Per Pcerini
“non riesco a capire una cosa,pero',per te razionalita' e' sinonimo di certezza,ma anche di verita'?”
Sono cose distinte. La razionalità non è né sinonimo di certezza né di verità. Può esserci una teoria razionale che si rivelerà falsa, e una teoria di cui siamo certi (giacché la certezza è un sentire dell’animo), e che poi si rivelerà falsa.
“Ma non e' che la certezza invece vada accompagnata alla nozione di verita'?”
Di solito se si è certi di qualcosa si è nel vero, ma non è affatto detto.
“Ma forse e' piu' corretto dire che si puo' ipotizzare la verita' ma anche la falsita' per quegli enunciati indecidibili,non c'e' modo di saperlo.”
E’ ovvio che se non posso dimostrare qualcosa posso solo dire che quell’enunciato è probabile. Ma, se fosse vero, questo non toglie che sarebbe vero anche prima che lo dimostrassi, sebbene io non possa provare che è vero.
“Ossia,secondo te,razionalita' e' sinonimo di verita”
Per nulla.
“Che esistano enunciati che possano anche essere veri,ma che sono indimostrabili, secondo me porta fuori strada una simile formulazione,e' pu' corretto dire che "si ipotizza l'esistenza di tali enunciati" ma nessuno puo' sapere se siano tali perche' nessuno sa con certezza QUALI SONO TALI ENUNCIATI.”
Ho distinto tra enunciati veri, che sappiamo essere veri, e che sono indimostrabili, ed enunciati che sono veri, che ipotizziamo siano veri, è che non possiamo dimostrare siano veri. Come ripeto per L’ENNESIMA VOLTA il I primo tipo di enunciato è del tipo di quelli descritti nella storia sul teorema di Goedel che ho riportato, NON tutti i miei altri enunciati teologici.
“Se gli si sottopongono le premesse di quella proposizione,si',puo' arrivare a saperlo”
E come visto che ciascun valore di verità enunciato è una confutazione del meccanismo?
“sono convinto che se la macchina acquisisse una tale capacita' non sarebbe andata in crisi,e avrebbe risposto semplicemente che quell'enunciato presumibilmente avrebbe potuto essere vero o falso”
Allora siamo da capo, l’enunciato sarebbe vero perché una macchina che ti risponde che “l’enunciato forse è vero o falso” per l’appunto non ha dimostrato che è vero.
“Se il teorema di Godel postula l'esistenza di enunciati veri ma non dimostrabili,non significa per forza di cose che l'enunciato "Dio esiste" sia vero perche' non dimostrabile,ti pare?”
Ma è quello che scrivo da tre quarti d’ora. Parlo cinese per caso?
Per Spirito
“Questo enunciato è del tutto inutile perché vale l’esatto contrario: “si può dire la stessa tesi falsa e al contempo non poterla dimostrare".”
Ma non mi interessa se è un enunciato inutile, a me basta che sia corretto. Ho semplicemente corretto Sonny che scambiava la verità e la dimostrabilità di un enunciato. Che si possa dire il falso credendo di dire il vero, e al contempo dire di non poter dimostrare la propria posizione, non toglie che si possa dire il vero, pretendere di dire il vero, e al contempo non poterlo dimostrare.
“Insomma, come già detto non si può sostenere che “X è vera” senza dimostrarlo perché l’esatto contrario “X è falsa” ha la stessa probabilità di essere corretta.”
Il fatto che che “x è falsa” abbia la stessa probabilità di essere corretta non toglie il fatto che x è vera o falsa già prima della dimostrazione, ed è l’unica cosa che ho affermato. Tutto il resto è una tua incomprensione di quello che ho detto.
