1º/3º sec. dopo Cristo e non hanno un qualche contenuto di novità. Essi, realizzati non da uno ma da vari autori, probabilmente greci (i manoscritti di cui dispose Ficino erano in lingua greca), mescolano e sovrappongono vari contributi e consistono in una sorta di compendio della filosofia greca volgarizzata con particolare riferimento al pensiero platonico, neoplatonico e stoico. Naturalmente, data l'epoca in cui si presume siano stati elaborati, tali scritti leggono i contributi originali attraverso la lente di vari secoli trascorsi con intersezioni culturali molto forti tra cui elementi di cultura persiana, ebraica (con il potente influsso di motivi cabalistici) ed addirittura protocristiana. Il periodo in oggetto era del massimo splendore dell'Impero di Roma. La pace regnava ovunque (con scaramucce ai confini). La cultura, che si era alimentata di quanto i greci avevano in sommo grado prodotto ristagnava, risultando la filosofia una ripetizione pedissequa e sempre meno interessante dei temi svolti secoli prima, anche perché non sollecitata da questioni di tipo applicativo a seguito di quella ineluttabilità (riconosciuta sia da Aristotele che da Platone) della schiavitù. Proprio questa situazione di stallo del pensiero poneva i pensatori del tempo alla ricerca di qualcosa che rispondesse a ricerche che non erano tanto di ordine materiale quanto "spirituale". E così ebbero ampio sviluppo esoterismi, misticismi ed anche arti che oggi chiameremmo magiche ma con un significato da specificare (come vedremo). È una ricerca del posto dell'uomo nel cosmo.

Se ci spostiamo ora nel '500 ed osserviamo che vi è una analoga ricerca, che si ha una idea del mondo in cui occorre un ritorno verso le epoche in cui tutto era "meno corrotto" e la vita era più vicina agli ideali di perfezione e "salvezza dell'anima", scopriamo che vi è una enorme ricettività per scritti di tale genere.

È evidente che la questione della datazione delle opere di Hermes assume somma importanza perché se tali testi sono situati in un epoca che precede Mosè assumono il ruolo di libri in qualche modo profetici. Se situati nella loro vera epoca sono poveri compendi di fatti noti e mal digeriti.

Fu proprio Lattanzio che volle assegnare a tali testi una sorta di premonizione "pagana" del Cristianesimo ricercando in vari passi episodi accaduti e ritrovando le espressioni chiave del Cristianesimo (il Dio Padre, il Figlio di Dio, il Verbo). Stessa cosa, dal punto di vista della datazione, fece Sant'Agostino che però poneva delle riserve di tipo teologico. Anche qui, tentiamo di capire. Nei testi di Hermes si sviluppano dei dialoghi tra "iniziati" e aspiranti ad entrare nel mondo della sapienza, che non è fine a se stessa ma strumento indispensabile per la salvezza. Il maestro riesce sempre a creare situazioni in cui il discepolo raggiunge una sorta di estasi perché si avvicina a quella conoscenza che facilmente è assimilata da Lattanzio a Dio. Il discepolo, osservando il mondo attraverso il suo spirito, riesce a dominarlo e quindi a vincere le volgari forze terrene per aspirare a congiungersi con la divinità. È facile qui ritrovare la Resurrezione e la salvezza di tutti coloro che credono nel messaggio evangelico ed è altrettanto facile intendere come nell'epoca di Lattanzio servano argomenti a sostegno del Cristianesimo (ed in tal senso niente di meglio che trovare in pretesi profeti l'annuncio di ciò che poi si ritroverà nei Vangeli che, tra l'altro, vedevano la luce poco tempo prima ed alcuni in contemporanea).

La datazione interviene qui a sostenere una tesi di interesse. Tutto ciò che è antico è puro. Il tempo corrompe le cose. Occorre riconquistare la purezza attraverso la saggezza degli antichi che avevano possibilità molto superiori alle nostre di avvicinarsi alla perfezione di Dio. Inoltre tutti gli antichi sapienti greci avevano visitato l'Egitto che viene riconosciuto come fonte di ogni sapere e proprio in quel Paese viene situato Hermes. In questo i testi di Hermes erano perfetti perché, se da una parte parlavano di un Dio che creava l'uomo, dall'altro affermavano la possibilità dell'uomo di creare Dio (e qui nasceva il punto su cui Sant'Agostino mostrava completo disaccordo ma che non turbava Lattanzio che leggeva quei brani con differenti interpretazioni). Sarebbe lungo e complesso spiegare il tutto ma, ai nostri fini, basta osservare che, attraverso pratiche astrologiche, alchemiche ed in generale "magiche", gli antichi egiziani sarebbero stati in grado di dar vita a delle statue (statue di dei) infondendogli lo spirito attraverso una serie di pratiche che prevedono manipolazioni di erbe, pietre e aromi. Queste pratiche, che anticamente si svolgevano nei sotterranei dei templi, erano le pratiche di pochi, degli eletti, degli iniziati.

Ritorniamo di nuovo nel '500 e trasferiamo lì questa ansia di riscoperta di un mondo migliore, della perfezione, dell'avvicinamento a Dio, del ritorno al Paradiso Terrestre e troviamo Cosimo dei Medici (il vecchio) che incarica Ficino di tradurre prima Hermes (opera portata in Italia dalla Macedonia per merito del frate Leonardo da Pistoia che la affidò a Poliziano) e solo dopo l'opera di Platone, pur disponibile (solo questo dovrebbe essere un indice dei livelli di priorità che si avevano in pieno Rinascimento all'interno di una delle corti più evolute culturalmente).

