Tutta questa risposta si basa su un equivoco che pensavo d’aver già chiarito. Io non ho mai detto che so che tutte le mie tesi teologiche sono vere e al contempo non dimostrate, ho detto che si può dire una tesi vera e al contempo non poterla dimostrare. Quindi, per l’ennesima volta:
1)Non ho detto che “è dimostrato che le mie tesi sono vere e indimostrabili”, sarebbe una contraddizione.
2)Questo mio distinguo nasceva da questa erratissima frase di Sonny, che scrisse: “E qual è questa VERITA' Polymetis? Ovviamente, prima di rispondere, ricordati che bisogna essere in grado di mostrare con prove TANGIBILI e inconfutabili che si possiede tale verità!”
Come si vede qui Sonny pensava che per dire la verità occorresse dimostrarla. Io invece gli ho replicato che si può dire tranquillamente la verità anche senza poterlo dimostrare. Sonny invece diceva che, affermare di essere nel vero, equivalesse ad affermare di poterlo dimostrare, e che non si potesse pronunciare la verità senza dimostrarla. Io gli ho replicato che il cosmo è la fuori indifferente a noi e alle nostre dimostrazioni, e che dunque se dicessi “nel sistema solare della stessa Sirio ci sono meno di cinque pianeti”, e un mio amico dicesse il contrario, uno di due certamente starebbe dicendo la verità, sebbene nessuno dei due può dimostralo. Io non ho detto “è dimostrato che i miei enunciati sono veri e non dimostrabili”, ma “ci sono enunciati veri, che non sappiamo se siano sicuramente veri, e che non sono dimostrabili”.
3)In definitiva, vorrei tanto sapere dove avreste rinvenuto nei miei messaggi l’affermazione che io creda che tutte le mie affermazioni siano sicuramente vere, il che vorrebbe dire dimostrate, e al contempo non dimostrabili. Io ho detto che un’affermazione può essere vera e non dimostrabile, non ho detto altro, ergo finitela di mettermi in bocca opinioni non mie.
4)Il teorema di Goedel è stato citato non con l’idea che qualunque enunciato corrisponda a quel tipo di enunciati ma solo per far capire a Sonny con un esempio palese che una frase può essere vera e non dimostrabile, e, in questo caso, sicuramente vera e non dimostrabile in quel sistema.
4)Altro discorso è se sia “razionale” credere vere queste opinioni che per l’appunto crediamo vere ma al contempo non possiamo dimostrare. Dunque si dovrà parlare di cosa sia razionale, perché francamente qui si fanno affermazioni che erano buone solo al tempo del Circolo di Vienna e dell'empirismo logico,
“(che è una stupidaggine perchè basterebbe che lui riscrivesse certe idee”
Non sarebbero idee sue, farebbe solo la parafrasi del pensiero di qualcun altro, e questo qualcun altro non è iscritto al forum.
“Si ammette che non è possibile una dimostrazione con il nostro linguaggio, né in metafisica né in scienza. Molto bene. Si ammette dunque che quel dogma non può essere vero”
Quello che ho cercato di spiegare, distinguendo la parola certezza dalla parola dimostrazione, è che quel documento non dice affatto che Dio sia dimostrabile, bensì che di Dio si può essere certi col lume naturale. Come ripeto l’essere certi, e su questo rimando alla già citata pagina di Kant che li distingue, è un “tener per vero” che non coincide con la dimostrazione. Kant in quelle pagine spiega che lui è certo che Dio esista e che l’anima sia immortale, sebbene dal punto di vista teoretico queste affermazioni non sia dimostrabili. Come è noto infatti ciò che Kant fa uscire dalla finestra della ragion teoretica lo fa rientrare da quella della ragion pratica.
“Ci sembra però che questa affermazione, sebbene corretta, sia in contraddizione con quest'altra: “Se è di qualche interesse io credo solo alle prime due” Come si può credere che Tommaso abbia dimostrato qualcosa con le prime due dimostrazioni se si ammette che con il linguaggio non si può dimostrare nulla ?”
Io non le ho mai chiamate dimostrazioni né Tommaso le ha chiamate così. Sono dette “Cinque vie” nel linguaggio tomista.