“Veramente a me sembra che Sonny ti stesse dicendo che se volevi sostenere che le tue tesi sono vere lo devi dimostrare, o no Sonny”
Ed è questo il punto. Non occorre avere la dimostrazione di qualcosa per poterla credere vera. Questo non vuol dire che poi quella cosa sia vera, io sto dicendo che può esserlo, e che dunque si può credere di essere nel giusto anche senza poterlo dimostrare, esattamente come può farlo l’interlocutore.
“per affermare di essere nel vero devi avere una dimostrazione altrimenti puoi solo dire, in mancanza di falsificazioni, che la tua tesi può essere sia vera sia falsa.”
Non sto dicendo che in teoria la tesi non possa anche essere falsa, sto solo dicendo che può essere vera anche se prima non la dimostro. Ho il diritto di affermare che una cosa sia vera, anche se mi sbaglio. Sonny invece scriveva che dire di essere nel vero automatica presume che uno lo possa dimostrare, quando invece si può credere il vero, e affermare di crederlo, anche prima che questo venga dimostrato. Galileo ad esempio affermava di aver ragione, così come Copernico, ma non non avevano nessuna prova, e tutte quelle portate da Galileo erano sbagliate come è noto. Addebitò le maree al moto della terra anziché alla luna. La sua fu una banale deduzione, vide i satelliti che roteavano intorno ai pianeti e ne dedusse che poteva essere lo stesso per il sole e la terra.
“E uno dei due il falso, prima di una dimostrazione o falsificazione nessuno dei due però può sostenere di conoscere di stare nel vero (o nel falso).”
Perché dici questo? Non può sostenere di avere una verità dimostrata, ma nulla gli vieta di poter dire di essere nel vero. E’ questa l’unica differenza.
“ci sono enunciati che possono essere o veri o falsi e fintanto che non abbiamo una dimostrazione dell’una o dell’altra posizione essi rimangono indecidibili”.
La mia versione è comunque correttissima e il tuo è solo un altro punto di vista. Infatti ho scritto: “ci sono enunciati veri, che non sappiamo se siano sicuramente veri, e che non sono dimostrabili”, ed è indubitabile che quell’enunciato vero quando è stato pronunciato, anche se non era ancora stato dimostrato, era vero anche allora.
“Il discorso non cambia, giacchè sostenere che si può essere nel vero non potendolo dimostrare significa attribuire una sorta di verità ad ogni enunciato indimostrato, inoltre vale l'esatto contrario sulle stesse proposizioni, ossia “ogni enunciato può essere falso pur non potendone dimostrare la falsità” dunque ?”
Dunque è così e basta. Si può essere nel vero e non poterlo dimostrare, o nel falso e non poterne dimostrare la falsità. Punto.
“Dunque è corretto dire che tali enunciati sono banalmente indecidibili, quindi non solo potenzialmente veri, ma altrettanto potenzialmente falsi.””
Cosa che io non ho mai negato. Sto solo discutendo sulla possibilità di affermare che siano veri, non sul fatto che siano realmente veri.
“Falso, queste “regole” valgono ancora oggi nel mondo accademico “normale” che poi tra i religiosi vadano di moda altre tesi è cosa nota.”
O davvero, e dove avresti studiato logica ed epistemologia, e con chi? I miei professori insegnano alla Sorbona, i tuoi non so.
“Questa è una perla da antologia ! Perché invece le tue idee sono originali ? Sei davvero ingenuo se sei convinto che ciò che esponi è qualcosa di originale mai detto da nessuno.”
Queste mie idee sono interiorizzate e ricombinate. Fare una parafrasi di cose che non capiscono è del tutto diverso.
“Si può essere certi con ragione unicamente se vi è una dimostrazione. Quindi quel documento presuppone necessariamente una dimostrazione.”
Perché? Non c’è scritto in quel documento che si può dimostrare Dio, ma che si può essere certi con lume naturale della ragione che Dio esista. Questo lume naturale può anche errare, certezza e razionalità non vogliono dire verità. La certezza è solo un mio sentimento, che non è detto corrisponda a qualcosa.
