Re: Re: Imperdibili chicche per chi vuole sorridere...piuttosto che piangere !!!!
ReteLibera, 01/12/2013 19:12:
Impara!!!
E cosa dovrei imparare e, soprattutto, da chi? Da due scrittori, membri della massoneria, che nel libro da cui è tratta la pagina che hai postato sostengono che il volto dell’Uomo della Sindone è quello di Jacques de Molay, il Gran Maestro dei Templari? Una panzana di prima grandezza che non ha alcun fondamento storico e che il CICAP (comitato per nulla cattolico e nemmeno lontanamente simpatizzante) ha provveduto a confutare con prove certe. Una cavolata (per non dire altro) che solo persone ignoranti o prevenute (entrambe le categorie hanno degni rappresentanti in questo forum) possono ancora pensare di credere o di accarezzarne l’idea o di considerarla appena appena plausibile. Due scrittori che con pretese storiche arbitrariamente ricostruiscono e svelano pseudo misteri, rivelano sedicenti verità nascoste in riti e documenti esoterici con abbondanza di secondi e terzi Vangeli, secondi e terzi Messia, sacri Graal a destra e a manca, Arche sante e discendenti diretti di Gesù! Gli stessi due autori che, visto l’enorme successo ottenuto da Dan Brown col libro: Il Codice Da Vinci, non hanno esitato a querelarlo per plagio spinti dalla misera motivazione d’intascare parte della fortuna economica e pubblicitaria che pioveva letteralmente addosso al loro collega. Se queste sono le persone a cui occorre dar credito, se queste sono le tesi che portano avanti, è meglio credere ai ciucci che restano sospesi; almeno questo è possibile, in particolari circostanze (in assenza di gravità, per esempio). Anche l’uso di determinati termini denota la loro superficialità e la limitatezza delle loro affermazioni; “La figura decalcata sul lino è quella di un uomo nudo” . Ora, il decalco è una tecnica decorativa, la si può considerare l’antenata degli adesivi, quasi a voler insinuare che la figura che appare sul telo sia stata in qualche modo appiccicata sopra, o sia il frutto del contatto di pigmenti colorati con parti del lenzuolo o il frutto di una imprecisata tecnica pittorica. Questo denota una completa ignoranza e trascuratezza delle caratteristiche peculiari delle fibre del tessuto interessate dalla formazione dell’immagine. Sulle insormontabili difficoltà che un ipotetico artista avrebbe incontrato utilizzando una qualunque tecnica pittorica o attraverso l’uso della strinatura o tramite l’applicazione di acidi per strofinamento (come ha fatto Garlaschelli), ritornerò più avanti.
“. . .apparentemente morto o che comunque doveva essere in uno stato d’incoscienza e di assoluta immobilità nel momento della formazione dell’immagine.”
Ai due autori, evidentemente, devono essere sfuggite un paio di cose per affermare ciò; la prima è che quella macchia di sangue, coaguli e siero al di sotto della ferita del costato dell’Uomo della Sindone sono la dimostrazione del fatto che l’Uomo era GIA’ MORTO quando gli fu vibrato il colpo. I margini della ferita sono rimasti allargati e sono ben delineati, tipico fenomeno che si riscontra nei cadaveri. In alcuni punti dell’immagine è visibile una rigidità cadaverica sul corpo avvolto nel telo (come il capo reclinato in avanti o la gamba destra flessa). L’insieme di questi particolari unito al fatto che siero e parte corpuscolata rossa siano separati – a dimostrazione dell’assenza di circolazione sanguigna almeno un’ora prima che la ferita fosse inferta – consente quindi di affermare che il corpo fu coperto dalla Sindone DA MORTO! La seconda cosa cozza violentemente con l’ipotesi di uno stato d’incoscienza perché, in tal caso, si sarebbero dovute rilevare macchie di umidità all’altezza del naso a riprova di una attività delle funzioni vitali, seppur minima. Ma tutto questo passa sotto silenzio perché manda in frantumi la tesi di una morte apparente o di uno stato d’incoscienza, premesse necessarie per affermare che il corpo avvolto nel telo fosse del Gran Maestro dei Templari (castronata di prima grandezza, come già detto. . .confermata perfino dal CICAP). Che i capelli dell’Uomo della Sindone non cadono verso il basso è spiegato dal fatto che il capo (sostenuto forse da un cuscino o da un appoggio rigido) era inclinato in avanti anche a causa del RIGOR MORTIS (e i capelli possono benissimo essere stati sistemati da una mano pietosa, nel sepolcro durante la sistemazione del cadavere); questo spiega l’assenza del’impronta del collo sulla figura frontale mentre esso risulta allungato per la tensione dei muscoli sull’immagine posteriore con conseguente innalzamento delle spalle e della parte superiore del torace (e, a questo punto, le mani possono facilmente raggiungere la zona del pube!). La presenza di tracce di aloe, mirra ed oli profumati lungo i fianchi del telo, suggerisce che lungo il corpo non ancora completamente avvolto in maniera definitiva, a causa dell’approssimarsi del riposo del sabato, fossero collocate alcune bende imbevute di sostanze antiputride ed è plausibile che anche sulla pietra tombale tali sostanze fossero presenti in forma vegetale a mò di tappeto. Riguardo le parti del corpo non a contatto col telo, ma lo stesso visibili, è possibile spiegarlo con la presenza di un fenomeno radiativo che ne avrebbe fissato l’immagine più o meno come è avvenuto ad Hiroshima dopo lo scoppio della bomba quando sulle pareti di alcuni muri è rimasta impressa l’ombra dei corpi vaporizzati delle vittime. Una proiezione di tipo ortogonale associato ad un effetto termico che ha sensibilizzato parte della superficie delle fibre (come ha cercato di spiegare un recente esperimento dell’ENEA) e provocato determinati effetti come la non distorsione dell’immagine del volto dell’Uomo della Sindone che, evidentemente, non era avvolto dal telo, ma solo coperto per via di una sepoltura affrettata e incompleta a causa dell’approssimarsi della Parasceve.