Hermes irrompe quindi come un sacerdote o dio egiziano, un profeta realmente esistito e preannunciante, dall'alto della sua sapienza, la "vera" religione, quella cristiana. Anche tutte le cose meravigliose che risorgevano dalle traduzioni di opere greche erano all'interno del Corpus Hermeticum che, come detto, solo raccoglieva ciò che era conoscenza diffusa nell'epoca in cui era stato scritto ma che suonava come una cultura molto più antica che aveva raggiunto estremi gradi di perfezione. Gli stessi Platone ed Aristotele avevano attinto da lì !

Ficino doveva stare però attento a non andare su una traiettoria che si scontrasse con Sant'Agostino e quindi mette molta cura nell'introduzione che egli fa al Corpus insistendo molto sul fatto che Hermes fosse un profeta, anche perché, per Ficino, in tale opera sembra risplendere la luce divina e con essa possiamo pensare di riuscire ad avvicinarci allo stesso Dio. È questo il percorso che in realtà interessava, quello che avrebbe dovuto ricondurre alla perfezione del "prima della caduta" ed alla riappacificazione con Dio. L'opera di Hermes sembrava che permettesse questo cammino. Ma molte delle cose che erano contenute nell'opera di Hermes erano o sembravano oscure. Serviva una persona di elevate conoscenze e capacità per permettere queste letture con il conseguente avvicinamento sempre maggiore a Dio. Non era cosa per tutti ma solo per maghi, per persone cioè in grado di aiutare altre persone a fare quel cammino che altrimenti sarebbe stato loro negato. Ed ecco che nel Rinascimento la magia che per secoli era vissuta all'ombra di un sottobosco incolto con pozioni e sortilegi, acquista un aspetto colto che interessa non solo regnanti ma alte gerarchie della Chiesa fino ad arrivare allo stesso Papa. Ma nell'acquistare tale dignità prende con sé anche i metodi della magia tradizionale con la reintroduzione di riti dei seguaci di Zoroastro ed Orfeo.

Questa magia assunse il nome di magia naturale (o bianca) per distinguerla nettamente dalla magia nera (o negromanzia). Vedremo meglio più oltre che la prima prevedeva un percorso verso Dio utilizzando degli angeli come intermediari, mentre la seconda si serviva dei diavoli per ottenere un qualche beneficio terreno. Questo essere poi maghi naturali, l'aggettivo stesso, evocava un cammino che si sarebbe servito di ciò che la natura offre con l'ambizione di riunificarla con la fede; con questo si gettavano le basi per iniziare a porre attenzione alla natura, fermo restando che la conoscenza si può conquistare solo mediante la grazia o l'illuminazione divina o anche mediante delle esperienze sul mondo naturale che permettevano, sempre con l'aiuto di Dio, di avvicinarsi a comprendere l'essenza del mondo naturale che per poter glorificare il Creatore mediante la contemplazione della sua opera più grande (il moto delle sfere celesti, la loro armonia, l'organizzazione degli elementi, la diversità delle creature, ...). Come si vede vi è una apertura, che sarà varcata, verso l'attenzione al mondo naturale, per ora però una tale attenzione ed il conseguente studio di essa da parte di un saggio, il filosofo naturale, è al fine di glorificare Dio, avvicinarvisi, cercarlo.

Vi è anche un altro aspetto che sarà invece di ostacolo all'osservazione di quegli stessi fatti naturali. Secondo P. Pomponazzi (1462 - 1525) l'azione delle sfere celesti e delle intelligenze che le muovono insieme a quelle che risiedono sulla Terra, può produrre fenomeni apparentemente contrastanti con le ordinarie leggi della natura, come i miracoli. In tal senso, con queste sfere che determinano tutto è praticamente inutile ogni ricerca sul mondo naturale: non si può forzare il determinismo che ci impone la costituzione del mondo.

Carattere in ogni caso unificante è l'assoluta negazione del valore che la quantità possa avere sulla qualità. I numeri erano presi in considerazione per le simbologie che sottendevano ma non certo per essere associati ad un mondo fisico o almeno ad una elaborazione teorica. Questa è una qualche novità del neoplatonismo rispetto al platonismo che va tenuta in considerazione.


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L'essenza dell'opera di Hermes Trismegisto


È interessante seguire il Corpus e l'Asclepius nelle traduzioni di Ficino. Intanto sembra chiara una ispirazione cristiana ed ebraica. Il fondamento delle esperienze religiose dell'uomo risiede negli astri. Questo essere, l'uomo, è l'unico dotato di doppia natura, materiale (e quindi mortale) e spirituale (e quindi immortale). Vi è quindi una analogia che vede Hermes come il Mosè degli egiziani: ambedue sono i legislatori dei rispettivi popoli.

In un tempio sono riuniti Hermes (che parlerà come Dio o in nome di Dio), Asclepius, Tat ed Amon (si tenga conto che molte opere del Rinascimento e Barocco avranno simile struttura: vari interlocutori tra i quali uno è il Maestro; in Bruno sarà Teofilo; in Galileo sarà Sagredo).