Comunque l’ho già spiegato, il punto non è se tu non sei d’accordo con me, ma cosa intendesse l’autore di quel documento.
“Ribadisco che trattasi di dimostrazioni.”
O davvero? Tommaso stesso asseriva che erano solo rafforzamenti per chi credeva già, e non dimostrazioni di senso stresso. Che poi la tradizione manualistica dei licei si ostini a presentarle come “dimostrazioni dell’esistenza di Dio” ciò non toglie che il compito del filologo dovrebbe mettere in luce la loro natura.
“Tu stavi rispondendo a chi ti chiedeva conto delle tue idee”
Non è esatto, non ho risposto per dare conto delle mie idee su Dio, ma per dare conto dell’idea che verità e dimostrabilità sono due cose distinte.
“tu invece di rispondere con argomentazioni a suffragio delle suddette hai risposto che esistono enunciati veri indimostrabili. Questo fa immediatamente capire che ritieni di non dover argomentare la tua idea ma che essa è vera seppur non dimostrabile al pari degli enunciati di Godel.”
Questo è quello che hai capito tu insieme a Sonny, ma siccome non l’ho scritto questa discussione è inutile. Ho citato un singolo esempio eclatante di disequazione tra verità (del tutto evidente) dell’enunciato e non dimostrabilità, non ho detto che la stessa evidenza e al contempo non dimostrazione pertinesse ad ogni mio enunciato teologico.
“MA se lo hai detto appenda sopra ! Guarda che “affermare con sicurezza” e “certezza” è la stessa cosa.”
Come già spiegato “certezza” in filosofia è un termine tecnico che si riferisce alla sfera privata della sensazione del vero. Quando invece dico “affermare con sicurezza” intendo “dimostrare”. Io non ho detto che le mie tesi sono vere, sicuramente vere, e non dimostrabili. Ma che sono vere, non so con sicurezza se siano vere, e che non sono dimostrabili.
“Ho detto che è irrazionale credere con certezza ad un enunciato prima che venga dimostrato, ovvero è un atto di fede”
No, qui hai introdotto un nuovo termine, cioè “è irrazionale credere
con certezza “, prima ti eri limitato a dire che è irrazionale credere a qualcosa di non dimostrato.
Comunque, discutiamo questa nuova versione della teoria:
1)E’ ovvio che qualsiasi cosa creduta con certezza può poi rilevarsi falsa. Gli antichi erano certi che il sole girasse intorno alle terra. Eppure si sbagliavano.
2)Ciononostante, alla luce dei dati che avevano, e di quello che vedevano, era perfettamente razionale essere geocentristi. Ergo gli antichi erano razionalmente geocetristi, lo VEDEVANO in cielo, con evidenza immediata che il sole girava, e si sbagliavano di grosso. Ciò che a noi oggi può sembrare visto con evidenza, al prossimo cambiamento di paradigma può sembrare un’illusione.
“Inoltre vi è una enorme differenza tra l’ambito empirico e quello metafisico giacchè per il primo è possibile in linea di principio falsificarne gli enunciati, nel secondo è impossibile.”
La falsificazione ovviamente non è da intendere in senso assoluto, non si dà mai una falsificazione definitiva.
“La tua forse, quella degli scienziati si basa perfettamente sulle prove logico-empiriche, altrimenti addio scienza e benvenuta fantascienza.”
Sto dicendo che quelli che gli scienziati considerano prove non lo sono, si chiamano corroborazioni.
“I postulati non sono inventati ma derivati o da altre teorie a loro volta corroborate o da acquisizioni empiriche.”
La storia della MQ, così come dello sviluppo dei modelli atomici, mostra quanta fantasia metta lo scienziato nell’elaborazione di un modello (quanto ci metta di suo), e in seguito quanto cerchi di inseguire il modello che ha in testa.