“Si puntualizza che la dicitura esatta è che esistono enunciati che sappiamo veri e al contempo non dimostrabili. Ma questo non è corretto. si può sapere con cognizione di causa razionale, ovvero senza atti di fede, che un enunciato è vero solo se si ha dimostrazione o esperienza empirica”
Ho già spiegato che quando parlo di questa casistica sto parlando unicamente degli enunciati come quello prodotto da Goedel. Da capo, non sto parlando di ogni enunciato. Infatti ho scritto “ci sono dei..”, non “i miei enunciati sono tutti così”.
““io non sono dimostrabile” si afferma che questo sarebbe solo un caso di una casistica più vasta, e cioè quella degli enunciati che sono veri, che non sappiamo se siano veri, e che non sono dimostrabili”
Veramente, proprio parlando di quest’enunciato, ho scritto il contrario (parlo arabo?): cioè che è vero, che sappiamo che è vero, e che non è dimostrabile. Tu invece hai scritto che per me quell’enunciato è vero, che non so se è vero, e che è indimostrabile. Avevo fatto spiegare il teorema di Goedel da Paul Davies appunto per dire che la frase sottoposta al computer, che sappiamo essere vera, non è dimostrabile in quel sistema (ma non ho detto che tutti i miei enunciati fossero di quella specie). Riporto nuovamente la storiella:
"In un paese lontano un gruppo di matematici che non avevano mai sentito parlare di Gödel si convinse che esisteva davvero una procedura sistematica per determinare infallibilmente la verità o falsità di qualunque proposizione sensata, e si propose di dimostrarlo. La loro procedura poteva essere eseguita da una persona, o da un gruppo di persone, o da una macchina, o da qualsiasi combinazione di queste tre possibilità. Nessuno sapeva con certezza quale combinazione avessero scelto i matematici, perché il sistema era situato in un grande edificio universitario, piuttosto simile a un tempio, e l'ingresso era vietato al pubblico. Comunque, il sistema venne chiamato Tom. Per controllare l'abilità di Tom gli venivano sottoposte complesse asserzioni logiche e matematiche di ogni tipo e, dopo il tempo necessario per l'elaborazione, arrivavano puntualmente le risposte: vero, vero, falso, vero, falso... Dopo non molto la fama di Tom si diffuse in tutto il paese. In molti venivano a visitare il laboratorio e aguzzavano sempre di più l'ingegno per formulare problemi sempre più difficili nel tentativo di mettere in difficoltà il sistema. Nessuno ci riuscì. La fiducia dei matematici nell'infallibilità di Tom crebbe a tal punto che persuasero il loro re a offrire un premio a chiunque riuscisse a sconfiggere il suo incredibile potere analitico. Un giorno, un viaggiatore che veniva da un altro paese giunse all'università con una busta e chiese di sfidare Tom. Nella busta c'era un pezzo di carta con una proposizione da sottoporgli. La proposizione, che possiamo indicare con «P» («P» sta per «proposizione» o per «paradosso»), diceva semplicemente: «Tom non può dimostrare che questa proposizione è vera».
P venne sottoposta a Tom. Erano passati appena pochi secondi che il sistema entrò in preda a una specie di convulsione. Dopo mezzo minuto un tecnico giunse correndo dal laboratorio con la notizia che Tom era stato disattivato a causa di problemi tecnici. Che cosa era accaduto? Supponiamo che Tom dovesse arrivare alla conclusione che P è vera. Questo significherebbe che la proposizione «Tom non può dimostrare che questa proposizione è vera» sarebbe stata falsificata. Ma se P è falsificata, non può essere vera. Così se Tom risponde «vero» a P, avrà raggiunto una conclusione falsa, contraddicendo la sua vantata infallibilità. Dunque Tom non può rispondere «vero». Siamo dunque giunti alla conclusione che P è effettivamente vera. Ma nel giungere a questa conclusione abbiamo dimostrato che Tom non può giungere a questa conclusione. Questo significa che noi conosciamo la verità di una proposizione che Tom non può dimostrare. Questa è l'essenza della dimostrazione di Gödel: che esisteranno sempre certe proposizioni vere che non possono essere dimostrate. Il viaggiatore, naturalmente, lo sapeva e non ebbe alcuna difficoltà a costruire P e intascare il premio.