Hermes affermerà varie cose tra cui il fatto che l'elemento che unisce l'uomo a Dio è l'intelletto. Ma l'uomo ha la doppia natura di cui si diceva perché Dio creò un altro Dio (secondo Lattanzio questo era Gesù) e questi era tanto bello che Dio si innamorò di esso. Non ebbe altro rimedio che crearne ancora perché questo Dio aveva bisogno di qualcuno che potesse ammirare le meraviglie del creato. In questo modo venne fuori l'uomo che doveva avere natura spirituale per mettersi in relazione con la divinità ma anche natura materiale per potersi mettere in relazione con il mondo stesso. Colui che dirigeva tutto questo sistema era Giove (questo è un evidente elemento che dice molto sulla sistemazione cronologica di Hermes) sistemato tra cielo e terra. E qui sembra che con Giove ci si riferisca al pianeta poiché poi i riferimenti vanno al Sole ed agli altri pianeti.

Quindi ci troviamo immediatamente immersi in una struttura astrologica che lega gli astri alla divinità. È il Sole che dà vita a tutto e "questo Sole, per sua natura, non può che trovarsi al centro del sistema del mondo", dispensando vita, luce e rappresentando nel modo più imponente la divinità (e la stessa luce non è qualcosa che si differenzia dalla divinità medesima). Vi è quindi una gerarchia nel mondo e tale gerarchia prevede una struttura che è la base dell'Oroscopo che è un qualcosa legato alla divinità. Poiché la rotazione della volta celeste è di 360 gradi, ogni 10 gradi vi è un Dio (anche qui c'è una influenza numerologica: il 10 rappresenta la potente tetrakis davanti alla quale occorre solo inchinarsi) e così vi sono 36 dei nello Zodiaco che rappresentano i decani (nome che deriva da quel 10 che ciascun dio rappresenta). Questa struttura è situata nella sfera delle stelle fisse e questi dei hanno ivi dimora. Più in basso vi sono i sette cieli dei vari pianeti (più Luna e Sole) che sono strettamente legati a Fortuna e Destino. È l'etere che trasmette "informazioni" (anticipo qui che per Newton, che vive immerso in questa cultura, lo spazio è il 'sensorium Dei'). In fondo alla scala, come anticipato, vi è l'uomo sulla Terra (sotto di essa la demonologia). Osservo a parte che questa struttura è stata stupendamente resa evidente da Dante nella , Divina Commedia, vedi Fig. 0, tratta da M. Caetani - La Materia della Divina Commedia, 1855).





Ora occorre capire questo passaggio essenziale: così come Dio è in grado di costruire gli altri dei che popolano l'universo, insieme a Fortuna e Destino, allo stesso modo, è l'uomo che crea gli dei che, sotto forma di statue (immagini), popolano i templi. Quindi l'uomo 'crea' i suoi dei ed il fatto non è un mero artificio perché l'uomo è a quelle statue che si rivolge ed ad esse rende sacrifici perché sa di avere la possibilità di renderle vive. È questo che gli antenati erano in grado di fare ed è questo che noi dobbiamo apprendere. Per farlo dovevano dare un'anima a delle pietre e per far questo si servivano di riti evocativi di angeli (o demoni) le cui anime riuscivano ad immettere nelle statue. In questo modo tali statue acquistavano la capacità di operare bene (angeli) o male (demoni). Ma come è possibile realizzare un rito evocativo che permetta di trasferire un'anima in una statua. Qui vi è una caduta da alti voli pindarici a volgarità terrestri. Si tratta infatti di mettere insieme determinate piante, pietre ed aromi che riescano a realizzare, con la loro unione, il fenomeno. Le danze, le armonie, i sacrifici, tutto ciò che è rito propiziatorio serve a far sì che lo spirito divino non si annoi troppo nel suo dover convivere per un certo tempo con gli uomini.

Purtroppo questo mondo meraviglioso è destinato a morire: gli dei lasceranno gli uomini soli ed ogni tipo di male e di nefandezza si abbatterà sulla Terra. La crudeltà e l'empietà arriverà a tal punto che il Dio che riunisce in sé il tutto vorrà annichilare ogni scempio o con un diluvio, o con un incendio o con malattie e disgrazie.

Appena tutto ciò sarà avvenuto sarà possibile il ritorno alle primitive e pure origini e Dio ritornerà e riprenderà ad amare l'uomo che lo glorificherà di nuovo e ringrazierà con ogni tipo di sacrificio, danza e canto.

Questa sarà la rinascita del mondo che si avvererà per volere di Dio.

Come si vede questi passi sono quelli che fanno pensare Lattanzio, all'avvento del Cristianesimo (il Dio che ritorna è Gesù) come salvazione del mondo e come ritorno all'antica purezza e moralità. Ma Lattanzio ha anche un fine diverso, legato secondo vari studiosi al fatto che già nell'epoca in cui egli scriveva il Cristianesimo mostrava segni di cedimento, decadenza e stanchezza: occorreva rinvigorirlo e ridare iniezioni di moralità perché il rischio del Dio che abbandona gli uomini è sempre presente.


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La magia naturale ermetica


Ogni uomo che fosse stato capace di guardare al di là delle apparenze, avrebbe intravisto il mondo magico che Hermes offriva. Il mondo racchiude tutti i segreti ed i poteri magici per poter conoscere ed avvicinarsi a Dio, occorre solo dedicarsi con devozione a studiare il mondo e a scoprire tali segreti. Serve dedizione e misticismo. Il segreto ed il mistero nascono dal fatto che non tutti hanno le facoltà di avvicinarsi a tali segreti e chi li conosce non li divulga perché è un privilegiato cui si ricorre per essere illuminati (con la non piccola conseguenza che si è pagati per fare i maghi). Non è ozioso qui risaltare un approccio radicalmente diverso da quello dello 'scienziato' aristotelico.

