Per Spirito Libero
“Tu hai appena esposto il paradosso di Zenone. Ma dovresti ben sapere che la somma di un numero infinito di intervalli finiti può dare benussimo un numero finito !”
Non è esatto. Il paradosso di Zenone, o meglio quello che qui ci interessa, non è l’aggiunta ad un segmento di un altro segmento che sia metà del primo, bensì la possibilità di raggiungere la fine di un segmento, se prima devo raggiungere la metà, e prima ancora la metà della metà.
Non è minimamente la stessa cosa. Se ho detto che ci aggiunge sempre un segmento è perché il proseguire del discorso si preciserà sempre più l’oggetto della discussione. Qui non c’entra il fatto che si arrivi ad una quantità finita cercando di giungere ad una meta come nel paradosso di Achille, se ho fatto l’esempio dell’aggiunta di un segmento sempre minore del precedente non è perché ci sia un punto esterno alla retta da raggiungere, ho usato questa metafora per dare l’idea di cosa si intenda con infinito potenziale in semantica, cioè il fatto che una potenziale indefinitezza non voglia dire qualsiasi significato. L’impossibilità di capire precisamente cosa qualcuno dice, non vuol dire poter capire tutto, e ne facciamo sempre esperienza.
“Basta attribuire significati “ad hoc” ai termini.”
Se riesce a farlo, deve trovare un link. Se può farlo, meglio per lui.
“Ti ho mostrato come un termine può racchiudere, secondo la tua filosofia del linguaggio, anche il suo contrario.”
No, perché non mi hai mostrato che vivo significa morto, ma che chi è vivo nel senso di vivo nell’aldilà, per poter essere vivo, dev’essere morto. Tu confondi la condizione materiale di qualcosa col significato del termine. Quando dico parlando di un morto “x è vivo”, non sto alludendo al fatto che x sia nella tomba, ma al fatto che abbia le stesse facoltà sensitive di quand’era vivo.
“Ovvero che seguendo il tuo ragionamento si può dire praticamente tutto ed il suo contrario e che, nell’esempio, B non possa confutare A nemmeno facendogli vedere il cadavere di colui che A dava per vivo.”
Questo ragionamento parte sempre dal presupposto indimostrabile che A volesse davvero dire che x era vivo nel senso di vivo sulla terra. Il problema è che non puoi saperlo. Anche nei discorsi di teologia è lo stesso. Voi credete di sapere cosa i cattolici pensavano prima di quella che credete essere stata la vostra confutazione, ma non sapete che siete voi a fraintendere.
“Tu parli di “cosa hai in testa” e come fai a sapere cosa ha in testa il tuo interlocutore ?”
Ma al mio ragionamento non serve di sapere cosa ha in testa il mio interlocutore in un caso particolare, ho semplicemente detto che chi vuole usare la metafora “x è vivo” non lo fa perché vivo significhi morto, ma perché tra la vita nell’aldilà e quella sulla terra c’è la stessa presenza di facoltà mentali. E’ questo che rende possibile dire “x è vivo”, e non perché vivo possa voler dire morto. Il fatto che un vivo possa essere morto, in quanto anima beata, non vuol dire che sia la parola vivo a voler dire morto, ma solo che la morte è la condizione materiale per poter accedere a questa vita.
“izionario della lingua italiana oppure attraverso una bella statistica facendo spiegare alla gente cosa capisce se legge la frase: “tizio è morto”.”
Questo crea un bel problema, perché il circolo ermeneutico non si fermerebbe, giacché dovremmo passare ad un interpretazione delle risposte. Inoltre il problema non è cosa si trovi sul dizionario, ma quale accezione venga usata. Se dico “Cristo ha predicato ai morti” cosa intendo? Questo è un fulcro del dibattito coi TdG, perché loro intendono “ai morti spiritualmente”, cioè ai peccatori, mentre molti altri cristiani credono che Cristo dopo la morte discese agli inferi e andò a predicare agli spiriti che ivi si trovavano. Ora è ovvio che non è di nessuna rilevanza sapere che nella maggior parte dei casi “morto” vuol dire “biologicamente morto”, bisogna vedere se il contesto rende possibile una cosa, ma il fatto che una cosa sia possibile in base al contesto non rende il mio parere conclusivo.
“Certo, Leucippo e Democrito avevano ragione ma i loro contemporanei non avevano alcun elemento per capirlo…”
Questo esempio non è particolarmente felice perché l’atomismo di Democrito non ha veramente nulla in comune con quello moderno, comunque, a parte questo esempio poco felice, a me non interessa se nessuno poteva sapere che avevano ragione, mi preme far notare che ce l’avevano.
“Si, tutti gli astronomi concordano nel ritenere che la terra ruoti intorno al sole.”