È importante, tuttavia, rendersi conto del fatto che le limitazioni messe in luce dal teorema di Gödel riguardano lo stesso metodo assiomatico di dimostrazione logica, e non una proprietà delle proposizioni che si cerca di dimostrare (o di refutare). Si può sempre trasformare una proposizione vera che è indimostrabile all'interno di un dato sistema di assiomi in un assioma di qualche sistema esteso. Ma allora ci saranno altre proposizioni indimostrabili in questo sistema esteso, e così via. " (Paul Davies, La mente di Dio, Milano, 1993, Mondadori, pp. 117-121)
Come è noto questo argomento è stato usato anche contro la possibilità di creare l’intelligenza artificiale, infatti noi sappiamo che quella proposizione inserita nel computer è vera, non c’è modo di dimostrarlo, eppure lo sappiamo. Un computer potrebbe mai saperlo?
“ome già detto sappiamo che il teorema di Pitagora è vero perchè lo abbiamo dimostrato, prima della dimostrazione non si poteva conoscere il valore veritativo !”
Io non ho detto infatti che si potesse affermare con sicurezza che fosse vero prima della dimostrazione, ma che era vero anche prima della dimostrazione. Tutto il tuo post è un fraintendimento di questo punto e dunque mi asterrò dal commentare tutte le righe che si basano su quest’equivoco.
“Chiunque lo riteneva vero prima della dimostrazione compiva un atto di fede e noi stiamo parlando di raziocinio. In pratica casualmente credeva in una tesi che poi si è dimostrata vera, ma per puro caso.”
Qui invece si dice qualcosa di diverso. Ossia che non sarebbe razionale credere a qualcosa prima di una sua dimostrazione. In realtà questo non ha senso, perché la nostra ragione non si basa su prove. Gli scienziati inseguono infatti teorie che ritengono probabili e coerenti coi loro postulati. Nessuno ha mai visto un buco nero, semplicemente i nostri radiotelescopi captano delle emissioni che sono compatibili con la nostra teoria di cosa fa un buco nero, e dunque ne deducono che lì potrebbe esserci un buco nero. Questa è una scelta razionale, non è una scelta sicura. Gli scienziati non credono ad una teoria perché è provata, ma perché fa quadrare più dati di quella precedente, nulla vieta che verrà in seguito ribaltata, ma non per questo non era razionale credevi quand’era in auge, infatti tutti gli indizi andavano nella direzione di quella teoria; poi, cambiato il paradigma, tutti quei medesimi dati sono stati reinterpretati in altro modo. Come ripeto si confonde la razionalità con la dimostrazione. Voi ritenete razionale credere che il mondo esterno esista? Penso di sì, ma non potete provarlo. Usando una celebre metafora, nessuno di noi può dimostrare che non siamo cervelli coltivati in una vasca da degli alieni, alieni che ci mandano degli impulsi per simulare il mondo esterno. Dimostrazione vuol dire verità assoluta, l’impossibilità più categorica del contrario. Voi invece potete dimostrare che il mondo esiste, che io esisto, e financo che voi esistete?
Come è noto infatti anche il cogito ergo sum di Cartesio è stato confutato, si potrebbe infatti ipotizzare che noi siamo il sogno di un essere superiore, e che questo Ente che ci sta sognando, sogni che noi diciamo a noi stessi “penso dunque solo”.
Non ha nessuna rilevanza ovviamente quanto queste ipotesi siano improbabili, sta di fatto che non c’è alcuna dimostrazione del senso comune.
C’è un libro divertentissimo che si intitola “Viaggio nel tempo e altre pazzie”, consigliato nientemeno che dal Cicap nella persona di Piero Angela (nonché da Le scienza, recensione sul sito), che riporta teorie decisamente “di frontiera”, ma sempre partorite da scienziati seri all’interno della comunità scientifica. Il libro distribuisce indici di probabilità a varie affermazioni che vengono discusse, ad esempio la teoria che il sole non provochi il cancro, che nel sistema solare ci siano due soli, che il petrolio non sia un combustibile possibile, ecc.