A questo punto nasce l'intersezione tra tutta la tradizione magica, astrologica, alchimistica povera (alla quale abbiamo accennato) e che aveva vivacchiato di nascosto per centinaia d'anni (lo stesso Hermes Trismegisto era conosciuto già nell'Alta Età Media come personaggio collegato con magia ed alchimia, con immagini miracolose e talismani). Era venuto il momento di riprenderla e di darle dignità soprattutto perché non vi era tra di esse una netta separazione. Quindi da una parte sparisce il timore di dedicarsi a pratiche magiche e quindi ad utilizzare amuleti, erbe, talismani, invocazioni, dall'altra colui che cerca un approccio alla fede vuole con queste pratiche, ritenute legittime e non malvagie, tentare di raggiungere Dio attraverso l'etere evitando di incappare nella volontà contraria delle stelle (da qui la necessità di conoscere la loro posizione, la situazione dei pianeti ed in definitiva l'Oroscopo). Quindi dalle stelle provengono sulla Terra degli influssi che sono in grado di condizionare fatti ed avvenimenti, se si è capaci di indirizzare tali influssi in modo opportuno si può modificare la propria fortuna ed il proprio destino. Quei pochi che erano in grado di farlo erano i maghi che pian piano divennero ricercatissimi (e ne è riprova l'elevato numero di edizioni di opere magiche e di loro riedizioni che si ebbero durante il Rinascimento e fin molto dentro l'età Barocca).

Come si poteva "comunicare" con i cieli ? Si erano costruite delle corrispondenze tra pianeti (o cieli) e pietre, metalli, animali, piante. Con questi strumenti si aveva una prima chiave di comunicazione. Occorreva poi conoscere il modo migliore per rappresentare qui in Terra quel dato cielo (o pianeta): se si doveva fare un talismano che rappresentava il dato pianeta occorreva farlo di quel materiale e non di un altro ed inoltre vi erano epoche dell'anno astrologicamente propizie alla costruzione di un tale oggetto ed altre no. La trasmittente ed il ricettore erano quindi a punto. Nel momento astrologicamente propizio quel talismano catturava l'effluvio delle stelle e lo tratteneva. Tale "conserva" veniva poi utilizzata dove e come si voleva.

Come si può ben capire il simbolismo era vastissimo ed è quello che ritroviamo sulle antiche carte che disegnano il sistema astronomico con a lato lo zodiaco ed una miriade di strane figure ciascuna associata ad un pianeta o ad una stella o ad una costellazione. Ma tutto l'insieme godeva di una caratteristica peculiare, l'Unicità che era strettamente connessa all'unicità di Dio che con il suo essere abbracciava tutto. Il mago era tanto migliore quanto più conosceva simboli e relazioni tra le cose della Terra e ciò che andava associato alle cose del cielo. Più di questo sapeva, più era in grado di guidare gli effluvi delle stelle, catturarli ed utilizzarli ai suoi fini (che poi erano di chi lo pagava). Ciò che occorre distaccare è che i metodi del mago sono gli stessi qualunque sia il fine che egli voglia conseguire (personale, materiale, religioso, ...) e ciò rappresenta una porta aperta all'uso del mago per acquisire benefici personali, in qualunque modo, fino ad invocare effluvi non angelici ma diabolici (negromanzia).


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16/08/2007 01:24
 
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Le elaborazioni magiche di Ficino


Marsilio Ficino non è stato solo traduttore di Hermes Trismegisto. Egli elaborò anche proprie pratiche magiche (neoplatonismo cristiano). D'accordo con Hermes egli mette l'uomo al centro fisico del mondo, inteso come una unità e totalità (su questa strada si mossero anche Giambattista della Porta - 1540/1615 - che tra l'altro incitava a studiare sempre più il mondo per poterlo conoscere e poter intervenire su di esso in modo da rendere più semplice la messa in relazione dell'uomo con Dio, e Cornelio Agrippa - 1486 ?/1535 - ).

Ficino era medico di famiglia di medici. Ciò va sottolineato in modo speciale perché la medicina, la cura delle malattie, era il momento di maggiore contatto dell'uomo con la divinità. Quando la medicina, che curava il corpo fisico e spirituale, era affidata a Galeno, ad effluvi e influenze esterne al corpo, quando lo stesso corpo condizionava il suo essere a situazioni astrali, la magia, l'astrologia e, per quel che abbiamo detto, l'alchimia erano strettamente connesse con la medicina. Il mago, con Hermes, colui che ha la capacità di evocare le potenze celesti per indirizzarle al fine di curare spirito e corpo di una persona. Nei suoi scritti vi è una strenua difesa della magia che non può in alcun caso essere intesa come buona o cattiva, bianca o nera, ma solo come ricerca di conoscenza e verità, la magia è del sapiens, del sacerdos. Nonostante ciò (o forse proprio per ciò) Ficino crede nei talismani che possono raccogliere dentro di loro gli effluvi del cielo, effluvi che il mago-medico saprà indirizzare verso la cura del suo paziente. Questi talismani dovranno essere costruiti solo dai conoscitori dei misteri del mondo, dagli iniziati ad essi da coloro che sapranno trasferire al malato l'anima mundi. Il talismano acquista qui il senso del dare vita alle statue che era degli egiziani, l'infondere un'anima divina a della materia bruta che deve però avere caratteristiche che la colleghino al cielo appropriato. È una evocazione dei daemon che dovrebbero porsi in contatto con l'uomo, daemon che, nella versione originale, sono angeli che possono essere chiamati dall'uomo in cerimonie che Ficino assimila a quelle cristiane, come quelle della messa. E i "demoni" sono strettamente legati agli astri o cieli come lo stesso Ficino dice:

" Agli ordini del sole è situato il coro, o meglio, i cori dei demoni: sono veramente numerosi e vari, agli ordini dei decani [plinthìs] degli astri, in numero uguale per ognuno degli astri. Così disposti operano insieme ad ognuno degli astri, buoni o malvagi che siano, secondo la loro natura ovvero secondo la propria forza - di fatto l'essenza dei demoni è la forza - e ve ne sono anche alcuni che possiedono una mescola di bene e male ... Tutti questi demoni possiedono pieno potere sulle vicende terrene e sopra i rivolgimenti che sulla Terra si producono e provocano ogni tipo di disgrazie alle città ed ai popoli e, in particolare, a questo o a quell'individuo... Di fatto , quando uno di noi viene concepito e acquista vita risulta sotto l'influsso dei demoni in servizio nell'istante stesso della sua nascita: e ciò vuol dire che i demoni sono agli ordini di ciascuno degli astri. I demoni, infatti, si sostituiscono l'un l'altro istante per istante; non sono sempre gli stessi che sono in attività, ma rispettano dei turni".

È comunque da notare che, pur con qualche contraddizione, Ficino immagina spiriti buoni e cattivi associati ai vari pianeti oltre a demoni con differenti caratteristiche, alcuni dei quali localizzati in cielo ed altri sulla Terra.

L'opera del mago quindi non si esaurisce in evocazioni e preghiere. Egli è anche faber, persona che fabbrica con le conoscenze che ha (e che debbono restare segrete, fatto questo che rivestiva enorme importanza) oggetti, talismani, pozioni, aromi combusti, ...Tutto questo legato alle conoscenze dei rapporti precisi che esistono tra una cosa della Terra ed una del Cielo, al fine, come già detto, di indirizzare gli effluvi a buon fine nei momenti astrologicamente appropriati (occorre richiamare i demoni favorevoli, gli angeli buoni). Il medico è allora mago e quindi artigiano e quindi ancora conoscitore delle proprietà dei materiali (alchimia) e perfino artista nel modellare gli oggetti che fabbrica. Non a caso tutto ciò nasceva in una delle culle dell'arte, nella città di Firenze che, insieme a Ficino, offriva al mondo una mostra di artisti senza uguali. Il mago è, tra i mortali, colui che più può, è colui che più è legato con i poteri degli dei, meglio: di Dio. E tutto ciò è tanto più vero quanto più egli conosce, quanto più egli studia il mondo che lo circonda. E tutti coloro che saranno conoscitori di tale mondo, scienziati, avranno la possibilità di riunire l'uomo a Dio e quindi di restaurare la situazione esistente prima del peccato originale. Il mago è il nuovo 'primo uomo', il nuovo Adamo che potrà ristabilire l'unione con Dio realizzando se stesso e, simultaneamente, il disegno di Dio nel mondo. Da tutto ciò segue la stretta relazione tra magia e religione, tra magia e medicina e, più in generale, tra magia e scienza.. L'opera del mago è quella che ridarà salute al corpo dell'uomo e all'anima del mondo in cui esso risiede. E le cose non finiscono qui. La descrizione del mondo che fa Ficino, con l'organizzazione di demoni, astri, dei, preghiere, canti è una opera d'arte. È l'arte rinascimentale, una armonia universale, la musica che genera il mondo in onore di Dio.

Dal punto di vista medico alcune cose importanti furono introdotte, come vedremo, da Paracelso. Per ora si tenga conto che la medicina dominante era essenzialmente quella di Galeno (130 ? - 201 ? d.C.) con influssi totalmente aristotelici. Lo stato di salute di una persona era determinato dallo stato di equilibrio dei quattro umori che costituiscono il corpo: la flemma, l'irascibilità, la malinconia ed il sangue. Ogni stato di malattia è originato da uno squilibrio di questi umori. Per curare la malattia occorre procedere a tale riequilibrio e così qualunque cosa abbia il malato è l'intero corpo che deve essere sottoposto a cure, mediante salassi (con sanguisughe), vomiti, sudorazioni,... Inoltre vi era la credenza che vari pianeti avessero influenze su varie parti del corpo (da qui lo studio dell'astrologia come studio soprattutto a fini medici). In tal senso una tipica cura per la malinconia (Yates) doveva passare attraverso l'oro, metallo splendente, solare, che invita alla gioiosità (ma andava bene anche l'ambra, il miele, lo zafferano ed occorreva avere relazioni con persone bionde). Di tale metallo, l'oro, doveva essere costituito il talismano per la cura della malinconia, metallo che poteva essere forgiato in forma di Venere, o Giove o Sole (i tre astri che sono propizi all'uomo). E nel caso fosse fatto a forma della leggiadra Venere si doveva aver cura di colorarlo di verde poiché tale colore, vivificante ed apportatore di ogni bene, era ben accetto da Venere.