Dovresti ricrederti. Nel bel libro “Il viaggio nel tempo e altre pazzie - nuove strane idee al vaglio della scienza" di Robert Ehrlich vengono ad esempio discusse teorie scientifiche eterodosse ma che per alcuni scienziati sono vere, tra queste l’idea di alcuni astronomi che ritengono che il sistema solare abbia due soli, per non parlare dei sostenitori della piattezza della terra coniugata al geocentrismo (Flat Earth Society). Ovviamente non mi interessa il fatto che abbiano torto, voglio solo mostrare che esistono.
“A me in questo momento non interessa parlare della mia posizione sul fondamento dell'etica laica, mi interessa far notare che la posizione filosofica della fondazione dell’etica su Dio è in minoranza”
Veramente la tua frase a cui rispondevo era l’affermazione di una fantomatica convinzione “ormai raggiunta dalla filosofia morale” sulla possibilità di fondare un’etica senza Dio. Non c’è alcun parere di maggioranza in base al quale si può raggiungere un etica condivisa senza Dio, né tanto meno una maggioranza che dica che “razionalmente vi sono argomenti cogenti e conclusivi per ritenere che si possa giungere ad un etica condivisa solo ragionando etsi deus non daretur”. Come già detto la maggior parte dei filosofi di morale non crede affatto ad una fondazione dell’etica, e questo proprio perché ragionano etsi deus non daretur.
“No, significa non cattolica.”
Vuol dire che un cattolico non può essere laico? Vuol dire che un musulmano è laico solo perché non cattolico. La tua definizione è alquanto carente.
“No, l’etica non sarebbe “fondabile” nemmeno se esistesse Dio.”
Ovviamente non solo l’esistenza di Dio, ma anche di quel particolare Dio. Se questo fosse dato, cosa sarebbe l’impedimento?
“E’ esattamente così, perché razionalmente l’onere della prova sta in chi afferma.”
Questo a livello di tabula rasa, ma come ripeto bisognerebbe raccogliere la serie di indizi pro e contro Dio, che comunque non sono prove, e vedere chi ha più probabilità di essere nel vero, e cioè se davvero la maggior parte degli abitanti di questo pianeta ha preso un granchio colossale.
“Invece è proprio un cambiamento “ad hoc” ed è banalmente dovuto all’inconciliabilità del racconto biblico con le acquisizioni della biologia moderna. Se non ci fosse stato Darwin oggi voi credereste ancora al Sig. Adamo e alla Sig.ra Eva”
Non discuto che Darwin abbia acceso la riflessione, ma se leggi Ambrogio e i discorsi sull’Esamerone troverai già l’idea di un’allegoria dei progenitori, perché come ripeto non è l’esistenza di mister x il fulcro della teologia del peccato originale.
“Peccato che qui si è falsificato il fondamento di 2000 anni di religione (anzi di più se consideriamo l’ebraismo).”
a) E’ una falsificazione? Come ripeto sta ancora tutto in piedi.
b) L’ebraismo attuale non crede al peccato originale, non è il fondamento di nulla per gli ebrei. L’idea del peccato originale è venuta a Paolo non dal fariseismo, che è l’antenato del giudaismo attuale, ma dalle correnti che si ispiravano al libro di Enoch, apocrifo per gli ebrei di oggi.
“er il discorso di Milano le tue repliche entrano nel campo della psicologia e della retorica (metafora), ma non c’entrano nulla con il fatto che Milano abbia un significato univoco.”
Scusa ma la lingua non si basa forse sui nostri vissuti psichici? La metafora non fa parte del linguaggio, e non è forse la base di molti fraintendimenti, proprio perché noi parliamo con significati traslati permesse da qualcosa che aveva in nuce il significato originario?
Invece è tutto qui il problema. Noi non abbiamo la stessa rappresenzaione di Milano, che non è un mero luogo geografico, e la possibilità di poter usare questa parola nella lingua dipende proprio dal vissuto psichico che si ha di questa città, e questo vale per qualunque parola.
Esattamente come nel caso di Roma imperiale Pietro poteva dire che stava a Babilonia perché Babilonia era semanticamente caricata dell’idea di essere la capitale del vizio, così Milano nella percezione degli italiani è caricata di altre valenze. Le parole non sono in nostro potere, specie quando sono inserite in un contesto.
“Basta infatti analizzare N persone nate nello stesso momento e vedere come le loro vite siano completamente diverse per dimostrare, si proprio dimostrare, che l’influenza paventata dagli astrologi non esiste perché altrimenti tutte le persone dovrebbero avere il medesimo destino.”
Come già detto una cosa simile non è minimamente “calcolabile”. Mi spieghi come faresti a verificare l’incidenza di “Giove ti porta fortuna”? Come la misuri la fortuna? Lavoro, amore, e che altro? Ti sembra una cosa quantificabile la qualità della vita umana?
E poi la rilevazione dovrebbe essere fatta mostrando uno scarto non tra le vite in generale, ma tra la vita singola con quell’influsso astrale e la vita senza quell’influsso. Mi spiego: è ovvio che la gente nasca in situazioni diverse, chi figli di ricconi, chi in una favelas. Un astrologo ti direbbe semplicemente “avrai più fortuna”, “più amore”, ma è ovvio che due persone, se anche avessero davvero “più fortuna”, a seconda del punto da cui partono, avrebbero comunque due vite ugualmente diverse. Non puoi limitarti a misurare un conto in banca.
