A Perugia i gornalisti da tutto il mondo per una sentenza. Un caso, quello dell’ omicidio della studentessa inglese, che fin dall’ inizio ha assunto le caratteristiche del soap giallo, del serial televisivo criminologico, con risvolti a volte grotteschi.
STORIA - Dal novembre del 2007 sono passati quattro lunghi anni durante i quali non è mancata settimana in cui i media non si occupassero della vicenda. Vuoi l’ interesse della famiglia di Amanda o il rispettoso silenzio della famiglia di Meredith, gli attacchi e le insinuazioni di parte americana alla giustizia italiana o gli apprezzamenti per la sentenza di primo grado da parte inglese. Un tormentone lungo quattro anni che ha portato questa triste vicenda nelle case degli italiani come in quelle di mezzo mondo. “La vittima oscurata dallo show” è il titolo di un bell’ articolo di Natalia Aspesi oggi su Repubblica che, senza entrare nel merito della vicenda giudiziaria ci pone di fronte al problema di una spettacolarizzazione estrema di un caso criminale e delle sue conseguenze tale da arrivare a rendere quasi invisibile l’ oggetto del crimine, il corpo del reato. Ma il fenomeno della spettacolarizzazione del quotidiano (della vita quotidiana) è ormai, nell’ ecosistema mediatico contemporaneo, un accadimento ridondante. Che passa per spettacoli come “Porta a Porta” o come i telegiornali “rosa” di Minzolini, per i reality come “l’ isola dei famosi” o “il grande fratello”. Sembra che, cittadini normali o famosi, illustri sconosciuti o accorsati professionisti, siano divenuti i moderni gladiatori da dare in pasto, più che alle belve, al loro pubblico affamato. E la televisione in primis, gli altri media a seguire, sono divenuti l’ arena, il luogo del combattimento, del sacrificio.
VITTIMA - Il sangue versato non è quello della vittima: poco o nulla importa della vittima dell’ omicidio di Garlasco o di Cogne, interessa il meccanismo occulto e morboso della congettura, dell’ ipotesi, della supposizione. Un paragone che calza facile è quello con il clima mediatico pre e post partita nel calcio: prima e dopo tutti allenatori a sviluppare le proprie teorie parasportive a individuare le formazione ideale, pronti a condannare a morte il campione fuori forma o l’ allenatore che ha immaginato una formazione non vincente. Così come su di un caso di omicidio , che nella sostanza può riguardare al massimo due famiglie, qualche conoscente, l’ assassino e la vittima, per vicende che sono assolutamente personali e tragiche, un intero stato o, come in questo caso, molte nazioni, sono state coinvolte in dibattiti mediatici privi di alcuna ragion d’essere reale, se non quella di catturare l’ attenzione del pubblico. Catturarla “sfrocoliando” la morbosità, educando all’ analisi di fatti criminali chi non ha alcuna competenza o capacità per comprenderli, solo perché la miseria umana presume sbagliando che il dolore degli altri possa lenire in qualche modo il proprio. Compassionevoli o arrabbiati, giudici saggi o inquisitori implacabili, i cittadini vengono subliminalmente indotti a scaricare la propria impotenza ed insignificanza di fronte alla vita ed alla morte. Una sorta di rito, di esorcismo con il quale si suppone, sbagliando ovviamente, di trovare un senso al proprio normale quotidiano. E’ la eterna logica del “Mostro” del “Girolimoni” che incarnano le ansie e le angosce delle società. E’ la logica della pubblica esecuzione che conferisce potere a chi la esegue, normalizzando la mutilazione esistenziale di chi invece continua a vivere, gioiendo o deprecando ma soprattutto “guardando” ed assistendo . Oggi grande delusione per i colpevolisti, gioia per gli innocentisti che restano, senza accorgersene, sempre disoccupati, più poveri e meno consapevoli dei loro problemi reali.
La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Le religioni dividono. L'ateismo unisce
Il sonno della ragione genera mostri (Goya)