Se dovessimo pensare ad un talismano con sembianze di Giove, occorrerebbe pensare al colore dello zafferano poiché una tale pianta è amata da Giove. Se poi si vogliono ottenere le benevolenze di Mercurio occorre che i talismani siano fatti di Stagno o argento e che siano adornati da oggetti graditi al segno della Vergine e, naturalmente, a Mercurio. Per vivere molti anni è necessario scolpire l'immagine di Saturno sopra uno zaffiro con tutta una serie di accortezze, accuratamente elencate. Per costruire le sembianze dei vari pianeti, dei decani (quei 36 dei di cui abbiamo parlato), dei segni zodiacali (che sono oggi così diffusi!) Ficino utilizza molte pagine della sua opera e dice che quanto da lui affermato è ricavato da saggi del passato, da antichi scritti di indiani, egiziani e caldei ed in alcuni passi il riferimento va addirittura a Platone nel pensare le immagini dei talismani provenienti dal mondo celeste come riproduzioni del mondo platonico delle Idee (ad esempio la Vergine deve essere rappresentata da una bella donna seduta che ha in braccio un bambino ed in una mano una spiga). Più il mago conosce bene tali rappresentazioni, più è in grado di fornire cure adeguate al malato e, più in generale, a ricostruire l'unità uomo-Dio. Osserva Yates che sembra qui di trovarci nell'anticamera di uno psicanalista che richiede elevati onorari. Nonostante ciò Ficino esprime preferenze nelle cure. Egli sostiene che gli influssi astrali hanno molta maggiore efficacia dei talismani che hanno forme astrali e questo perché le pozioni liquide, gli unguenti, le polveri hanno molta maggiore facoltà di raccogliere tali influssi e di trasferirli alle persone; e questo perché liquidi e polveri hanno la possibilità di essere introdotte nei corpi creando quindi un effetto maggiore dell'influsso astrale ed anche perché, essendo le pozioni costituite da più elementi, possono contemporaneamente raccogliere più influssi astrali di quanto possa fare una sola immagine solida di un solo elemento.

Il simbolo della croce giuoca un ruolo importante, tanto che gli stessi antichi egizi ne facevano uso. È un problema del raggiungimento della maggiore efficacia degli effluvi celesti sui talismani che li devono raccogliere: tale effetto è maggiore in situazione di perpendicolarità di tali raggi con la Terra, quando cioè tali raggi cadono perpendicolarmente alla rosa dei venti, cioè alla croce formata dai quattro punti cardinali. Ficino qui aggiunge che gli egiziani usavano come simbolo la croce, non tanto per quanto ora detto, ma in quanto erano profetici rispetto a Cristo. Questo è il motivo, tra l'altro, per cui la croce è un potentissimo talismano.

Ma occorre, a questo punto, ribattere al fatto che tali pratiche erano state giudicate da San Tommaso come demoniache (anche se lo stesso aveva più volte sostenuto che le sfere celesti erano guidate, nel loro moto, da angeli). Qui Ficino fa salti mortali per difendere i talismani affermando in definitiva che non è tanto l'immagine, ciò che essa rappresenta, che è importante quanto il materiale con cui tali immagini sono costruite. Inoltre occorre differenziare l'evocazione di spiriti celesti da quelli demoniaci e San Tommaso, evidentemente, era contro questa ultima eventualità che si scagliava. Restava comunque il fatto che le indagini andavano sempre più a rompere la barriera esistente tra naturale e soprannaturale e qualcuno già iniziava a chiedersi il senso della stella dei Re Maghi, il posto della Vergine nei cieli ed altre questioni che la Chiesa aveva sempre lasciato nell'aura del mistero. In qualche modo, quindi, il mago ermetico non era altro che il tentativo di ritorno ai maghi delle Sacre Scritture, a Mosè, a Salomone ed ai Re Maghi.

Un'altra parte di interesse nella magia di Ficino è quella che riprende il mito di Orfeo (il poeta e musicista mitico originario della Tracia che con i suoi canti melodiosi riusciva a muovere pietre, a fermare fiumi, ad ammansire belve,...; la leggenda del quale fu ripresa da Platone con il racconto della sua discesa al Tartaro per liberare la sua sposa Euridice) ed i collegati canti orfici risalenti a più o meno la stessa epoca del Corpus e dell'Asclepius. Anche qui vi è lo stesso equivoco esistente con Hermes sulla datazione. Ficino è convinto di aver riscoperto dei canti che sarebbero stati scritti dallo stesso Orfeo, da egli ritenuto uno dei profeti che avrebbero annunciato la Trinità. Una musica accompagnava tali canti, musica monocorde che probabilmente si otteneva mediante una lira. Si trattava di quella musica, naturalmente ridotta in termini più semplici di quella che secondo Pitagora sarebbe stata emessa dalle sfere celesti nel loro moto di rotazione. Anche qui musiche diverse per attrarre gli influssi benefici di sfere celesti diverse, musiche diverse per le solite tre sfere aventi influssi benefici sull'uomo (e particolarmente, anche qui, sulla sua salute): Giove, Venere e Sole. Le due magie, quella ermetica e quella orfica erano complementari poiché operavano su due sensi diversi, da una parte la vista e dall'altra l'udito.

Quanto detto non è che una estrema sintesi della filosofia della magia spirituale di Ficino (un aspetto della quale, denominata 'magia naturale', era quella che più direttamente si occupava del rapporto con i fatti fisici). Qualcuno potrà pensare che si tratta solo di una risistemazione ed aggiornamento di quanto già si veniva facendo in epoca prerinascimentale, ma altri sono convinti si tratti di altro, particolarmente perché ora viene coinvolta la religione cristiana e la Chiesa, fatto che, da questo punto, imporrà un legame tra le due tradizioni.