“on nel senso rigoroso che oggi ha raggiunto il termine”
Grazie tante ma non vedo cosa c’entri, visto che quello che contesto è proprio che il termini significhi solo quello che per alcune branche del sapere ha iniziato a significare dopo la rivoluzione scientifica.
“Io invece sostengo di si !”
Quello che tu “credi” è irrilevante, noi stiamo cercando di discutere di quello che è.
“E’ la verosimiglianza dei concetti e dei contenuti a rendere qualcosa “scientifico””
Questo in base alla definizione di scienza che stai dando e che non s’è ancora capito perché dovrebbe essere esclusivista delle altre definizioni.
“L’esatto contrario, la biologia è scienza perché ci da qualcosa di verosimile perché è conoscenza giustificata”
Scusa ma cosa sia verosimile è questione di gusto privato. E poi se ho citato la biologia, e il fatto che a volte raggiunge false conclusioni, è stato unicamente per confutare la tua idea in base al quale siccome in un ragionamento formalmente corretto si può trarre una conclusione falsa allora la teologia non è scienza. Ho semplicemente detto che questo accade anche in biologia, dunque secondo questo solo criterio la biologia non sarebbe una scienza. Né ha senso replicare che la biologia porta argomenti empirici a sostegno di ciò che indaga: è ovvio che sia così visto che è proprio l’empirico che studia, ma non si vede perché altre discipline che non riguardano le cose empiriche debbano avere come metro di misura dei loro ragionamenti l’empirico.
La tua è una definizione di razionalità che censura parte della razionalità stessa e dei suoi metodi appiattendo tutto in una specie di neopositivismo da circolo di Vienna. Come già diceva Popper, non esiste nessun esperimento scientifico che dimostri che solo gli esperimenti scientifici ci fanno giungere alla verità.
“la teologia non fornisce alcun metodo di verifica/falsificazione e quindi è un sapere non scientifico.”
Come già detto nessuna scienza può essere verificata o falsificata, entrambi questi concetti sono impossibili. Non esiste la falsificazione definitiva di nulla, men che meno la verificazione. Inoltre la tua idea di cosa la scienza debba fornire, cioè criteri di verificabilità o falsicabilità, è ancora una volta una richiesta che inconsciamente tu intendi con “criteri di verificabilità o falsicabilità empirica”, e, da capo, la teologia non può produrli perché banalmente non si occupa di empirico dunque non potrebbe mai citarlo per verificare le sue conclusioni.
“Il ragionamento puro è nulla senza che esso si basi sull’esperienza”
Altri proclami indimostrabili. Quando saprò su che basi empiriche si basano le geometrie non euclidee o la teoria degli insiemi forse ne riparleremo.
“Falso, in infotdgeova sono stato bannato, in quel forum eri e sei uno dei principali moderatori, che poi tu non abbia suggerito di bannarmi non lo posso sapere, ma che eri tra i moderatori è un dato di fatto.”
Veramente non ricordavo neppure la tua partecipazione a quel forum, con che motivazione sei stato bannato di grazia?
Per Rain
“Non sembri avere la minima idea della differenza che esiste fra qualcosa di fisico e qualcosa di astratto”
Ho chiara la differenza, ciò che nego è il tuo paradigma di interpretazione di questi due termini. E poi cosa mai vuol dire “fisico”? Esattamente come nel caso di “materia” potremmo discuterne per ore, c’è gente che confonde materia con massa, e poi ci sono diverse descrizioni possibili e coerenti di cosa sia il mondo, la descrizione data dalla cosiddetta “fisica”(nel senso di quella scienza praticata dai fisici) è una descrizione tra le altre.
“se vuoi porta pure qui il tuo professore, sembri avere tanta voglia di fare una figuraccia davanti a tutti, quindi falla pure davanti a lui.”
Queste non sono argomentazioni.
con uno che cita Feyerabend e (male) Leibniz per dare addosso al metodo scientifico moderno”
Mi dispiace di dover turbare le tue certezze ottocentesche sul metodo scientifico.
“e soprattutto alla più elementare logica umana.”
Materia in cui mi destreggio a meraviglia, dunque è evidente che abbiamo una diversa percezione di cosa sia “logico”.
Per Sorriso
“aggiungendo anche dove il catechismo parla di fecondazione,”
Grazie di questa preziosa segnalazione. Alla luce di quando scrive il papa nella sua Introduzione al cristianesimo, e che cioè fecondazione è un termine inappropriato in quanto sembra riferirsi al principio maschile e femminile, è evidente che il Catechismo in quell’articolo ha fatto una scelta lessicale inappropriata, o per meglio dire “poco attenta”. Fecondazione o si intende in un senso del tutto metaforico e assessuato, oppure è un errore teologico.
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)