“Come già detto nessuno scienziato degno di tal nome parla di certezza dell’esistenza dei buchi neri ma”
Qui di nuovo ci confondiamo coi termini. Come già detto “certezza” per me indica un fattore emotivo e dunque lascio questo termine da parte. Sto solo dicendo che questi scienziati credono che qualcosa sia vero, i buchi neri, eppure non lo possono dimostrare. Allo stesso modo c’è chi crede ad altre verità, né dice che le sue verità siano dimostrabili, esattamente come il tuo scienziato non dice che il buco nero è dimostrabile, eppure, esattamente come il tuo scienziato, ha tutto il diritto di credere plausibile e razionale qualcosa anche prima che venga dimostrato.
“Nessuno ha detto che non si possono fare scelte senza avere una sicurezza, si è detto che non si può essere certi senza dimostrazioni. Comunque stai ancora confondendo scienza empirica e pura logica.”
Nessuna confusione. Tutto fa parte di una più generale disequazione tra verità e dimostrabilità.
“Far quadrare i dati, caro Polymetsi, è una prova.”
No, infatti ho detto “fa quadrare i dati più delle altre”, non “fa quadrare tutti i dati”, nessuna teoria lo fa, e, anche se lo facesse, non ci sarebbe la prova che i dati quadrano perché quella teoria è corretta. I dati quadravano anche con il tolemaismo, solo che era una mole di calcoli incredibilmente più complessa perché per far quadrare i dati si ricorreva agli epicicli.
“Abbiamo le prove dei nostri sensi.”
E sarebbe una prova? Abbiamo continuamente allucinazioni sensitive, e la psichiatria dinamica ne da ampia illustrazione. Nulla prova che il mondo esterno esista, eppure lo riteniamo razionale.
“Non abbiamo nessun motivo razionale per ritenere che i nostri sensi ci ingannino totalmente”
Appunto. Motivo per cui, anche se non è sicuro, crediamo a qualcosa perché razionalmente la maggior parte degli indizi è a favore dell’esistenza del mondo esterno.
“Saremmo ancora dentro ciò che sostengo, ovvero che per essere certi di qualcosa occorre una dimostrazione.”
Se per “essere certi” di qualcosa tu intendi dire che la cosa deve rivelarsi vera, allora ti do pienamente ragione, per essere certi di qualcosa occorre avere una dimostrazione, che nel caso dell’esistenza del mondo esterno non esiste. Ma come già detto “essere certo” in filosofia non vuol dire essere dimostrato. Io sono certo che mia madre mi ami, lo sento, ma non posso dimostrarlo, e questa certezza può essere falsa.
Quello che a me preme dire è che, pur non essendo sicuro(dimostrato) che il mondo esterno esista, tu non ti fai alcun problema a sostenere che è vero che esista, perché è più razionale così. Allo stesso modo io cercavo di far capire a Sonny che si può affermare di essere nel vero, perché a nostro avviso è più razionale così, e al contempo non poterlo dimostrare.
“Si parla di percentuali di verità non di certezza, quest’ultima arriva solo da dimostrazioni logico-empiriche.”
Quello che sto dicendo è che per l’appunto si può sostenere qualcosa, come i buchi neri, dire che sia vero, e al contempo non poterlo dimostrare. E’ vero che non si può dire di essere certi che i buchi neri esistano (nel senso che tu dai a “certo”, cioè dimostrato), ma su questo io non ho fatto alcuna obiezione. Ergo che cosa stiamo dicendo di diverso uno dall’altro?
“Si, perché non abbiamo motivo di ritenere che tutti i nostri sensi ci ingannino.”