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La magia cabalistica di Pico della Mirandola
Pico della Mirandola (1463 - 1494), di 30 anni più giovane di Ficino, fu fortemente influenzato da questi ed elaborò in modo ancora più esasperato la visione magica del mondo. Fu la sua enorme e proverbiale cultura, a cui occorre aggiungere la conoscenza di varie lingue, tra cui l'ebraico, che gli permise di mescolare alla magia spirituale di Ficino la magia cabalistica di origine ebraica (la parola cabala significa letteralmente "tradizione"). Come vedremo, ai temi già introdotti da Ficino, Pico aggiunge una sorta di corrispondenza tra le lettere ed i numeri dell'alfabeto ebraico ed alcune proprietà magiche. L'idea da cui parte è che Dio ha dettato la Bibbia in ebraico (Dio parlò ed in quelle parole si nasconde la Verità e la Sapienza) e questo deve avere un qualche profondo significato che deve essere cercato ed utilizzato al fine di scoprire segreti magici nascosti nel testo letterale della Bibbia stessa, tali da permettere all'uomo, all'iniziato, la possibilità di intervenire presso il mondo con operazioni di tipo magico. Se si tiene poi conto che Mosè era ritenuto un ebreo (in realtà non lo fu mai anche perché mai fu circonciso) la cosa mostrava affinità con Hermes Trismegisto (che avrebbe annunciato il Mosè) e con le predicazioni di Mosè che sarebbe stato proprio il primo iniziatore e divulgatore di tale cabala. Mosè avrebbe spiegato a pochi seguaci le sue conoscenze più segrete in qualche modo legate ad alcuni misteri della Genesi. Le invocazioni delle potenze spirituali del cielo, di angeli ed arcangeli, può avvenire mediante l'uso di determinate lettere, numeri (anche qui con riferimenti pitagorici spostati nel tempo, con una matematica che assume il ruolo di chiave interpretativa di un mondo che è riflesso dell'Intelligenza divina e che in sé è intesa come una vera e propria attività religiosa) ed espressioni ebraiche (nella figura 1, tratta da Ars reminiscendi di G. Bruno - 1583 -, la luce che si diparte dal centro del mondo è connessa con l'alfabeto ebraico e con numeri). Tra queste,






Fig.1


potenza speciale, dovevano avere le lettere che componevano, in ebraico appunto, lo stesso nome di Dio. Nell'Esodo, ad esempio. è lo stesso Dio che fornisce a Mosè il suo nome che è di quattro lettere, YHWH. Successivamente altri maghi rinascimentali (Reuchlin) trasformarono questo nome in IHUH che poi ebbe la sua estensione in IHSUH che è il nome di Gesù che, insieme al nome originale mosaico per Dio, ha poteri enormi (nella figura 2, tratta da una Bibbia Sefardita del 1385, è rappresentato il Tetragrammaton, il quadrato contenente l'iscrizione del nome di Dio che concentra tutti i poteri dell'universo; nella figura 3, tratta da Utriusque Cosmi di Fludd - 1621 -, pronunciando i quattro nomi di Dio, nascono i quattro mondi ).






Fig. 2


Per Pico la cabala doveva avere un carattere sacro perché riuniva in sé la lingua, la saggezza, la religione e la tradizione degli antichi legislatori, compreso Hermes, fino ad arrivare alla loro fonte egiziana che, attraverso Mosè si travasa nella ebraica. Tale cabala deve poter proporzionare dei poteri magici da utilizzare praticamente (ma se qualcuno avesse usato male tale cabala, con pronunce o parole errate, sarebbe stato annientato dai demoni). Anche qui Lattanzio è responsabile del credito che la cabala conquistò quando annunciava l'esistenza di una lingua superiore che oltrepassa l'intelligenza di tutti noi umani (naturalmente riferendosi alla lingua ebraica).





Fig. 3


Si tratta quindi di una unificazione, con significati più profondi e reconditi, tra ermetismo e cabalismo per formare il più possente mago rinascimentale che però, secondo Pico, deve rifiutare ogni tipo di astrologia che pretenda la previsione del futuro immediato, soprattutto di principi, regnanti e potenti (egli si scaglierà contro gli astrologi del giorno dopo giorno - contro quella che era chiamata 'astrologia giudiziaria' - che emetteva oroscopi personali, del resto proibita dalla stessa legge, in contrapposizione con previsioni di carattere molto generale e si rallegrerà addirittura per la cacciata degli ebrei, famosi astrologi, dalla Spagna dei Re Cattolici, proprio perché, con tutta la loro 'sapienza', non erano riusciti a prevedere tale evento; quanto ora detto non deve però far credere che, come Ficino, Pico non credesse agli influssi astrali dei vari spiriti presenti nei cieli) e tale rifiuto è strettamente connesso al passaggio biblico del libero arbitrio che Dio avrebbe concesso ad Adamo.

Di fronte allo scetticismo ed anche all'ostilità dell'allora Pontefice Innocenzo VIII, Pico non ebbe dubbi a recarsi a Roma (1486) in atteggiamento di sfida presentando ai colti della corte pontificia ben novecento tesi che avrebbe discusso con chiunque avesse voluto cimentarsi con esse (in una delle quali si sosteneva che nessuna scienza era in grado di avvicinarsi a Gesù come potevano farlo cabala e magia ed in un'altra che "ciò che il mago fa con la sua tecnica, la natura lo fa spontaneamente nel fare l'uomo"). Riguardo proprio alla magia, Pico sosteneva che era "una parte pratica della scienza della natura, che non fa altro che insegnarci imprese ammirevoli utilizzando forze naturali, mettendole in reciproca relazione e utilizzandole nella loro natura in sé passiva" e niente di questo deve essere confuso con l'evocazione di demoni (che in questa accezione sono proprio intesi come forze del male). In definitiva però i metodi magici utilizzati dalla magia di Pico non differivano da quelli di Ficino con l'aggiunta di quella parte misterica che era la cabala.