Questo per fare un esempio di una cosa che sembra ovvia e che invece non è detto che lo sia. Siamo davvero sicuri di avere un solo sole? Tra parentesi l’autore del libro considera la teoria dell’esistenza di due soli più probabile di un altra teoria altrettanto sconvolgente che però ha molti seguaci, compreso un premio nobel per la chimica, e cioè che l’AIDS non sia affatto causata dal virus HIV.
“. Non abbiamo scritto che consideriamo irrazionale un enunciato indimostrato”
Non hai scritto che è irrazionale un enunciato indimostrato, ma che è irrazionale credere vero un enunciato non dimostrato. Come già detto invece la scienza non funziona così: la corroborazione sperimentale di una teoria viene molto dopo la sua formulazione, e proprio perché gli scienziati la credevano vera, si sono dati tanto da fare per cercare di corroborarla con dati sperimentali.
“Si portano esempi di teorie fisiche ritenute razionali e corrette. Tali esempi non c'entrano un emerito nulla poiché le parti di esse provate empiricamente e matematiche valide sono considerate vere.”
Provate? Stai sostenendo che esista qualcosa di provato? Scusa ma questa è un’affermazione da epoca pre-popperiana. Non c’è assolutamente nulla di provato a questo mondo, neppure che io ho davanti un computer. Non possiamo infatti immaginare quale immane cambiamento di paradigma potrebbe intervenire per farci cambiare idea rispetto a quello che oggi consideriamo ovvio. Quello che per i nostri antenati era ovvio, perché si illudevano di vederlo, per noi non lo è più. Allo stesso modo quello che oggi per noi è ovvio, per i nostri pronipoti potrà essere errato.
“Tutto l'impianto è considerato “razionale” anche prima che venisse corroborato, tuttavia abbiamo potuto affermare che parti sono vere solo quando ne abbiamo avuto evidenza empirica.”
Qui mi stai dando ragione, perché appunto mi dici che si può ritenere qualcosa razionale anche prima di provarlo. (Con la piccola puntualizzazione che per me dire “anche prima di provarlo” non vuol dire nulla, perché le dimostrazioni in ciò che si mischia con l’empirico non esistono). E, soprattutto, non è vero che “solo dopo la corroborazione possiamo affermare che sono vere”, a rigor di logica, né prima né dopo la corroborazione possiamo essere sicuri che siano vere, infatti la corroborazione è chiaramente distinta dalla dimostrazione. Ma, per l’appunto, il fatto che né prima né siamo autorizzati a proclamare che qualcosa è dimostrato come vero, implica che non possiamo proclamare che è vero? Come ripeto quello che diciamo è vero o falso a prescindere dal fatto che noi possiamo dimostrarlo.
“Ma non abbiamo mai affermato che un atto di fede sia irragioneovole, abbiamo asserito unicamente che credere ad un enunciato non dimostrato è un atto di fede.”
Questa frase si contraddice da solo. Non ho nulla contro l’affermazione che credere ad un enunciato non dimostrato sia un atto di fede, ma non è solo questo, può essere anche razionale. Tu stesso infatti scrivi “non abbiamo detto che un atto di fede sia irragionevole”, proprio perché, come tu stesso hai scritto, dimostrabilità e razionalità non sono la stessa cosa. La razionalità di qualcosa è un indice probabilistico, un livello indiziario se vogliamo. In questo senso è razionale credere in Dio, come è anche razionale non crederci.
“Il discorso non cambia, giacchè sostenere che si può essere nel vero non potendolo dimostrare significa attribuire una sorta di verità ad ogni enunciato indimostrato”
Perché? Sostenere di essere nel vero ma non poterlo provare non vuol dire che si considerino tutti gli enunciati indimostrati veri. Io credo che sia vera la frase “Dio esiste”, e non posso dimostrarlo. Da questo, come si dovrebbe dedurre che io credo che ogni enunciato indimostrabile sia vero, e cioè che io creda anche che sia vera la frase “su Marte c’è la vita”? Non ho infatti detto che ogni mio enunciato è vero, che so che è vero con sicurezza, e però è indimostrabile. Ho detto che ci sono alcuni miei enunciati che possono essere veri, che non so se siano veri con sicurezza, e che non posso dimostrare. Siete pregarti di mostrarmi dove nei miei post avreste trovato qualcosa di diverso da quello che ho scritto.