I nostri sensi nel caso dell’ipotesi dei due soli non ci starebbero ingannando, non c’è nessuna illusione ottica in gioco. Comunque, la mia domanda era: “Siamo davvero sicuri di avere un solo sole?”, se la domanda equivale a “è dimostrato che abbiamo due soli?”, la tua risposta non può essere “Si, perché non abbiamo motivo di ritenere che tutti i nostri sensi ci ingannino”. Infatti questa non è una dimostrazione, è solo l’affermazione che è estremamente improbabile che tutti i nostri sensi ci ingannino. Perché manchi una dimostrazione che esistano due due soli non occorre che l’interlocutore dimostri che due soli esistono, visto che sei tu quello che sostieni che è dimostrabile che due soli non esistono (o almeno, intendo quel “siamo sicuri che due soli non esistano” come una tua affermazione sul fatto che è dimostrabile che due soli non esistono). In questo caso è del tutto irrilevante dire che l’onere della prova spetta a chi vuole sostenere che due soli esistono, perché a differenza di te questo signore non afferma affatto che può dimostrare che due soli esistono, mentre tu affermi di poter dimostrare che due soli non esistono. Ma, in questo caso, la tua dimostrazione dovrebbe essere vera perché tiene conto di tutti i casi possibili, mentre qui c’è un’ipotesi del perché, se anche ci fossero due soli, noi ne vedremmo solo uno.
“Esattamente. Dimostrato significa anche avere prove empiriche ovviamente.”
Ma la mia frase che hai quotato è: “(Tu dici che) è irrazionale credere vero un enunciato non dimostrato”, e adesso lo ribadisci. Ma allora, ti ridomando: quegli scienziati che credono all’esistenza dei buchi neri, e che ne affermano l’esistenza, sono irrazionali? Essi non dicono di avere le prove di quanto affermano, però lo affermano, sono dunque irrazionali?
Come dicevo infatti tu hai cambiato strategia, prima avevi scritto: “è irrazionale credere vero un enunciato non dimostrato”, poi in questo ultimo posto, evidentemente capendo che il questo modo finiresti per dire che qualsiasi teoria come i buchi neri è irrazionale se vi si crede, hai mutato la frase in “è irrazionale credere
certamente vero un enunciato non dimostrato”(ovviamente nel senso che tu dai a certezza, cioè corrispondenza sicura col reale). Ma questa seconda proposizione io NON l’HO MAI CONTESTATA e sono d’accordissimo. Ergo da capo, di che cosa stiamo parlando?
“Dimostrato significa anche avere prove empiriche ovviamente.”
La questione era la tua frase “è irrazionale credere vero un enunciato non dimostrato”. Come di vede stai sostenendo che la razionalità di qualcosa fosse la sua dimostrazione.
“Gli scienziati in quanto tali non la credono vera nel senso che ritengono, da scienziati, che è vera, essi tentano appunto di dimostrarla perché ritengono che sia probabilmente vera.”
Io non ho mai detto nulla di diverso. Non ho detto che sono sicuro (nel senso che posso garantire una corrispondenza col reale), che le mie proposizioni teologiche sono vere, ho detto semplicemente che ho il diritto di pensare che sono vere, affermare che sono vere, anche se non lo posso dimostrare.
“A te fa male leggere Khun e Feyerabend, dammi retta, fatti un giro nei centri di ricerca seri e capirai quanto le elucubrazioni epistemologiche di questi filosofi siano aria fritta.”
In primis non sono filosofi di professione ma sono due fisici, i loro libri sono la concreta discussione di casi sperimentali e della storia della scienza. Come è noto infatti l’epistemologo non può essere solo filosofo ma dev’essere anche scienziato.
“Io affermo ed ho affermato che l’irrazionalità sta nel credere con sicurezza vero qualcosa prima di averne le prove.”
E siccome io non ho mai obiettato a questa tesi, questa discussione è sul nulla.
“Un atto di fede che presupponga la “certezza assoluta” è irrazionale.”
Se con “certezza assoluta” intendi “certezza” nel tuo senso, cioè sicura corrispondenza col reale, ti do perfettamente ragione. Infatti io non ho dei miei articoli di fede questa opinione, cioè che sono veri e sicuramente veri, ma credo solo che siano veri, allo stesso modo in cui una teoria non dimostrata va di moda tra gli scienziati.