Fra le particolarità dell’immagine sindonica, che ancora oggi sfidano la scienza, spicca la sua superficialità tanto a livello macroscopico (rispetto al centinaio di fibre di lino che compongono ciascun filo del tessuto, soltanto una dozzina di fibre più esterne è infatti colorata), quanto a livello microscopico (la colorazione risiede unicamente nella pellicola di polisaccaridi che riveste la fibra di lino, mentre la cellulosa interna non è colorata). Inoltre, sulla superficie dei fili di lino ci sono fibre colorate accanto ad altre non colorate. Per comprendere meglio queste caratteristiche, immaginiamo di prelevare un filo di immagine corporea dalla Sindone e di ingrandirlo trecento volte. Idealmente si può immaginare un fascio di un centinaio di cannucce da bibita. Ogni cannuccia corrisponde ad una fibra di lino del diametro di circa 0,0015 mm, invisibile quindi ad occhio nudo. Esternamente al lato di questo fascio di cannucce che rappresenta – ricordiamolo - un filo sindonico di circa 0,25 mm ci sono una dozzina di cannucce/fibre colorate affiancate a cannucce/fibre non colorate; tagliando, poi, longitudinalmente la pellicola colorata della fibra di lino, al suo interno la cellulosa è incolore. Se si volessero riprodurre anche soltanto queste caratteristiche con una qualsiasi tecnica pittorica le difficoltà sarebbero insormontabili. Prima di tutto l’ipotetico pittore dovrebbe intingere il suo pennello non in un barattolo di colore, dato che nei fili non sono stati trovati pigmenti, ma in un recipiente contenente un acido che faccia reagire i polisaccaridi della fibra di lino, colorandoli. Dato che l’artista deve vedere ciò che dipinge, dovrebbe colorare preventivamente l’acido (che è trasparente), ma a lavoro finito dovrebbe togliere ogni traccia di colorante dalla Sindone. Per dipingere singolarmente ogni fibra, il pennello deve essere costituito da una sola setola dal diametro inferiore a quello delle fibre, quindi non maggiore di 0,01 mm! L’acido deve essere appoggiato sulla fibra soltanto per una frazione di secondo, in modo da non agire in profondità intaccando anche la cellulosa, ma deve essere esteso in modo uniforme su tutta la fibra che, ricordiamo, è colorata lungo l’intera circonferenza. Risulta impossibile immaginare come l’ipotetico esecutore possa andare col pennello all’interno del filo per colorare anche il retro delle fibre in modo uniforme senza presentare traccia alcuna di direzionalità. E l’ipotetico artista dovrebbe dipingere con questa modalità OGNI SINGOLA FIBRA DEI MILIONI che costituiscono la Sindone! I problemi non sono finiti qui, poiché la cannuccia dell’esempio è visibile ad occhio nudo, ma la fibra di lino, no. Quindi sarebbe necessario l’utilizzo di un microscopio (che di certo non esisteva nel Medioevo), da posizionare stabilmente su ciascun punto della Sindone, che ha un’area di più di 4 mq. Ma l’immagine sindonica è così sfumata che l’artista, per controllare l’opera, dovrebbe stare ad almeno un metro di distanza. Quindi, o usa un pennello lungo più di un metro, oppure si serve di un opportuno sistema di specchi che gli permetta una vista allo stesso tempo microscopica e a largo campo. Tutte difficoltà insormontabili anche per un genio dei nostri giorni. Già questo basterebbe a mettere in discussione quanto affermato dai due autori massoni con velleità di esperti in sindonologia. A corollario di quanto scritto và anche ricordato che il libro dei “Gianni e Pinotto” è stato pubblicano nel 1998. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti!!!!!