“Non si può affermare razionalmente che qualcosa è vero se non lo si dimostra a meno che non si ammetta un atto di fede”
Allora qui contraddici quanto hai detto sopra, quando affermavi che la razionalità di qualcosa non coincide con la dimostrazione. Io invece, e come Popper, Kuhn e Feyeraben, sosteniamo che si può razionalmente credere ad una teoria, ad esempio la teoria della relatività, e al contempo non poterla dimostare. Questo perché il criterio per definire qualcosa “razionale” non è la dimostrazione ma il numero di indizi che puntano verso una “x” che è la teoria. Ogni verifica della relatività generale infatti non è affatto una prova, ed è il motivo per cui il cosiddetto “verificazionismo” è tramontato col neopositivismo, perché non si può mai sapere cosa, in un nuovo paradigma, quella prova significherebbe, se ci indicherebbe ancora le stesse conclusioni o se invece verrebbe radicalmente reintepretata. Dopo il verificazionismo venne il falsificazionismo, e poi tramontò anch’esso, perché ci si rese conto che nessuna teoria può mai essere confutate definitivamente, non sappiamo infatti cosa potremmo scoprire che ribalti la nostra prospettiva: per la sicurezza di qualcosa, di un aspetto dell’universo, bisognerebbe conoscere anche tutto l’universo intorno, perché solo in questo modo sapremmo che non ci accadrà mai una futura confutazione. Ergo, come dice un noto paradosso dell’epistemologia, “per essere sicuri di qualcosa bisognerebbe conoscere tutto il resto”, ma questo può farlo solo Dio, per chi ci crede.
“Si tenta stoltamente di confondere le idee. Non abbiamo detto infatti che siano sinonimi, abbiamo affermato che se si ritiene vero un enunciato senza che sia stato dimostrato si esce dalla ragione.”
Hai scritto invece: “Non abbiamo scritto che consideriamo irrazionale un enunciato indimostrato”. Hai le idee confuse?
Usare la ragione amico mio non vuol dire credere solo a cose dimostrate. Come già detto non possiamo essere sicuri che una cosa razionale sia vera, ma ciò non toglie che è razionalissimo crederci. E’ razionale credere che se vedo l’America in televisione l’America esista, eppure nessuno ci dimostra che non siamo parte di matrix e che l’America non esista affatto. Per di più noi spessissimo ci fidiamo, perché è ragionevole farlo, di quello che ci dicono gli altri, anche se nessuno ci ha mai dimostrato che dicono la verità. Se dei miei amici mi hanno detto che sono stati in America, io ritengo razionale credere che l’America esista anche se non ci sono mai stato e non ne ho avuto alcuna conferma empirica, e, se anche ci andassi, non potrei neppure in quel caso escludere di essere vittima di una mia allucinazione privata.
“abbiamo asserito che tali teorie non possono essere considerate vere se non dimostrate, che è tutt'altra cosa.”
Io invece dico qualcosa di diverso, cioè che puoi considerarle vere, che puoi razionalmente considerarle vere, e che tuttavia non è sicuro che siano vere. Le puoi considerare vere perché gli indizi puntano lì, puoi dire questo razionalmente perché per l’appunto la ragione non vive solo di prove(che nel mondo empirico non esistono tra l’alto), e tuttavia tutto questo potrebbe essere errato.
“Si sostiene che è possibile considerare razionale qualcosa che all’interno di un sistema è coerente coi suoi postulati, ma questa è una dimostrazione !”
No, coerente coi postulati vuol semplicemente dire che all’interno di una data teoria il fenomeno x è plausibile perché si inquadra nei limiti di quella teoria. Non vuol dire né che sia vera la conclusione, né che siano veri i postulati.
“spostando in questo modo il discorso ma non potendo non sostenere che l'uomo non può conoscere Dio con la sola luce della ragione. Questa si chiama banalmente contraddizione.”