“Lo fai per FEDE, una fede irrazionale, giacchè razionale significa scegliere secondo evidenze, prove, probabilità ecc…”
Qui invece si entra in un altro capo. Perché il fatto che io dica che non posso sapere con sicurezza che la mia fede sia vera, non vuol dire affatto che io creda per motivi irrazionali, bensì credo perché, sulla sorta di tutta una serie di indizi che indicano una x, ritengo l’esistenza di Dio più probabile della non esistenza. Dunque non è una fede irrazionale, ma una fede razionale, che non vuol dire ovviamente fede dimostrata.
“Se mi dirai che è più probabile l’una e non l’altra ti chiederò ancora perché ?”
Già, e hai tutto il diritto di chiederlo, ma siccome ti ho detto che lo ritengo “probabile” e non ho preteso che sia “dimostrabile” potrai solo esigere da me indizi e non prove. Giacché non vuoi sapere perché è sicuramente così, ma perché ti ho detto che è probabilmente così, dunque, pur ritenendo vero un enunciato, non mi sono impegnato sulla sua dimostrabilità.
“ncora ? ma allora fai finta di non capire.”
No, sei tu che non hai capito nulla di quello che ho scritto sin dall’inizio e ti invito a rintracciare quello che mi metti in bocca nei miei post se ci riesci.
“La conoscenza non può che essere una credenza vera giustificata, ergo conoscere significa giustificare le proprie asserzioni”
No, non è vero. Si può conoscere qualcosa perché lo si intuisce e non essere in grado di darne prova, come nel caso di Copernico. Lui conosceva l’eliocentrismo, non poteva provarlo, ma era razionale che così fosse.
“Ma questo tra l’altro svia il discorso perché le 5 vie di Tommaso sono falsficiate perché contraddittorie, ergo, in ogni caso quel dogma è falso.”
Quel dogma non è falso perché non dice quello che tu gli attribuisci.
“Falso. Certezza e dimostrazione, se vogliamo rimanere nell’ambito della ragione sono sinonimi, non può esistere certezza senza dimostrazione.”
Mi dispiace ma il tuo vocabolario filosofico è diverso dal mio, e comunque è irrilevante, non mi interessa cosa per te vuol dire certezza, se dobbiamo verificare cosa dice quel documento dobbiamo sapere cosa significhi certezza per l’autore di quel documento, e come ripeto in ambito filosofico la certezza non è la dimostrazione (si veda il già citato Kant). La certezza non è necessariamente connessa con la ragione, perché è un sentimento. Essere certi dell’amore della propria moglie non ha nulla di razionale, e soprattutto non è detto che la cosa sia vera.
“Sei nella mente dei partecipanti del concilio vaticano I ?”
No, sono nella mente di tutti i neomististi, visto che loro lo erano, e mi rifaccio al loro lessico.
“Prima infatti sostieni che si può essere nel vero senza dimostrarlo poi però pretendi le dimostrazioni, deciditi !”
No, non ho preteso le dimostrazioni dell’accusa, o meglio, non le ho pretese come condizione per il loro essere nel vero, ma per la loro possibilità di poter dire di essere nel vero nella modalità dell’accusa ad un altro uomo. Possono benissimo aver ragione, e dire la verità. Ma siccome qui non è in questione se i buchi neri esistano o no, sebbene resta vero che la verità di un enunciato prescinde dalla sua dimostrazione, dal punto di vista giuridico gli enunciati vanno correlati da prove altrimenti si tratta di calunnia.
“Il tuo discorso serve solo a non fornire questa benedetta dimostrazione, finchè non la fornirai sarai nel torto, perché avrai affermato che esiste senza mostrarcela.”
Io non ho affermato né che esista né che posso mostrartela, infatti il Concilio Vaticano I non afferma che Dio sia dimostrabile, bensì che la ragione può essere certa di Dio, ma, come ripeto, nella terminologia metafisica tomista dei partecipanti al Concilio, la certezza non coincide con la dimostrazione, perché è una disposizione del soggetto e non degli oggetti.