E' interessante vedere come la Cabala fosse entrata dentro l'iconografia cristiana soffermandosi sulla figura 3 bis:







Ma Pico non si ferma ad affermare la sua come filosofia naturale da contrapporre alla magia demoniaca, egli parla anche della magia ficiniana come un qualcosa di assolutamente inoffensivo ed inefficace.

I dieci 'sefirot', i dieci più comuni nomi di Dio che nel loro insieme fanno Dio, sono alla base della cabala di Pico. Anche nella cabala gli angeli giuocano un ruolo importante ma qui si comincia a distinguere tra spiriti del bene, gli angeli, da quelli del male, demoni. Ad ogni spirito buono corrisponde un simmetrico malvagio. Mediante la cabala si può avviare una persona alla meditazione o aiutarla mediante l'invocazione con parole ebraiche speciali degli angeli adeguati al problema; tali nomi, con opportune abbreviazioni o con numeri che hanno precise corrispondenze con le lettere, possono essere incisi sui talismani di Ficino in lingua ebraica. Particolari formule che relazionavano numeri con lettere permettevano anche alla conoscenza di quanti erano gli spiriti abitanti dei cieli: 301.655.172. Il ricavare un numero come questo non era troppo importante dal punto di vista magico ma serviva per sapere quanti erano gli angeli al servizio di un dato 'sefirot' e come invocarli. È una curiosità l'elencare i nomi dei 'sefirot' a lato delle corrispondenze che hanno con le sfere celesti e degli attributi che Pico attribuisce ad ognuno:



SEFIROT        CIELO                    ATTRIBUTO 
          
 Kether          Primo mobile               Unità 
 Hokhmah         Ottavo cielo               Intelligenza 
 Binah           Saturno                    Ragione 
 Hesod           Giove                      Concupiscienza superiore 
 Gevurah         Marte                      Irascibilità superiore 
 Rahimin         Sole                       Libero arbitrio 
 Netsch          Venere                     Ciò per cui ogni cosa diventa di livello superiore 
 Hod             Mercurio                   Ciò per cui ogni cosa diventa di livello inferiore 
 Yesod           Luna                       Miscugli e pozioni varie 
Malkuth          Elementi terrestri         Il potere del primo cielo 




Con Pico, se possibile, il legame tra magia (magia che Pico insiste nel chiamare filosofia naturale) e religione divenne più stretto e, a partire da lui, si generò una notevolissima quantità di opere ermetico-cabalistiche, a volte oscure ed ancora oggi incomprensibili che riempirono di sé il Rinascimento ed il Barocco. Con l'opera di Pico inoltre il mago acquistò una dignità distinguendosi radicalmente dal negromante e dall'esorcista che persero ogni prestigio rispetto ad un pubblico colto anche se in fondo l'opera di Ficino e Pico non erano altro che il seguito nobilitato da un apparato culturale importante di quanto da secoli si veniva facendo in pratiche magiche ebraiche e pagane.

Occorre appena ricordare che sulla strada aperta da Pico, la manipolazione delle lettere dell'alfabeto ebraico possiede in sé un gran potere con la conseguenza che modificare il linguaggio significa modificare la realtà (!), si mosse un altro personaggio che ebbe importanti influenze su tutto il Rinascimento, Cornelius Agrippa de Nettesheim (1485-1535) , perché risultò essere più che un vero mago (Cardano, da vero mago qual era, trattò molto male l'opera di Agrippa) un grande divulgatore di tutto il corpo magico che si agitava durante il '500. A margine è da notare che la segretezza, che era dei maghi in quanto la conoscenza avrebbe potuto sconvolgere le labili menti delle persone ordinarie, viene da Agrippa invocata così: "Confidare al volgo parole impregnate della maestà divina è un'offesa alla religione....[la magia] aborre il pubblico, vuol essere nascosta, , si fortifica nel silenzio e viene distrutta ove venga dichiarata...Un'oca preferirà una rapa ad una gemma perciò il volgo non è degno di conoscere questo segreto e Dio ha espressamente vietato di dare le perle ai porci" (citato da P. Rossi). Se vi fosse ancora bisogno di chiarire lo spirito magico e religioso da che parte è situato!

Fatto estremamente importante, che dette forte impulso a tali pratiche magiche, fu l'ascesa al soglio pontificio dello spagnolo Alessandro VI Borgia che fu uno tra i più strenui difensori della magia ermetico-cabalistica di Pico. Lo stesso Papa scrisse (1493) una Bolla diretta a Lorenzo dei Medici, Bolla nella quale Pico veniva assolto da ogni possibile sospetto. Inoltre scrisse una lettera di incoraggiamento a Pico (lettera nella quale la magia veniva in qualche modo riconosciuta come un sostegno del cristianesimo) che quest'ultimo premise sempre ad ogni edizione di sua opera. Come si può ben comprendere questo fece crescere enormemente gli influssi in ogni campo della magia ermetico-cabalistica.



www.fisicamente.net/index-76.htm




[Modificato da kelly70 16/08/2007 02:10]



La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Apocalisse Laica
Le religioni dividono. L'ateismo unisce


Il sonno della ragione genera mostri (Goya)


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