Il testo intende dire, pur potendo la sola ragione conoscere Dio, non non siamo “pura ragione”, ma spiriti incarnati, e dunque siamo ostacolati da pregiudizi, dalla sensibilità corporea che ci svia (quanto sono platonico!), ecc. Comunque anche in questo caso “conoscere Dio con la sola ragione” non vuol dire “dimostrare Dio con la sola ragione”, nella scolastica la conoscenza intellettuale non è l’astratto calcolo ma, proprio perché è espressa in latino, ricalca l’etimo ricostruito dai medievali, cioè “intelletto” come “intus legere”(leggere dentro). La conoscenza intellettuale di Dio non è quello che pensiamo noi bensì la percezione di Dio che la nostra anima raggiunge. Conoscere è un verbo estremamente corporeo, non ha nulla a che fare col nostro “conoscere” nel senso dell’intellettalismo moderno, quest’ultima è una concezione post-cartesiana del significiato del conoscere.
“A chi sostiene che la ragione umana con le sole sue forze e la sua luce naturale può realmente pervenire ad una conoscenza vera e certa di un Dio personale io rispondo: dimostralo.”
Come già detto il fatto che la ragione pervenga con le sue sole forze a Dio non significa che lo faccia con un procedimento dimostrativo. Razionale e dimostrato non sono sinonimi, esattamente come non sono sinonimi “certezza” e “dimostrazione”, non per chi ha redatto questo testo almeno, né per la linea filosofica a cui chi ha redatto questo testo appartiene, giacché è questa linea filosofica, cui i redattori appartengono, quella che dobbiamo considerare se vogliamo capire cosa intendevano dire.
“Sapiens nihil adfirmat quod non probat ! (tra l'altro questo proverbio è spesso usato da loro quando chiedono conto ai critici della gerarchia vaticana di provare le accuse, ma come, prima sostengono che si può essere nel vero pur senza provarlo e poi si chiedono le prove a chi la pensa diversamente ?”
Sì è verissimo, si può essere nel vero anche senza poterlo dimostrare, ma siccome c’è la vita di altre persone in gioco e la loro reputazione, lo stato fa benissimo a processare per calunnia coloro che, anche qualora dicessero il vero, sono incapaci di dimostrarlo, altrimenti chiunque potrebbe dire sul prossimo qualunque cosa gli passi per la testa, dare del pedofilo o del corrotto a chi gli pare, ecc.
“Altra scusa addotta per non fornire la suddetta dimostrazione è quella di sostenere che Dio può essere conosciuto con certezza attraverso il lume naturale, ma non è detto che tutti ci riescano o ne siano all’altezza. Ma noi attendiamo sempre questa dimostrazione da parte di chi è in grado di fornirla.”
Veramente quando ho detto “non tutti sono in grado”, non intendevo “non tutti sono in grado di formularla”, ma “non tutti sono in grado di capirla”, ergo se anche la formulassi, nulla garantisce che tu abbia la predisposizione mentale per queste cose e che tu sia in grado di capirla. Inoltre, come ripeto, non ho mai parlato di dimostrazioni, bensì di certezza (sentimento soggettivo) raggiunta attraverso la sola ragione, e dunque attraverso una costruzione razionale. Ho già chiarito il senso di tutti i termini che ho usato.
“In ogni modo, una dimostrazione razionale, basata cioè su logica e matematica è comprensibile da chiunque abbia le conoscenze razionali sufficienti”
La logica è un contenitore vuoto, bisogna vedere da che postulati parti e come li intendi.
“Si insinua che coloro che si rifiutano di ritenere vere certe dimostrazioni si appellano alle viscere più che ai neuroni. Ma noi stiamo parlando di ragione, non c'entra nulla il rifiuto per questioni irrazionali”
Si intendeva dire che la gente che crede di rifiutare per motivi razionali, rifiuta invece per sentimento.
“Si sostiene che la certezza sarebbe qualcosa che inerisce al soggetto, e può essere falsa. Ma questa obiezione non c'entra nulla. Quella certezza è un atto di fede”
C’entra perché è di questo che il documento del Concilio Vaticano I parla, di certezza, non di dimostrazione.
“Così si è dato la zappa sui piedi perché proprio per questo sosteniamo che un enunciato può essere razionalmente considerato vero solo se dimostrato.”