“Per avere una certezza basata sulla ragione occorrono le evidenze”
No, occorre avere quelle che tu credi siano evidenze, come ripeto è un discorso soggettivo, la certezza non ha riferimenti nella realtà. La ragione ti dice questo, e tu ne sei persuaso, questo vuol dire il Concilio. Che poi la ragione si sbagli, e la tua certezza si riveli errata, è una possibilità.
Avevo scritto:
“Questo non vuol dire però che prima non potevamo dire che erano vere”, hai risposto:
“Non lo puoi dire con la ragione, come devo dirtelo ?”
Errato, ancora una volta confondi regione con dimostrazione. Gli scienziati che dicono che i buchi neri esistono, e non lo possono dimostrare, dicono forse senza ragione che esistono? No, hanno degli indizi. Allo stesso modo posso dire con la ragione, poiché come ripeto la ragione non si basa e non lavora solo con le dimostrazioni, anzi non lo fa quasi mai, che Dio esiste, ma non è detto che questo sia vero. Io non ho affermato che la mia fede sia sicuramente vera, ho solo detto che posso dire che è vera, che non posso dimostrare che è vera, e al contempo che è razionale, perché razionale non vuol dire dimostrato.
“Ma per favore, tu continui a confondere l’ostinazione “irrazionale” degli scienziati con il metodo scientifico.”
L’ostinazione irrazionale degli scienziati ad inseguire teorie che avevano avuto falsificazioni è per l’appunto ciò che ha fatto sì che decenni dopo quelle opinioni trovassero delle corroborazioni. Il libro di Feyerabend “il realismo scientifico e l’autorità della scienza” è tutto una serie di esempi di teorie confutate da esperimenti e che, in seguito all’ “irrazionalità” e all’ostinazione degli scienziati che le hanno inseguite da soli per anni, si sono poi rivelate corroborate.
“Se vi sono confutazioni definitive (e ve ne sono al contrario di quanto affermi) continuare per quella strada è, appunto irrazionale.”
E così ora scopriamo che esistono le confutazioni definitive, veramente da paleolitico dell’ermeneutica epistemologico. E mi dici come diavolo faresti ad essere sicuro che sono confutazioni definitive se non sai cosa verrà scoperto in futuro e dunque potenzialmente cosa potrebbe ribaltare le tue acquisizioni in fatto di teorie confutate?
“Difatti è proprio il dato empirico che ha smontato l’universalità del terzo escluso ed è proprio grazie al dato empirico che si è dovuta formulare una logica a 3 valori, aggiornati.”
Questo nella tua pia illusione che il dualismo onda corpuscolo sia un’infrazione del realismo e del terzo escluso, ma per sostenere questo occorrerebbe dimostrare che A(onda) e B(corpuscolo) siano in realtà “A” e “non-A”. Solo perché finora c’è stato quest’equivoco, cioè l’onda come la negazione del corpuscolo, s’è potuto pensare che quel “B” equivalesse a “non A”, quando invece è semplicemente complementare.
“Molti sono dimostrabili e falsificabili. Se domani scorgessimo un’onda elettromagnetica viaggiare nel vuoto a velocità > c avremmo falsificato i postulati relativistici”
No. Le predizioni della meccanica quantistica sono state falsificate in una quantità incredibile di volte. Cosa s’è fatto in quei casi? Ci si è infischiati dell’esperimento, e si è cercato il modo di ribaltarlo. Trovare qualcosa che va più veloce della luce non farebbe sì che gli scienziati si sbarazzino di questo importante postulato eisteniano bensì che formulino ipotesi ad hoc per salvare la teoria e spiegare perché l’esperimento ha dato quel valore. Si inzierebbe cioè a discutere sulla validità della misurazione, a cercare di inficiare l’esperimento, o ad ipotizzare dei fattori concomitanti che avrebbero potuto falsare la lettura. Questo è il modo in cui procede la scienza… Proprio l’ostinazione a non arrendersi alle falsificazioni ha permesso alla MQ di svilupparsi dopo delle fasi di confutazione sperimentale.
Credo che questo brano di Feyerabend, fisico e storico della scienza, possa essere illuminante, specie nella sua ultima parte (che ovviamente all’interno del libro è argomentata con esempi):
“Troviamo infatti che non c'è una singola norma, per quanto plausibile e per quanto saldamente radicata nell'epistemologia, che non sia stata violata in qualche circostanza. Diviene evidente anche che tali violazioni non sono eventi accidentali, che non sono il risultato di un sapere insufficiente o di disattenzioni che avrebbero potuto essere evitate. Al contrario, vediamo che tali violazioni sono necessarie per il progresso scientifico. In effetti, uno fra i caratteri che piú colpiscono delle recenti discussioni sulla storia e la filosofia della scienza è la presa di coscienza del fatto che eventi e sviluppi come l'invenzione dell'atomismo nell'Antichità, la rivoluzione copernicana, l'avvento della teoria atomica moderna (teoria cinetica; teoria della dispersione; stereochimica; teoria quantistica), il graduale emergere della teoria ondulatoria della luce si verificarono solo perché alcuni pensatori o decisero di non lasciarsi vincolare da certe norme metodologiche “ovvie” o perché involontariamente le violarono.
Questa libertà di azione, lo ripeto, non è solo un fatto della storia della scienza. Esso è sia ragionevole sia assolutamente necessario per la crescita del sapere. Piú specificamente, si può dimostrare quanto segue: data una norma qualsiasi, per quanto “fondamentale” o “necessaria” essa sia per la scienza, ci sono sempre circostanze nelle quali è opportuno non solo ignorare la norma, ma adottare il suo opposto. Per esempio, ci sono circostanze nelle quali è consigliabile introdurre, elaborare e difendere ipotesi ad hoc, o ipotesi che contraddicano risultati sperimentali ben stabiliti e universalmente accettati, o ipotesi il cui contenuto sia minore rispetto a quello delle ipotesi alternative esistenti e adeguate empiricamente, oppure ancora ipotesi autocontraddittorie ecc.
Ci sono addirittura circostanze – le quali si verificano anzi piuttosto spesso – in cui il ragionamento perde il suo aspetto orientato verso il futuro diventando addirittura un impaccio al progresso.” (P. K. Feyerabend, Contro il metodo, Milano, 1979, Feltrinelli, pagg. 15-17 e 21-22
“oppure la negazione del V postulato di Euclide che ha risolto non pochi problemi alla scienza moderna.”
Non ne ha risolto nessuno perché si trattava solo di definire gli ambiti. Il V postulato di Euclide era vero solo ed esclusivamente sul piano. L’invenzione delle geometrie non eucliee non ha falsificato un bel niente perché Euclide non s’è mai impegnato per quelle rette in nulla di diverso da un piano euclideo.
“Riguardo alla quantistica, parlarne con i filosofi i quali quasi sempre ignorano la fisica, è del tutto inutile.”
Gli epistemologi infatti non sono solo filosofi.
“Comunque mi riferivo, nel mio enunciato, al fatto che esistono eventi incausati ovvero meramente stocastici”
Qui si scambia l’ignoranza della causa per la mancanza di causa.
“si tratta banalmente di petitio principii giacchè egli vuol dimostrare che esiste una causa incausata (Dio) postulando che esiste una causa incausata”
Veramente non postula che esiste una causa incausata per dimostrare una causa incausata, ma fa notare che se non esistesse una causa incausata ci sarebbe un regresso all’infinito e dunque, senza una causa prima, non partirebbe mai la catena delle cause che giunge fino a noi.
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)