Io non capisco cosa c’entri questa frase con quella prima. Ho semplicemente detto che il Concilio dice che Dio è conoscibile con certezza dalla sola ragione, cioè che la persona è portata a persuadersi fermamente con la sola ragione che Dio esiste, quel testo non sta dicendo che Dio è “dimostrabile” nel senso che gli dai tu, ma che la ragione può esserne certa. Ma come sappiamo, si può anche credere certe cose che poi non si rivelano vere. Questo non vuol dire però che prima non potevamo dire che erano vere. Potevamo dirlo razionalmente, perché tutti gli indizi puntavano lì, e al contempo ci siamo sbagliati. Come già detto infatti la verità è distinta dalla dimostrabilità, e non sta scritto da nessuna parte che per affermare che una cosa è vera occorra prima provarla. Nella scienza infatti, come ripeto, prima si formula una teoria, e, proprio perché la si ritiene vera d’anticipo, si cercano le sue corroborazioni, che potranno arrivare o meno. E, come nota Popper insieme a Feyerabend, potrebbero arrivare anche delle confutazioni, però questo non vorrà ancora dire che non possiamo affermare che quella teoria è vera, infatti nessuna confutazione è realmente definitiva: la storia è piena di teorie confutate da dati sperimentali, ma che, grazie all’ostinazione degli scienziati che inventavano ipotesi ad hoc per salvare il nocciolo duro della teoria che ritenevano razionalmente buona, dopo decenni di ricerca sono state invece corroborate.
“Rinunciare al dato empirico significa privare di autorevolezza la logica”
Al contrario. La logica funziona perfettamente anche senza dati empirici, infatti non è la verità su qualcosa ma le regole del discorso su qualunque cosa.
“I postulati non possono essere metafisici in quanto devono essere dimostrabili e/o falsificabili almeno in linea di principio, altrimenti non siamo nel campo della ragione ma della fede.”
Questa osservazione metta tutta la scienza sperimentale nel campo della fede, perché nessun postulato di nessuna scienza è dimostrabile.
“Il principio di causalità è distrutto dalla scienza moderna quindi non può essere utilizzato quale postulato sapendo che è falso.”
Questa è una pia illusione dei fisici che non hanno mai studiato filosofia e che non si rendono conto di usare il principio di causalità anche quando lo negano e ipotizzano effetti che accadono prima della causa, dimenticandosi però che, pur nella paradossalità temporale, l’effetto prima della causa è stato causato proprio dalla causa. Ma è una storia lunga, bisognerebbe infatti discutere a quale versione della fisica quantistica ci si riferisce, e cioè se a quel pastrocchio chiamato “interpretazione standard”, che è pieno fino al midollo di filosofia senza che se ne renda conto (e infatti i fisici sono solitamente ignoranti di filosofia), o se invece si optino per altri paradigmi. Qualsiasi paradigma si scelga comunque non c’è proprio la distruzione di un bel niente, perché tutto quello che si sperimenta è sempre provvisorio e mai defintivo, domani potremmo tornare ai quattro elementi di Empedocle.
“Inoltre anche ammettendolo con esso si va in contro a contraddizioni insanabili (chi ha causato Dio ?).”
La II via si basa appunto sul fatto che deve esistere una prima causa incausata. Tutto il mondo è una catena di cause, dal primo anello della catena all’ultimo che siamo noi in questo istante.
Se non ci fosse una causa prima infatti non ci sarebbero cause intermedie a metà della catena, né, in ultima analisi, noi. Risalire all’infinito farebbe sì per l’appunto che non sarebbe mai dato il via, e quindi noi non staremmo qui. L’unica soluzione è che Dio non è causato da nulla proprio perché prima della prima azione, che ha causato il primo evento, non c’era il tempo. Un Dio creatore di tutto, e dunque anche del continuum spazio-tempo, ha automaticamente creato il tempo creando lo spazio. Dio dunque non può essere causato da nulla, perché non c’è causa ed effetto dove non c’è il tempo. Come disse Agostino a chi gli domandava cosa facesse Dio prima di creare, si deve rispondere: “Dio non faceva nulla”. Come poteva infatti fare qualcosa, se per fare qualcosa occorre il tempo che scorre? In un certo senso l’atto stesso dell’esistenza di Dio coesiste con la creazione del mondo.
Ad maiora
[Modificato da Polymetis 11/07/2008 22:53]
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)